Toponomastica e bilinguismo: il punto di vista di Giovanardi – Scritto da Carlo Giovanardi
Da tantissimi anni mi interesso ai quasi 300.000 esuli fiumani e giuliano-dalmati in Italia e della Unione degli italiani, che raduna i circa 30 mila italiani rimasti in Slovenia e Croazia. Una delle questioni più spinose naturalmente è quella della toponomastica e del bilinguismo, tenendo conto che tantissime città dell’ex Jugoslavia erano abitate da italiani e slavi, ma tantissime altre come ad esempio Capodistria e Zara erano culturalmente e storicamente interamente italiane. Ciònonostante a Zara, tutte le vie sono state ribattezzate con nomi croati, dopo l’esodo in massa della popolazione italiana, mentre in tutta la Regione di Fiume, comprese le italianissime Cherso, Ossero, Lussinpiccolo è scomparsa ogni traccia dei nomi italiani, benché storicamente quelle località avessero denominazioni italo-venete.
Soltanto in alcune località dell’Istria, per esempio, Pola, Parenzo, Rovigno, dopo il crollo del comunismo, al nome slavo è stato aggiunto nelle vie e nelle piazze l’originario nome italiano. In un recente articolo per una rivista filatelica, mettevo in luce come l’Italia uscita dal fascismo si era affrettata a ripristinare il bilinguismo in provincia di Bolzano, anche nei timbri postali, mentre la Jugoslavia comunista nel secondo dopoguerra si era affrettata a cancellare ogni traccia di italianità.
Durante il secondo Governo Berlusconi, nel 2003, proprio su questi temi organizzai un Convegno a Venezia a cui parteciparono i rappresentanti della minoranza tedesca in Italia, della minoranza italiana in Croazia e Slovenia e della minoranza slovena in Italia.
L’idea era quella, nella prospettiva della caduta delle frontiere politiche e dell’unità europea, di garantire alle minoranze uguali diritti ed uguali opportunità, a prescindere dallo Stato di appartenenza. In quell’occasione da più parti venne indicato l’Alto Adige, Sud Tirol come esempio da imitare, e i colleghi parlamentari della Volks Partei si dissero ben lieti di lavorare perché anche in Croazia e Slovenia la minoranza italiana avesse lo stesso trattamento di quella tedesca in Italia. Leggo oggi con stupore che, viceversa, nei cartelli turistici a cura del Club Alpino di lingua tedesca sono stati tolti tutti i toponomi italiani, provocando le indignate proteste dei turisti e della minoranza italiana che ritiene, giustamente, che l’Alto Adige, Sud Tirol sia ancora in Italia.
Proprio perché conosco bene i danni che il fascismo ha causato con la sua scellerata politica di cancellazione della ricchezza derivante da identità linguistiche diverse, e gli odi devastanti che ne sono derivati, rimango stupefatto di questa sciagurata iniziativa che spero venga al più presto corretta. Non oso neppure immaginare cosa potrebbe accadere in Slovenia o in Croazia se la minoranza italiana osasse rivendicare l’esclusivo utilizzo del nome italiano nella toponomastica, cancellando quello slavo con la scusa che in alcune realtà è invenzione del secondo dopoguerra.
Il problema non è togliere, ma semmai aggiungere: italiano, ladino e tedesco, laddove in Italia queste lingue sono state o sono utilizzate; ungherese, tedesco, italiano e slavo a Fiume, che è la città cosmopolita; italiano e slavo a Trieste a Gorizia e in Istria, laddove storicamente ed attualmente vi sono insediamenti sloveni ed italiani. C’è il dovere per tutti di guardare avanti e di non cadere in trappole micidiali come quelle che purtroppo ci vengono proposte in questo mese in provincia di Bolzano.
Sen. Carlo Giovanardi Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri
Roma, 1 settembre 2009
Fonte: «Alto Adige», 01/09/09.