Scritto da Davide Rossi
Giunta alla quarta edizione, La Bancarella 2010, salone del libro dell’Adriatico orientale, non ha deluso le attese, confermandosi ancora una volta una scelta strategica vincente, aperta alle nuove esigenze.
Un vero e proprio caleidoscopio di idee e confronti si è dimostrato il programma previsto in questo settembre triestino, che neppure la copiosa pioggia ha potuto rallentare. Certamente all’ottima riuscita ha contribuito la nuova location, con lo spostamento dal classico padiglione solitamente allestito nel centro della città al quarto piano del Civico Museo della Civiltà Istriana, Fiumana e Dalmata; e la possibile perdita di quanti – passeggiando per le vie del centro – si sarebbero casualmente fermati, è stata fruttuosamente compensata dagli allestimenti predisposti con gran cura nel vari piani del palazzo appena ristrutturato: un autentico museo narrante della cultura istriano-giuliano-dalmata, con mostre fotografiche ed esposizioni dal forte valore simbolico, che non possono certamente lasciare indifferente il visitatore.
L’alta affluenza trova, inoltre, giustificazione nel fitto programma previsto, che senza una sbavatura ha dato voce al microcosmo storico del mondo degli esuli, come dei cosiddetti “rimasti”, alternando a personalità di spicco dell’associazionismo spazi dedicati ai giovani – così curiosi di riscoprire tradizioni e costumi –, e sapientemente mescolando momenti prettamente politici con altri dall’evocazione culturale o di narrazione personale.
Una Bancarella vincente ed importante, che ha saputo andare oltre gli stereotipi, ricercando motivi per differenziarsi dai soliti incontri e trovare nuove soluzioni progettuali adatte alle mutate circostanze: a tutte le sigle associative è stato offerta una finestra per presentare attività in corso e in cantiere, progetti e prospettive per il futuro, elementi innovativi e tradizione. Tale opportunità, oltre alle mere logiche divulgative, si colora di prospettive pratiche altrettanto rilevanti, fornendo momenti di confronto e di dialogo estremamente significativi, data la loro rarità. Non è mancata anche a Coordinamento Adriatico la possibilità di far sentire la propria voce, di presentare la poderosa opera sulla toponomastica uscita in tre volumi l’inverno scorso e di anticipare i prossimi lavori in cantiere, a cominciare da quello sulle Euroregioni dal punto di vista storico, giuridico, istituzionale ed economico e per concludere con quelli, al momento più delicati e in fase di elaborazione, che prevedono una serie di ricerche di archivio da svolgersi a Roma presso l’Ufficio Storico dell’Esercito italiano.
Ottimo successo ha riscosso l’idea di accompagnare le ore del pranzo con la proiezione di film sull’argomento, per sfruttare anche le pause più particolari.
Come sempre, ampio spazio è stato dedicato alla presentazione dei volumi di recente pubblicazione, dove hanno spiccato gli interventi del professor Parlato su Mezzo secolo di Fiume. Economia e società a Fiume nella prima metà del Novecento e la commovente esperienza di Musica per lupi scritta da Dario Fertilio, giornalista del «Corriere della Sera», che non dimentica mai di specificare come le proprie origini dalmate abbiano influenzato la sua crescita personale. Toccante è stata la lettura che la dottoressa Liliana Martissa ha sviluppato sul romanzo Straniero, svelandone il gusto e l’intreccio tra le vicende private e la grande storia dell’alto adriatico lungo il corso degli eventi del primo Novecento.
Che cosa significa essere esuli oggi…e domani? – è l’impegnativo titolo che venerdì 17 ha visto sedere attorno ad un tavolo i maggiori rappresentanti dell’associazionismo istriano-giuliano-dalmata. Quasi due ore di confronto e dibattito – tra interpretazioni del passato e scenari per il futuro – ricche di suggestioni e di proponimenti: ne è emerso un panorama ancora florido e vivo, che fa della differenza di prospettiva una base solida su cui misurarsi, senza diventare un inutile appiattimento, ma sempre nella consapevolezza di muoversi tutti verso un punto comune, rappresentato dalla divulgazione della nostra identità e dalla rappresentazione della centralità del momento culturale. Giuseppe de Vergottini, nel ringraziare per l’ottima riuscita della manifestazione, ha lanciato la proposta – al momento ancora in nuce, ma dai forti elementi di futuribiltà – di istituire una “fondazione”, quale istituto duraturo a tutela dell’identità istriana, che possa unire, senza fondere, le varie entità associazionistiche oggi presenti. Tutti i Presidenti si sono comunque dimostrati attenti al cambio di sensibilità che ha comportato l’istituzione del Giorno del Ricordo, con un’opinione pubblica più matura e consapevole attorno ai nostri temi (facile pensare al recente concerto diretto dal Maestro Muti in Piazza Unità a Trieste, cui hanno assistito i Presidenti di Italia, Slovenia e Croazia) e le aperture che – nolenti o meno – la Unione Europea imporrà con la caduta dei confini.
Certamente il miglior augurio alla Bancarella – e più in generale alla cultura istriana, giuliana e dalmata – è giunto dalla piacevolissima rilettura di poesie all’interno del momento simbolicamente intitolato versi (di nostri autori) adottati in libertà…e letti insieme, nel quale un bel gruppo di giovani – efficacemente diretti e guidati da Enrico Gugliemo Focardi – ha riproposto sensazioni e sentimenti ereditati da rime e canti appartenuti ai propri nonni e genitori.
Un’occasione felice, che ha lasciato un sorriso sul volto di tutti e una dolce speranza per il futuro, quale fonte di ricchezza che alle volte si teme venga perduta e, invece, può trovare nuove strade e nuovi modi per fruttificare.