«Le questioni legate al Secondo conflitto mondiale, alle sue profonde conseguenze e ai problemi attuali aperti nelle aree di confine non si sono imposti nell’agenda culturale italiana»“
«I temi legati al seguito del Secondo conflitto mondiale, alle sue profonde conseguenze e ai problemi attuali aperti nelle aree di confine non si sono imposti nell’agenda culturale italiana. Questa marginalità è dipesa anche da noi, dall’insieme delle Regioni e delle Province autonome, e ci richiede ora di produrre un nuovo sforzo comune di partecipazione istituzionale e di elaborazione culturale». È la riflessione dell’assessore regionale alla Cultura del Friuli Venezia Giulia, Gianni Torrenti, in occasione del convegno “Il trattato di pace, settant’anni dopo. Aspetti giuridici, politici e diplomatici di un diktat”, organizzato oggi a Trieste, nella Sala Maggiore della Camera di commercio, dall’Unione degli Istriani con la collaborazione della Regione Fvg e del segretariato esecutivo della Central european iniziative (Cei).
All’evento, moderato dall’ex sottosegretario agli Esteri, Roberto Antonione, hanno preso parte Massimiliano Lacota, presidente dell’Unione degli Istriani, Ida Caracciolo, membro della Corte permanente di arbitrato de L’Aja, Luis Durnwalder, già presidente della Provincia autonoma di Bolzano, l’ex parlamentare Tamara Blazina e Silvia Stern, giornalista di Tv Capodistria, con un intervento fuori programma del presidente dell’Unione degli italiani in Croazia e Slovenia, Maurizio Tremul.
«Proprio iniziative come il ciclo di convegni tra cui quello odierno, con una pluralità di testimonianze da territori e da estrazioni diverse – ha osservato Torrenti – perseguono l’obiettivo di ricucire l’attenzione dell’opinione pubblica sugli eventi del Secondo dopoguerra, rispetto ai quali oggi esistono sì una lettura e una comprensione nuova, che vanno però collegate con i temi, i problemi e le aspirazioni del presente».
Secondo Lacota, a settant’anni dal Trattato di Pace «è auspicabile che oggi si arrivi a costruire un progetto culturale di profilo istituzionale che coinvolga tutte le minoranze e, tra gli istriani, con gli esuli e i rimasti, perché si crei su questi temi un’attenzione positiva e non a spot».
Antonione ha insistito sull’importanza di coinvolgere i giovani, perché «le tragedie non vanno solo ricordate ma serve un lavoro attivo perché non si ripetano». Tremul ha ricordato il sostegno continuo e bipartisan dato dal Governo italiano alla comunità italiana di Slovenia e Croazia. «È importante – ha affermato – continuare anche a sviluppare i rapporti con gli sloveni d’Italia e portare avanti il percorso di collaborazione con gli esuli». Sia Tremul sia Stern hanno evidenziato l’importanza di eventi simbolici, come il concerto di pacificazione che si tenne a Trieste nel 2010 con i tre Capi di Stato di Italia, Slovenia e Croazia e il pellegrinaggio comune degli esuli e dei rimasti del 2012.
Eventi che videro assurgere alla ribalta nazionale e internazionale l’attualità dei drammi del dopoguerra e la volontà di fare passi in avanti, come quello del Concerto, «dopo i quali – ha ammonito Blazina – nulla può più tornare indietro». Da Caracciolo è venuta una ricostruzione minuziosa dell’accidentato percorso di risarcimento degli esuli istriani, fiumani e dalmati, segnato da continui mutamenti del quadro giuridico internazionale, in una vera odissea iniziata con l’accordo di Belgrado del ’49 e mal indirizzata negli anni a seguire, a giudizio della componente della Corte dell’Aja, dal Trattato di Osimo.
TriestePrima, 26 giugno 2017