Sull’entusiasmo dei risultati raggiunti pesa una persistente divisione interna

Scritto da Rosanna Turcinovich Giuricin, «La Voce del Popolo», 06/10/14
lunedì 06 ottobre 2014

Non sono mancate emozioni forti al 61.esimo Raduno dei Dalmati che, ad ogni edizione, riescono a lasciare il segno. Sabato e domenica, alcune centinaia di persone, si sono date convegno a Jesolo Lido per rinnovare il piacere dell’incontro, ma anche per sottolineare la fede ad un’appartenenza che è lingua, cultura, dignità, prospettiva, carattere. Così è sempre stato. Ma nel momento dell’inevitabile ricambio generazionale, molte dinamiche vengono messe alla prova, tante sensibilità sono scosse da una fissità di incarichi e ruoli che sono venuti a decadere. Chi si aspettava però che questo annuale Raduno si sarebbe trasformato solo in un confronto tra l’Associazione dei Dalmati e la sua delegazione di Trieste guidata da Renzo de Vidovich, ha dovuto ricredersi per i tanti contenuti dell’incontro e il desiderio di superare ogni barriera, magari col tempo. È comunque una pagina aperta, una spina nel fianco che ha portato al sovrapporsi del giornale Il Dalmata libero al Dalmata ufficiale, con accuse e risposte in quest’ultimo anno. Ora il giornale ha un nuovo direttore, un dalmata eccellente come il giornalista del Corriere della Sera e scrittore, Dario Fertilio.

DE’ VIDOVICH ABBANDONA I LAVORI
Alla riunione del Consiglio comunale ogni punto all’ordine del giorno si è trasformato in un braccio di ferro. Il gruppo “Noi” delle seconde generazioni si è proposto per una mediazione, ma a conclusione della mattinata, il gruppo de’ Vidovich, messo più volte in minoranza e con la supplica di non usare più la testata dell’associazione per la sua campagna privata, ha abbandonato l’aula. Non senza il dolore dei presenti – come ha avuto modo di ribadire nel suo intervento di domenica mattina Lucio Toth. Una frattura che pesa e che ha prodotto una serie di appelli all’unità, soprattutto dei rappresentanti delle altre associazioni: da FederEsuli in particolare. A prendere la parola è stato il neoeletto presidente Antonio Ballarin, che succede a Renzo Codarin. La nomina è solo di qualche giorno fa, ora, dopo le dimissioni da presidente dell’ANVGD, la stessa ha convocato la riunione del Consiglio il 18 ottobre quando dovrebbe venire indicato il nuovo presidente che potrebbe essere, così da varie fonti, lo stesso Codarin. Nel suo saluto, Ballarin, ha ricordato l’amore delle seconde generazioni per la terra dei padri alla quale tornare con la serenità di una cittadinanza concessa nel nome di una realtà europea, che ha aperto le porte al diritto delle minoranze, dei piccoli popoli ma anche dell’individuo. Non è un programma di FederEsuli – esplicita – “ma la mia personale posizione” perché sull’impegno dell’associazione si discuterà nei prossimi incontri della stessa.

ARMONIA FEDERESULI-UPT
Saluti ed auspici anche dal Libero Comune di Fiume, con Guido Brazzoduro e dal Libero Comune di Pola, con Paolo Radivo a nome del presidente Tullio Canevari che ha raggiunto il consesso solo domenica e poi di Manuele Braico, a nome dell’Associazione delle Comunità Istriane e dell’UPT, di cui è vicepresidente. Fabrizio Somma, presidente UPT, è intervenuto domenica ricordando il suo percorso all’UPT, rammaricato per essere stato attaccato da de’Vidovich, ma convinto di operare anche al fianco dei Dalmati, così come l’ente ha fatto nella vicenda dell’asilo di Zara rispondendo a un preciso sollecito del governo e così come vuole fare per aiutare il Madrinato dalmato nell’opera di salvaguardia del cimitero di Zara.

