Scritto da Franco Angeli edizioni
Seduzione e coercizione in Adriatico. Reti, attori e strategie, a cura di F. Botta, Milano, Franco Angeli, 2009, pp. 160.
A ripercorrere la complessa trama dei rapporti politici, economici e culturali, che il nostro paese ha intessuto con le nazioni dei Balcani occidentali, emerge con chiarezza come da parte italiana vi siano state una costante attenzione e una continuità d’interessi verso quei popoli e quelle regioni. L’impressione che se ne ricava tuttavia è che non sempre il mondo politico (ad eccezione di qualche istituzione locale) abbia affiancato e sostenuto con una concreta e fattiva azione di governo le iniziative portate avanti dagli attori economici e culturali italiani; in molte occasioni e in numerose circostanze, le reti economiche e culturali tra le due coste del mar Adriatico sembrano essersi sviluppate per proprio conto, senza impulsi centrali e in assenza di ben definite strategie nazionali. Ma ancora più forte è l’impressione che la politica italiana, nelle relazioni interadriatiche, il più delle volte abbia tentato di adottare modelli riconducibili alla politica di potenza, basati su imposizioni forzose e su coercizioni, avvertendo come limite insopportabile la nostra incapacità a fare sistema paese.
In realtà in alcuni scenari internazionali (soprattutto in quelli caratterizzati da conflitti etnici e rivalità nazionali), dove gli obiettivi prioritari sono legati alla promozione dello sviluppo e della democrazia, e alla costruzione di buone relazioni tra Stati e genti vicine, forse questo nostro limite può rivelarsi invece una risorsa. Un paese con “ambizioni nazionali deboli” e che si sforza invece di usare al meglio il soft power che possiede e che quindi lascia un largo spazio di iniziativa alla sua società civile e agli attori locali può forse meglio contribuire al superamento di diffidenze e di resistenza che esistono in Adriatico e in altri luoghi vicini. Il volume affronta con un’ottica interdisciplinare queste questioni e invita a valorizzare di più sia le reti – economiche e culturali – e sia le risorse e gli attori che sono in campo, senza rinunciare naturalmente alla speranza che prima o poi si possa arrivare a definire come paese una più precisa e condivisa idea di quello che è oggi il nostro interesse nazionale.