Sic transit gloria dannuntii

Permettetemi l’uso manipolato della famosa locuzione dalla Imitatio Christi. Perché queste poche righeamaramente sono redatte con un giorno di ritardo dallo scrivente rispetto all’anniversario del “volo suVienna” per attendere la rassegna stampa completa del giorno 9 – non uno qualsiasi, bensì il centesimo -dell’avventura dannunziana su Vienna. Non fu una semplice operazione militare, ma essenza del Vate,riassunto della sua vita di poeta-soldato deciso a fare valere la sua natura di “superuomo”. In un’Italia,quella della Grande guerra, sfiduciata da Caporetto e nella speranza di terminare in breve tempo lo sforzobellico. Perché questo? Non tanto per parlarvi del D’Annunzio militare e dei retroscena del volo, ma pernon rassegnare noi lettori a freddi passaggi sui quotidiani nazionali, i quali – a distanza di un secolo -trovano il loro proprio giusto taglio editoriale per ricordare azioni militari e articolucci di taglio storico“rivedibile”. Si perde così spesso occasione di valorizzare un’azione in cui non dovette perire alcun uomo,nessun colpo venne sparato ma che fu traboccante di acceso patriottismo con un forte messaggiopropagandistico sulla capitale dell’allora nemico asburgico. C’è ancora chi, a quel 9 agosto, è legato nellasimbologia e nell’ardita tenacia del Vate. Si dia atto ai quotidiani che, nei loro editoriali on-line, hanno datovoce a questa vicenda e alle – molte – iniziative che da Gardone a Padova hanno ricordato il lancio dimigliaia di volantini su Vienna. Per molti fu un fatto chiave, che consacrò D’Annunzio, agli occhi dei suoicontemporanei, come l’uomo forte da seguire. Colui che sapesse intelligentemente alternare l’uso dellamano dal tocco delicato dell’artista, con il pugno pesante del guerriero: sintesi precisa del Vate alla testadei legionari. Raccogliendo poi a suo dire il grido delle popolazioni dell’alto Adriatico, fu quindi arteficedell’impresa di Fiume, gettando le basi della successiva raccolta sotto il Tricolore dell’intera costa dalmata edel Quarnaro.Giochiamo allora, per concludere, con “I cinque punti da non perdere”. Infatti, il Volo su Vienna è oggi, aparere di chi scrive, fatto di lodevole memoria. Vediamo perché:

  • Le ore di volo per raggiungere la capitale asburgica furono quattro, compiute da sette apparecchi
    italiani indisturbati, a cui si aggiunsero le circa tre ore del ritorno.
  •   I volantini sganciati dal Vate e dagli altri arditi da 800 metri di altezza furono ben quattrocentomila
    di cui cinquantamila segnati di pugno dall’autore abruzzese.
  • Gabriele D’Annunzio fu il primo pilota di aerei a brevettare la tattica del lancio di manifesti propagandistici dal cielo – tecnica usata ancora oggi.
  • Cento anni fa un’intera nazione è riuscita a sollevarsi da un disastro militare quale quello di Caporetto, dopo il quale non pochi avevano temuto per il peggio, con gli austriaci minacciosi verso Milano. Se D’Annunzio non poté – bontà sua – certo essere assurto a “salvatore della Patria”, certamente la sua azione restò nell’immaginario collettivo per molto – anche quando ci fu chi scelse di seguirlo nell’epopea fiumana.
  • «Viennesi! Imparate a conoscere gli italiani. Noi voliamo su Vienna, potremmo lanciare bombe a tonnellate. Noi vi lanciamo un saluto a tre colori: i colori della libertà!». E questo inciso, di commenti, non ne abbisogna.

Gianluca Cesana