APPELLI ALL’UNITÀ
Nella prima giornata è prevalso su tutto l’appello all’unità, che non si lega solo al rientro nella FederEsuli del Libero Comune di Pola, ma anche alla costruzione di una nuova armonia proprio di FederEsuli e UPT. A quest’ultima si chiede di camminare a fianco delle associazioni, per svolgere un’opera di mediazione tra le realtà di esuli e rimasti, ma anche di provvedere a gestire il rapporto col governo in materia di rendicontazione dei finanziamenti della Legge 72 e successive proroghe, che attende da troppi anni i dovuti saldi che stanno mettendo in ginocchio le associazioni per mancanza di finanziamenti. L’UPT dovrebbe svolgere nel futuro il ruolo di funzionario delegato trovando nuova linfa nel suo impegno, in qualità di legittimo rappresentante del governo nei rapporti tra esuli e comunità italiana. Da anni FederEsuli aveva un suo rappresentante all’interno dell’UPT che ora non avrà più un ruolo di semplice osservatore.

UNA REALTÀ COMPLESSA
Sodalizi che si creano, altri che cedono, difficile tenere insieme una realtà tanto complessa: istriani-fiumani-dalmati sono un popolo disperso, ma anche diviso in campanili, in diversi interessi e finalità. Alla ricerca di un collante che spesso sfugge anche se è incredibilmente presente, s’impone proprio per importanza: la cultura. Ne è stata un esempio la mattinata di sabato dedicata a un anno di editoria sulla Dalmazia, della Dalmazia, per la Dalmazia, in lingua italiana, inglese e croata, perché “qualora se ne parla, allora esiste”. Affidata alla prof.ssa Adriana Ivanov Danieli, l’analisi della ponderosa mole di libri, il suo excursus si è trasformato in una gustosa, divertente e commovente, dotta e approfondita carrellata di titoli, temi e autori che hanno catturato l’attenzione del pubblico. Era affiancata da Giorgio Baroni che ha presentato il volume sulla Letteratura dell’Esodo e Davide Rossi, che ha introdotto gli Studi storici e consistenza archivistica del Fondo H8, Crimini di guerra. Altri autori erano presenti in sala, come Sergio Brcic, Gianni Grigillo ed altri. “Da quando mi occupo della rassegna stampa – dichiara al nostro giornale la Ivanov – mi ritrovo a dover scorrere 50-60 titoli. Chiaramente la mia sensazione è che i dalmati la vendano cara la loro pelle. Ogni anno un panorama a tutto tondo. Che dire della qualità: è senz’altro variegata e positiva. Apprezzo anche l’opera del dilettante che si cimenta sulla nostra storia, ma dall’altra si impone anche il rigore della ricerca scientifica d’eccellenza; poi c’è una fascia media di vario tenore che può dare sia conoscenza che emozioni. In proporzione direi che emerge la saggistica. In definitiva un prodotto ampio e articolato, specchio della capacità di un popolo piccolo di proporsi. Quest’anno è prevalsa la storia, sulla scia dei vari anniversari: 10 anni del Giorno del ricordo, 20 del nostro Incontro con la cultura, il ’54 con il ritorno di Trieste all’Italia, il ‘44 con i bombardamenti che decreteranno la fine di Zara italiana, il ’24 con il ritorno di Fiume all’Italia e, ultimo ma certo non per l’incidenza sulla nostra storia, il ’14, scoppio della Prima guerra mondiale”.

A CRISTICCHI IL PREMIO «TOMMASEO»
Con la sua capacità di comunicare sapere ed emozioni, la Ivanov si è giustamente meritata i prolungati applausi del pubblico. Quasi un’anticipazione di un sentire comune che nella serata ha avuto il suo momento magico con lo spettacolo Magazzino 18 di Simone Cristicchi. Un grande artista al quale è stato consegnato, dopo la messinscena, il premio “Tommaseo”, giunto quest’anno alla 18.esima edizione, che tanti intellettuali di spicco ha licenziato in questi anni, diventando un appuntamento di grande richiamo e sicura fama. Sul palcoscenico, insieme a Cristicchi, a chiudere una prima giornata densa di significati, anche il coro della scuola Toti di Musile di Piave. I ragazzi sono autori di un volume sull’esodo attraverso ricerche e studio che hanno completato preparando con la dirigente del coro, alcune canzoni del repertorio della Compagnia dell’anello di Padova, nota per la sua musica alternativa. Così, hanno presentato “Di là dall’acqua”, un viaggio musicale nelle città dell’Adriatico orientale dove, così un verso della canzone “anche le pietre parlano italiano”. La domenica è iniziata con la messa e il concerto della fanfara che ha svegliato Jesolo Lido e l’entusiasmo dei Dalmati. Rimane il nodo di una divisione interna che si vorrebbe superata. Come? Il gruppo “Noi” delle seconde generazioni, ovvero i ragazzi che si sono compattati proprio durante i Raduni ai quali accompagnavano i genitori, ora diventati adulti, si propongono per un maggiore coinvolgimento nell’attività dell’associazione. Non a caso, lo stesso appello s’era sentito solo una settimana prima al Raduno dei Fiumani. A significare che c’è una generazione che vorrebbe essere protagonista del ricambio generazionale ma che si sente esclusa dalle decisioni importanti, anche perché il Consiglio viene convocato una volta l’anno. L’appello-risposta dei vertici dell’associazione è di non fermarsi alle dichiarazioni pubbliche durante il Raduno, ma di sentirsi liberi di partecipare agli incontri della giunta. Chiedono anche un incontro di giunta e gruppo de’Vidovich con la loro mediazione, per cercare una via che non escluda nessuno da questa realtà che ha bisogno del contributo di tutti. C’è già il fattore tempo che sta decidendo le sorti dell’associazionismo, se si aggiungono anche questioni di carattere personale, la condanna all’estinzione è sicura e dolorosa.

