“Fiume all’epoca del Compromesso ungaro-croato”: è questo il titolo del convegno che si è recentemente svolto alla Facoltà di Giurisprudenza di Fiume. L’incontro, interamente bilingue croato-ungherese, è stato fortemente voluto dall’ambasciatore ungherese a Zagabria, Demcsák Csaba, nonché da tutta una serie di accademici ungheresi, con la speranza di fare finalmente chiarezza su alcune questioni del passato della città che continuano a essere dibattute ancora oggi.
Come spiegato dall’ambasciatore, l’idea di base di questo incontro è di permettere agli esperti di diritto storico di affrontare e discutere questi temi, per poter poi diffondere le conclusioni a un pubblico più ampio, che spesso ha difficoltà a comprendere a fondo la complessità della storia di Fiume.
Esperti in disaccordo
Durante le due giornate di confronti, però, non sembra che gli esperti abbiano raggiunto un accordo, anzi. Un intervento dopo l’altro i vari relatori hanno citato documenti e fatti contrapposti. In alcuni casi sono riusciti pure a dare interpretazioni completamente diverse dello stesso documento. L’esempio più lampante è dato dal cosiddette “Straccetto fiumano”. Il termine però non viene usato né dagli storici ungheresi né da quelli italiani, perché la loro interpretazione dei fatti del 1868 è completamente diversa.
Stando alle parole di Željko Bartulovi?, docente di diritto alla Facoltà di Giurisprudenza di Fiume, il Sabor croato ha redatto distrattamente una versione del documento che lasciava spazio a diverse interpretazioni, in modo particolare nell’articolo 66, che determinava lo status della città di Fiume. Secondo Bartulovi?, manco a dirlo, l’accordo avrebbe dovuto definire Fiume come una città croata, assieme a Buccari, Segna e altre località della costa. “Durante il viaggio verso Vienna il documento è però stato modificato. Il risultato ne è lo Straccetto fiumano, che non ha permesso di accorpare Fiume alla Croazia, lasciando una questione aperta che non è stata mai più risolta”, ha affermato Bartulovi?.
Una città indipendente
Attila Horvat, giudice costituzionale e professore alla Facoltà di Giurisprudenza di Budapest, ha spiegato invece come in base al diritto ungherese non si possa parlare di uno straccetto, in quanto le modifiche apportate sono parte integrante di un documento imperiale. In base alle parole di Horvat, l’articolo 66 modificato in quel modo non lasciava aperta la questione se Fiume facesse parte della Croazia o dell’Ungheria, bensì la ridefiniva nuovamente come città immediata, che faceva parte della corona senza passare per nessuna provincia. “Si tratta di un grandissimo privilegio. Ecco perché nello stemma imperiale ungherese, dove sono posti gli stemmi delle varie provincie, fra cui anche quello della Croazia, c’è pure lo stemma della città di Fiume, indipendente da qualunque altra provincia”, ha affermato Horvat.
L’italiano lingua ufficiale
Si tratta di temi complessi, che si richiamano a vari decreti e successive modifiche. Bartulovi? ha spiegato come dal punto di vista legale un decreto non abbia il valore di una legge. Horvat ha replicato dicendo come seppur non sia così de jure era così de facto. Bartulovi? ha parlato di come in quegli anni si siano aperte scuole in lingua croata e di come le messe venivano officiate in croato. Horvat ha replicato dicendo che la lingua ufficiale era l’italiano, che veniva parlato sia fra la maggioranza dei rappresentanti del consiglio cittadino sia fra la popolazione. Bartulovi? ha ricordato che il Sabor prevedeva dei posti per il governatore di Fiume e per i suoi rappresentanti e che la legge croata doveva venir approvata a Vienna, quindi a suo dire l’imperatore era d’accordo che gli interessi di Fiume venissero rappresentati a Zagabria. Horvat ha spiegato come gli zupani venivano scelti dall’amministrazione croata, ma il governatore di Fiume veniva sempre scelto a Budapest.
Al convegno hanno presenziato anche il vicesindaco di Fiume, Sandra Krpan, e il preside della Facoltà di Giurisprudenza di Fiume, Vesna Crni? Goti?, che in occasione dei saluti di circostanza hanno augurato a tutti buon lavoro, dicendosi convinte che nel corso della giornata sarebbero state chiarite molte questioni rimaste in sospeso per anni. A fronte di tali discussioni, forse sarebbe il caso di prendere in mano la Storia di Fiume, di Giovanni Stelli, e Un’altra Italia: Fiume 1724-1924, di William Klinger.
Moreno Vrancich
Fonte: La Voce del Popolo – 19/09/2023