Respinti e segregati: migrazione ed esclusione nei Balcani

Scritto da Alberto Tundo
Per una curiosa coincidenza, l’autobus che li riporta a casa, verso quel presente dal quale cercavano di fuggire, raggiunge l’autostazione di Presevo mentre la Grand Chamber della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si pronunciava a favore della loro minoranza, sanzionando la Croazia. Due storie, piccole, che si sovrappongono e raccontano qualcosa di una questione molto più grande e complessa, quella dei Rom e della condizione in cui vivono nei Paesi della ex Cortina di Ferro.
Verso una vita migliore e ritorno. Se i numeri hanno un senso, quelli sotto gli occhi dei funzionari del servizio immigrazione a Stoccolma e Bruxelles non tornano. Nei primi due mesi dell’anno, infatti, il governo belga ha ricevuto 400 domande circa di cittadinanza di persone provenienti dalla Serbia e altrettante di cittadini macedoni. Considerando che in tutto il 2009 erano arrivate solo 201 domande (112 nel 2008), la cifra è sembrata subito strana. In Svezia, invece, tra gennaio e febbraio si sono registrate 770 domande di asilo. La storia, di per sé, è semplice ma cela dei risvolti. Lo scorso dicembre, Serbia, Montenegro e Macedonia hanno ottenuto l’abolizione del regime dei visti per i loro cittadini, cioè il diritto di entrare nei Paesi della Ue liberamente, senza la macchinosa e complicatissima procedura che li costringeva ad ottenere un visto d’ingresso. Di questa opportunità, hanno cercato di approfittare i disperati che dall’oggi al domani si sono trasferiti in Belgio e in Svezia (ma anche in Svizzera), allettati dal miraggio di una vita migliore e convinti che le politiche dei due Paesi in materia di asilo fossero particolarmente elastiche. Il risultato è che, a scaglioni, serbi e macedoni di etnia albanese ma soprattutto Rom saranno rispediti a casa. Ammesso che non l’abbiano venduta per pagarsi il viaggio. L’11 marzo, le autorità serbe hanno confermato che il primo autobus con 44 passeggeri aveva varcato i confini.

Ma probabilmente non è stato solo un passaparola basato su una notizia infondata a spingere quasi duemila persone a mettersi in viaggio verso il Nord Europa. Le autorità serbe e macedoni sospettano che dietro ci sia una organizzazione strutturata e ramificata che fa affari con la disperazione. Le prime informazioni provenienti da Skopje parlano di otto agenzie di viaggi della città di Kumanovo che sarebbero sotto inchiesta per aver partecipato all’organizzazione di questa migrazione di massa. Probabile che Kumanovo, nella Macedonia nord-occidentale, a maggioranza albanese, sia uno dei centri nevralgici dell’organizzazione nel mirino degli investigatori, visto che qui sarebbero sotto inchiesta alcuni poliziotti che avrebbero intascato mazzette per chiudere tutti e garantire il rilascio dei passaporti biometrici. Skopje e Belgrado stanno collaborando attivamente perché l’intera vicenda rischia di danneggiare i due Paesi balcanici,e la loro credibilità come futuri membri dell’Unione Europea. Intanto il governo belga ha già speso oltre 200 mila euro, dal momento che per legga paga 500 euro al giorno a ciascun richiedente asilo cui non garantisce un posto letto, mentre la procedura è in corso.

La segregazione scolastica. Le condizioni in cui vivono le comunità Rom nei Balcani e nell’Europa Orientale più in generale sono particolarmente deprimenti: disoccupazione, analfabetismo, mancanza di alloggi, povertà sono alcuni dei mali endemici. Per capire quanto sia grave la situazione, però, è sufficiente concentrarsi su un problema in particolare, quello della segregazione scolastica. Ai bambini Rom vengono cioè riservate classi o scuole “speciali”. E’ una pratica diffusa nell’est Europa, generalmente tollerata. Con delle eccezioni incoragginati. Pochi giorni fa la Grand Chamber della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato la Croazia per aver riservato a 15 bambini un trattamento discriminante. I casi risalivano ad un periodo compreso tra il 1996 ed il 2000. Alle famiglie dei bambini era stato dato torto in tutti i gradi di giudizio in Croazia e anche in primo grado dalla Corte Europea, nel 2003. Il verdetto d’appello ha rovesciato la sentenza e condannato le autorità croate a pagare 4500 euro per ciascun alunno e 10 mila euro cumulativi di spese processuali. Secondo quest’ultime, la scelta sarebbe stata dettata dalle difficoltà linguistiche incontrate dai piccoli Rom. Secondo la Corte, però, a giustificare tale misura non c’era nessun test linguistico, né i piccoli sono stati monitorati per cogliere eventuali progressi.
Abbandonati a loro stessi, insomma, come studenti di serie B. Che domani diventeranno cittadini di seconda categoria. Ma il quadro generale, purtroppo, è questo. Solo lo scorso gennaio, Amnesty International ha denunciato il sistema delle «scuole pratiche» varata nella Repubblica Ceca, dove ci sono istituti riservati a bambini che vengono dichiarati «mentalmente disabili». La cosa curiosa è che nella quasi totalità dei casi, questi studenti speciali sono Rom. La stessa situazione si registra in Ungheria, Paese in cui i Rom sono una minoranza consistente, tra le 600 e le 800 mila unità. Anche qui i bambini Rom, in buona parte, vengono dichiarati disabili mentali. Sarà per questo che un recente sondaggio ha rivelato che l’80 per cento delle famiglie di etnia ungherese non vuole che il loro bambino frequenti classi con alunni Rom. Una percentuale inferiore (40 per cento) si è registrata in Bulgaria. Il 10 marzo, si è mosso il direttore di European Roma Rights Center, Rob Kushen, per stigmatizzare le dichiarazioni del premier slovacco, Robert Fico, secondo il quale la segregazione scolastica era la sola via d’uscita per superare il sottosviluppo delle comunità Rom del Paese. Il risultato è che nell’Europa orientale il tasso di abbandono scolastico, all’interno di questa comunità si aggira sull’80-90 per cento. Cifre impressionanti che spiegano perché, se non si provvede, la comunità Rom continuerà ad essere esclusa.

Fonte: «Peace Reporter», 17/03/10.