Finalmente nuova vita, luce e colore per i due barbuti telamoni che adornano l’androne del maestoso Palazzo Ploech, una delle trenta architetture fiumane del triestino Giacomo Zammattio, che lavorò per le più ricche famiglie del luogo.
Lo stesso, commissionato dal suo proprietario, Annibale Ploech, e costruito nel 1888 nello spirito dell’alto storicismo europeo, è caratterizzato da una ricca e varia decorazione plastica e da un’eccellente soluzione urbanistica modellata su quella degli edifici angolari viennesi, culminante nella cupola barocca in rame, di gusto viennese.
In questi giorni, a rapire lo sguardo dei passanti sono i due possenti e candidi busti maschili in pietra, recentemente restaurati e, dopo svariato tempo e non pochi interventi, finalmente scoperti e lasciati liberi di mostrarsi in tutta la loro virilità.
Detti dai greci anche atlanti, dal nome dell’omonimo titano della mitologia greca condannato da Zeus a reggere la volta del cielo, e variante maschile delle Cariatidi, i telamoni sono sculture maschili in pietra con funzione di sostegno, usate in architettura in sostituzione di colonne e pilastri per sostenere trabeazioni o cornici degli edifici.
Sulle tracce delle vigorose figure lasciate in eredità da Michelangelo, quelli fiumani si presentano con un braccio alzato al disopra del capo e l’altro appoggiato sul fianco, nei quali è esaltato, oltreché l’accentuato sviluppo della massa muscolare, anche la tensione dello sforzo, che già caratterizza i telamoni nell’arte antica. Le gambe sono coperte da un morbido telo che dona fluidità alla composizione, la bellezza è prepotente e l’espressione del volto, a mo’ di metafora del capoluogo quarnerino, è dolente, ma fiera.
Fonte: La Voce del Popolo – 11/05/2023