Scritto da Roberto Carnero
A 80 anni dalla scomparsa e a pochi di più del suo successo critico (giunto solo negli ultimi anni della sua vita), la figura di Italo Svevo (1861-1928), uno dei massimi romanzieri del ´900, continua a sollecitare nuove riflessioni e interpretazioni da parte degli studiosi. È incentrato su una metodologia di tipo psicanalitico, che si propone di leggere l´opera intrecciandola con la biografia dell´autore, il volume di Elio Gioanola (docente di Letteratura italiana all´Università di Genova), Svevo´s story (Jaca Book, pagg. 272, euro 22,00). Il sottotitolo riprende una frase dello scrittore triestino: «Io non sono colui che visse, ma colui che descrissi». Frase che lega lo studio di Gioanola a quello, da lui offerto un paio d´anni fa, su Pirandello (tra l´altro il volume era intitolato, specularmente, Pirandello´s story). Pirandello aveva pronunciato un´altra frase simile a quella di Svevo: «La vita o si vive o si scrive». Concetti apparentemente simili, ma in realtà piuttosto divergenti. Se per Pirandello la scrittura prende il posto della vita, in Svevo la scrittura assorbe la vita. È quindi lui stesso che ci autorizza a ricercare, o a rintracciare, l´autore (inteso come istanza biografica) nel narratore (concepito come una funzione del testo). Il libro si apre – ricordiamo che Gioanola è anche un bravo romanziere `in proprio´ – con la rievocazione del tragico incidente automobilistico che il 12 settembre 1928 costò la vita a Svevo, per proseguire attraverso lo scandaglio di alcuni temi e motivi centrali sia nella vita di Svevo che in quella dei suoi personaggi: le rivalità familiari, le difficoltà sentimentali, la figura della moglie, quella madre, il rapporto conflittuale con il padre.
A cura di Mario Sechi (professore di Letteratura italiana contemporanea all´Università di Bari), è invece uscito il volume collettivo Italo Svevo. Il sogno e la vita vera (Donzelli Editore, pagg. 260, euro 23,50). Anche qui il titolo mette in evidenza il rapporto tra vita e finzione artistica, ma l´impostazione critica è di tipo più vario. Attraverso i contributi di diversi studiosi, vengono messi a fuoco differenti aspetti della produzione sveviana. Innanzitutto una serie di “riletture” delle opere narrative maggiori, poi un focus sulle narrazioni brevi, ancora una sezione dedicata alla sperimentazione teatrale e infine alcuni contributi sugli scritti saggistici. Tra gli autori dei saggi, alcuni dei maggiori studiosi di Svevo: da Franco Petroni e Giuseppe Langella, da Guido Baldi a Cristina Benussi (docente di Letteratura italiana contemporanea all´Università di Trieste). Di Svevo viene soprattutto sottolineato il ruolo intellettuale, assolutamente originale e isolato nell´Italia del suo tempo. Dall´insieme delle voci, emerge il ritratto uno scrittore non tanto ripiegato su se stesso (come una certa vulgata critica vorrebbe), bensì impegnato sul piano etico. Un autore di sostanza intellettuale e ideologica, promotore di un´idea di civiltà che sappia rinunciare all´orrore della guerra e alle coercizioni, più o meno gravi, della morale borghese dominante. La cui lezione, dunque, è ancora assai attuale.
Fonte: «Il Piccolo», 03/07/09.