Tra i vari personaggi religiosi (i Beati Elio, Assalone e Monaldo, il vescovo Pier Paolo Vergerio, ecc.) che hanno caratterizzato la storia di Capodistria, emerge la figura del santo patrono della città: San Nazario. Questi nacque a Elpidium (oggi Boste/Boršt), paese non lontano da Capodistria, sul finire del V secolo e per una trentina d’anni fu vescovo della città, che la mitografia vuole fosse stato nominato nel 524. Secondo la tradizione popolare le sue reliquie furono miracolosamente rinvenute nel 601 e da allora si trovano (eccetto il periodo in cui furono asportate dai genovesi) deposte nel sarcofago marmoreo esistente nella Cattedrale di Capodistria. Le reliquie dei Santi Nazario e Alessandro papa furono trafugate il primo luglio 1380 dai genovesi, nel corso della guerra contro Venezia, dopo aver messo a ferro e a fuoco la città di Capodistria. Furono restituite appena nel 1422, grazie all’interessamento del vescovo capodistriano Geremia Pola.
Nel solco della tradizione adriatica e del timbro peculiare ereditato dall’età veneziana (il carattere processionale, infatti, contraddistingueva pure i rituali della liturgia statale), anche a Capodistria, la processione dedicata al santo patrono rappresentava la manifestazione più solenne. Tale consuetudine conobbe una continuità secolare, la cesura avvenne nel secondo dopoguerra, cioè alla fine del contenzioso confinario tra l’Italia e la Jugoslavia (problema di Trieste). L’annessione di quella porzione della penisola istriana a una realtà statuale retta da un regime comunista (sebbene in seguito alla Chiesa sarebbero state garantite alcune libertà) nonché lo stillicidio dell’esodo, che determinò lo svuotamento di Capodistria, portò all’eclissi del culto di San Nazario. L’ultima processione in occasione della festa patronale di tenne nel 1955. In esilio, i capodistriani, grazie soprattutto a mons. Edoardo Marzari e a mons. Giorgio Bruni, non abbandonarono il legame con il santo protettore. Nel 1948 nel capoluogo giuliano fu celebrata la prima messa in onore del patrono capodistriano, successivamente la funzione religiosa e la processione si sarebbero svolte a Borgo San Nazario (Prosecco), in cui tuttora viene celebrato San Nazario. A Capodistria, il cambio di rotta si registrò solo dopo i rivolgimenti seguiti alla caduta del Muro di Berlino e allo sfaldamento della Jugoslavia che portarono alla nascita della Slovenia indipendente. Si deve alla Parrocchia, a diverse associazioni cittadine e alla componente italiana ancora residente (in particolare alla Comunità degli Italiani “Santorio Santorio”), che ha un forte legame con il patrimonio storico-culturale del centro urbano e si identifica con il retaggio della Serenissima, il ripristino del culto del santo patrono cittadino.
La città di Capodistria custodisce diverse testimonianze che rimandano a San Nazario, si evidenziano soprattutto le sue raffigurazioni nella quarta e settima miniatura dell’antifonario del miniatore Nazario da Giustinopoli, della seconda metà del XV secolo, nella Cattedrale troviamo l’arca in marmo del XIV secolo, la grande pala d’altare Madonna in trono e i Santi di Vittore Carpaccio (1516) o la pala L’incoronazione della Vergine con i Santi Nazario e Alessandro, dell’inizio del XVIII secolo, esistente nell’abside e realizzata presumibilmente da un autore locale.
La mostra documentaria San Nazario e Capodistria. Storia, devozione arte, tradizione e il retaggio della Serenissima verrà inaugurata martedì 18 giugno (ricorrenza patronale di San Nazario) a Palazzo Tarsia e a seguire a Palazzo Gravisi-Buttorai di Capodistria (via del Fronte di Liberazione 12 e 10) alle ore 19:00.
Tale mostra, realizzata dal Centro Italiano “Carlo Combi” di Capodistria assieme ad altre associazioni ed istituzioni, rimarrà aperta al pubblico fino al 31 luglio 2024.