C’è un’immagine che richiama, con la forza che sanno esprimere certe immagini, l’esodo forzato, la diaspora di 350 mila esuli giuliano-dalmati tra la fine della seconda guerra mondiale e i primi anni Cinquanta. Italiani dell’altra sponda dell’Adriatico che gli italiani della penisola accolsero con il fastidio di chi temeva di dover condividere il cibo, la terra, la povertà.
La fotografia di questa bambina dice l’innocenza, lo smarrimento. Tiene stretta una piccola valigia con la scritta “Esule Giuliana” e un ombrello tra le mani. Attende un passaggio per un viaggio verso l’ignoto. Orfana di padre, “infoibato”, cioè ucciso dai soldati di Tito il 1. maggio del 1945, due anni dopo abbandona Pola e con la mamma si trasferisce a Cagliari presso parenti.
Quella bambina, nata a Pola nel 1941, si chiama Egea Haffner e vive a Rovereto. Come ha scritto in una lettera su “L’Adige” del 10 febbraio 2022, Alberto Zambiasi da Taio, “Egea, come tantissimi altri esuli dall’Istria, Fiume e Dalmazia, passò anni molto difficili durante i quali l’essere “profughi” significava nella maggioranza dei casi essere rifiutati. Dopo l’esilio da Pola fu profuga in Sardegna, poi a Bolzano, dove visse in povertà in un retrobottega insieme ai nonni ed agli zii. Ora risiede da molti anni a Rovereto dove è sposata. […] Sarebbe un atto veramente significativo dal punto di vista simbolico se il presidente della Repubblica nominasse Egea Haffner Cavaliere della Repubblica italiana”.
Egea Haffner nel 1966 ha sposato Giovanni Tomazzoni e dal 1972 vive a Rovereto. Ha due figlie, Ilse (che vive a Ginevra) e Roberta (che vive a Bolzano).
Nel “giorno del ricordo”, il trentino Roberto de Bernardis (1949), nato a Pola, presidente trentino dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, ha raccontato a Daniele Benfanti (per “l’Adige”) che gli esuli in Trentino, iscritti all’associazione, appartengono a un centinaio di famiglie, tutti over 75.
Tra il 1947 e il 1948 alcune migliaia di profughi istriani e dalmati arrivarono anche in Trentino, accolti in particolare a Rovereto presso la caserma del Follone. In quei giorni si distinse l’assistente sociale Agnese Fiorentini, poi esponente femminile di punta della DC trentina (assessore comunale di Trento, presidente della Croce Rossa italiana). La signorina Fiorentini fece provvista di alloggi in tutta la provincia. A Trento allestì un centro di accoglienza alle scuole Crispi.
I profughi istriani, che potevano vantare un’esperienza precedente nei tabacchifici della loro terra, furono assunti alla Manifattura di Rovereto. A Levico Terme, villa Besler, di proprietà dell’Opera Combattenti di Roma, fu adibita a casa di riposo per una sessantina di istriani.
A Rovereto arrivarono esuli da Rovigno; a Trento da Pola e Zara. Famiglie originarie dell’altra sponda dell’Adriatico vivono oggi sull’altopiano della Vigolana, nelle valli di Non e Giudicarie. Ha dichiarato Roberto de Bernardis: “Gli esuli del confine orientale sono stati a lungo scomodi, persino maltrattati. La diaspora ha diviso famiglie, che hanno perso i propri cari e i loro beni, ha lasciato grandi ferite”. Ancora: “il giorno del ricordo rende un po’ di giustizia questa memoria. Il percorso di integrazione europea è stato fondamentale. Serve accettarsi, riconoscersi, vivere insieme. Istria e Dalmazia erano un esempio di multiculturalismo, storicamente. Il filo spinato i muri erano spariti negli ultimi anni. Speriamo che i nuovi sovranismi non ci riportino indietro”. Nella regione Trentino-Alto Adige gli esuli istriano-dalmati si sono ben integrati, al punto che hanno espresso perfino due sindaci della città di Bolzano: l’avv. Giovanni Salghetti Drioli (1941) il quale ha governato la città dal 1995 al 2005 e l’arch. Giovanni Benussi (1948) il quale fu sindaco dal 9 maggio al 23 giugno 2005.
Alberto Folgheraiter
Fonte: il Trentino nuovo – 10/02/2022