I LEONI DALMATI
Ma i Dalmati hanno un asso nella manica, sono diventati “minoranza” nella Dalmazia del dopo Prima guerra mondiale, qualcosa nei loro geni li guida al senso di sopravvivenza in Italia e nel mondo, anche in quella sensibile realtà che è oggi la terra dalmata. Le comunità italiane che qualcuno credeva estinte, esistono e anche a Jesolo hanno testimoniato la propria presenza ed importanza. L’apertura di un asilo a Zara è un risultato reale dopo essere stato vissuto come utopia, mero sogno a conferma che dove c’è la gente, come araba fenice una nuova dimensione può sorgere al momento opportuno e con il giusto aiuto, così come ben sottolineato nella sua relazione il Sindaco Franco Luxardo. Lo stesso ha distribuito fazzoletti con i tre leoni dalmati e la medaglia speciale dell’evento ai rappresentanti delle Comunità giunti dalla Dalmazia, da Zara a Ragusa e Cattaro. Una terra che la storia non ha risparmiato riservando alla popolazione prove indicibili che la Prima guerra mondiale ha portato a galla facendo esplodere un sommerso incontenibile. È stato il tema affrontato da Lucio Toth a conclusione del Raduno accolto da Jesolo con partecipazione e rispetto. Una via a breve verrà intitolata a Vincenzo Serrentino, prefetto di Zara nel 1943.

L’INTERVENTO DI LUCIO TOTH
“Prima conseguenza dello scoppio della Prima guerra mondiale – ha ribadito Toth – fu l’esodo a singhiozzo degli intellettuali, perseguitati dalla polizia imperiale o comunque allontanati dai pubblici uffici e dalla carta stampata per le loro idee irredentiste. Se l’irredentismo era nato a Napoli nel 1877 per iniziativa dello scrittore garibaldino Matteo Imbriani, la sua proiezione geografica si estese alla Dalmazia in maniera assai incerta. Trento, Trieste e l’Istria erano dentro le aspirazioni dei liberal-progressisti italiani fin dall’inizio. Su Fiume e la Dalmazia c’erano molti dubbi negli ambienti politici italiani, per il timore di spingere gli slavi della Duplice Monarchia nelle braccia della propaganda austriaca anti-italiana. Decisamente propensi a comprendere la Dalmazia nelle rivendicazioni italiane erano ovviamente gli intellettuali e i politici dalmati, che sia in patria che nel Regno d’Italia spesero le loro energie tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, come Arturo Colautti dalle pagine del “Mattino” e del “Corriere”, Antonio Cippico, Alessandro Dudan, Roberto Ghiglianovich, Ercolano Salvi. E in Dalmazia Luigi Ziliotto e Pietro Luxardo a Zara, Antonio e Ildebrando Tacconi a Spalato ed altri a Veglia, ad Arbe, a Curzola, Ragusa, Traù, decisi a difendere l’italianità residua delle loro città e delle loro isole, ove pur sapevano di essere minoranza sul piano numerico. “Infima minoranza” diranno gli storici italiani e jugoslavi. Ma li illudeva il fatto che fino a trent’anni prima avevano amministrato elettivamente i comuni e la Dieta dalmata”. Un testamento che inorgoglisce e spinge a mantenere alto il sentire dalmata, da uomini moderni, ma sempre forti e fieri.