Scritto da Rosanna Turcinovich Giuricin, «La Voce del Popolo», 22/09/10
TRIESTE – Due le ragioni che rendono la Bancarella 2010, appena conclusasi a Trieste, un’edizione particolare: il luogo in cui si è svolta per la prima volta, ovvero il Civico Museo della Civiltà Istriana, Fiumana e Dalmata, e l’alto livello degli interventi che hanno determinato un salto nell’approccio alle tematiche che riguardano libri e letteratura ma anche storiografia, rapporti tra le associazioni e con i rimasti. Il Salone del Libro dell’Adriatico Orientale proposto dal CDM si rivela così un format di successo. La volontà di partecipare e collaborare, di creare sinergie, è emersa in modo prepotente e forse il luogo – con l’auspicio espresso da molti che diventi quanto prima un corpo vivo e pulsante – ha determinato tale “salto” di qualità della manifestazione. L’altro elemento importante è stato il concorso di più soggetti alla sua realizzazione, che hanno portato il meglio della propria produzione oltre che una sintesi della propria ricca attività, dando alla Bancarella un ruolo di contenitore e, si spera, di catalizzatore di nuovi processi in atto.
Per chi entrava al Museo, il primo impatto era con la mostra dedicata alla Modiano con edizioni che parlano di storia civile, cultura, economica e politica delle nostre terre attraverso il tempo, a cura dell’editore stesso e dell’Irci con visite guidate di Piero Delbello che rappresentano un viaggio nella grandezza della “casa madre”, ma con tutta una serie di aneddoti e “storie all’interno della storia” che hanno affascinato il pubblico. Al secondo piano la mostra delle masserizie, sempre a cura dell’Irci – Istituto che ha sede nell’edificio stesso – con un percorso che rievoca la vicenda della “roba” portata in Italia dagli Esuli e poi abbandonata nel porto di Trieste e che oggi rappresenta una testimonianza del vissuto quotidiano di un popolo fino alla fine della guerra in queste terre. Sempre al secondo piano, il pubblico ha potuto ammirare un’altra esposizione, che è idealmente un’evoluzione della precedente, ma questa volta curata dall’Associazione Giuliani nel Mondo che, nel quarantesimo della sua fondazione, ha voluto riportare a Trieste l’esposizione “Con la nostre radici nel nuovo Millennio”, che dipana la vicenda delle genti della Venezia Giulia che negli anni Cinquanta andarono Oltreoceano alla ricerca di nuovi spazi e nuove opportunità di vita e di lavoro. In una struggente sequenza di foto scattate alla partenza e all’arrivo nelle terre di destinazione, con i primi incontri tra le famiglie e le prime attività all’interno di Circoli e Club, si evince un’epopea che è giustamente parte della cultura e della storia italiana e quindi va conosciuta ed esplorata.
Al terzo piano la mostra della Civiltà contadina, a cura di Roberto Starec, che firma per l’Irci il volume dedicato all’argomento, frutto di una lunga ricerca sul campo, presentato, fresco di stampa, proprio in questa occasione. Alle spalle di carri ed attrezzi vari, la bancarella curata dalla libreria Italo Svevo, che ha esposto le pubblicazioni presenti al Salone del libro e, alle sue spalle, l’esposizione curata dalla Comunità di Lussinpiccolo dedicata ai Cantieri di Lussino, a cura del fotografo Corrado Ballarin con foto delle località che compongono l’Associazione delle Comunità Istriane di Trieste, materiale che entrerà in una prossima pubblicazione ed infine un cenno alla mostra di fotografie di Magritt Dittman Soldicic legata alle presentazioni affidate al Circolo “Istria”. Tutto questo ha fatto da cornice agli incontri che si sono susseguiti ininterrottamente da giovedì a domenica, al quarto piano del Museo, in uno spazio conferenze-piazza-agorà dove i progetti, le riflessioni sul futuro e le possibili sinergie hanno trovato modo di presentarsi al pubblico sempre numeroso e partecipe. Protagonisti autori, editori, massimi rappresentanti del mondo associativo sia di esuli che di rimasti.
Si è parlato di territorio e di prospettive. Quali? La conoscenza innanzitutto, la consapevolezza – come ha avuto modo di sottolineare il Sovrintendente Giangiacomo Martines – delle contaminazioni o delle osmosi tra le diverse culture ed epoche che raccontano la storia adriatica, significa uscire dagli schemi delle divisioni per affrontare con serenità la valutazione di ciò che può essere il futuro. Oltre all’arte vera e propria ed all’architettura che da sempre hanno dialogato sulle sponde di questo Mare nostrum, i materiali da costruzione sono stati un veicolo di contatto. Come dimenticare il ruolo della pietra che racconta sulle facciate delle chiese, nella realtà dei mausolei o delle case un rapporto di continuo contatto ed interazione che s’apre oggi, con l’Europa, a nuove interpretazioni e previsioni future e a future collaborazioni. Una conoscenza che dev’essere veicolata attraverso la scuola così come ribadito da Chiara Vigini e Roberto Spazzali nel dibattito dedicato all’attualità di un nuovo approccio all’insegnamento delle vicende che hanno caratterizzato la storia dei territori adriatici, in particolare di quello orientale. O al contatto stesso tra le scuole, come testimoniato da Ingrid Sever, preside dell’ex Liceo di Fiume in interazione con la Società di Studi Fiumani di Roma rappresentata a Trieste in quest’occasione da Marino Micich e Gianni Stelli. Le testimonianze non mancano – e sulla raccolta si sta lavorando da più parti – e non solo nei documenti ufficiali, c’è il vissuto, l’idealità proposta dalle persone nei vari campi e settori: ancora nell’arte – come testimoniato nell’omaggio dedicato all’artista triestino-montonese Livio Schiozzi – o nel teatro, così come il pubblico ha avuto modo di vedere nel documentario La Cisterna realizzato dal Libero Comune di Pola in Esilio. O ancora nel rapporto forte e continuato del Circolo Istria con progetti di promozione del territorio da Venezia all’Istria sulle tracce dei grandi viaggiatori come Sanuto.
In questo discorso di riscoperta dei valori della civiltà istriana, fiumana e dalmata, in modo moderno e proiettato verso il futuro che dia senso alle sofferenze e alle nostalgie e innesti nuova linfa sui superati rancori, s’inserisce il discorso letterario che va colto in tutta la sua grandezza. L’attualità del messaggio di Pier Antonio Quarantotti Gambini, autore che, nel centenario dalla nascita, verrà ricordato con una serie di iniziative dal Comune di Trieste e di cui l’Irci possiede un fondo importante ancora da sistemare, risorse permettendo. La carenza di mezzi ha messo in sofferenza tante iniziative, per cui una possibile razionalizzazione, ovvero un progetto di rilettura delle attività complessive di tutto questo mondo sparso, va valutato e varato per permettere un’ulteriore crescita e visibilità della ricchezza intrinseca alla cultura di un popolo. Lo ribadiscono i rappresentanti della Federazione e dell’Anvgd e delle altre Associazioni e Centri culturali, nonché di Unione Italiana ed Edit, che continuano, comunque, a proporsi e a produrre cultura. E questi non sono che alcuni riferimenti ai quattro giorni di una bancarella che è diventata vetrina di proposte e riflessioni e di una comune ricchezza, che in un rapporto sinergico potrebbe emergere dall’offerta di nicchia e diventare di pregnante visibilità. E non solo per rendere palpabile una realtà agli occhi del mondo, ma soprattutto per invogliare le giovani generazioni a raccogliere un testimone e riproporlo, evolvendolo, nel tempo.