Scritto da Giovanni Tomasin
«Per me è un ritorno alla gioventù»: così Ada Ceccoli, fondatrice del primo “Dalmazia Club” di Trieste all’inizio degli anni ’50, definisce la mostra sulla cultura dalmata inaugurata ieri al Museo di via Torino nell’ambito del 56esimo raduno nazionale dei dalmati. «L’identità dalmata che ha trovato precoce asilo a Trieste – aggiunge Ceccoli – sta trovando infine una sua soddisfazione».Un centinaio persone ieri ha preso parte alla conferenza d’inaugurazione della mostra: «La sezione principale nasce da una mostra itinerante sui pittori dalmati italiani contemporanei – spiega il presidente del raduno, Renzo de’ Vidovich – che abbiamo portato in precedenza a Zara e Spalato ma anche a Roma e Milano, e che abbiamo integrato con ulteriori artisti».
Alla contemporaneità gli organizzatori del raduno hanno voluto affiancare anche la memoria: oltre all’esposizione sull’esodo di istriani, fiumani e dalmati, due sezioni della mostra sono dedicate a “Lussino isola marinara” e a una raccolta fotografica sui bombardamenti di Zara. Tra gli artisti contemporanei, cui è dedicato il quarto piano del museo, spicca la presenza di Gaspare Manos, giovane pittore d’origine dalmata le cui opere riscuotono grande successo di critica e pubblico a livello internazionale: «Ho portato sei opere – spiega – dedicate a Venezia e New York, per esprimere le radici e il cosmopolitismo del popolo dalmata: in novembre gli stessi quadri verranno esposti a Parigi, ma ho voluto portarli prima qui per dare un sostegno a questa causa». Attraversando le sezioni della mostra molti dei partecipanti tornano con la memoria alla terra perduta: «Queste opere e questi oggetti sono una testimonianza fondamentale della nostra civiltà oltreadriatica prima e dopo l’esodo», commenta orgoglioso Giorgio Baroni, divenuto profugo ancor prima di nascere quando la madre fuggì dalla Dalmazia portandolo in grembo. «Non ho mai rivisto la mia terra – ricorda invece Ada Ceccoli – e solo in occasioni come questa ho modo di ritrovarla».
A fianco a chi ha vissuto il dramma dell’esodo c’è anche chi, pur essendo nato fuori dalla Dalmazia, cerca così le sue radici: «Sono nata a Trieste ma i miei genitori sono dalmati – racconta una signora -: mio padre, che oggi ha 99 anni, lasciò la sua Brazza nel ’42 per non tornarvi più. Oggi io sono qui per spirito romantico e per senso di appartenenza». Marzia Vodopia, invece, vive a Roma ed è consigliere dell’associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia: «Sono istriana di Pola – spiega – ma ho voluto partecipare al raduno dei dalmati e ne ho tratto un’impressione bellissima: in una settimana si possono toccare tutte le tematiche inerenti a un tema così complesso. Spero che un evento di tale livello venga organizzato al più presto anche per gli istriani». Vodopia è sorpresa anche dalla qualità del museo di via Torino: «Era necessario che a Trieste ci fosse un ambiente che potesse ospitare la nostra eredità di valori ed espressioni artistiche». Al termine della conferenza i convenuti hanno potuto godere di un lauto buffet organizzato per l’occasione da Ada Ceccoli, che assicura: «Ho dato tutto e sto dando ancora tutto per la mia patria, spero che in futuro i giovani portino avanti il nostro lavoro».
Fonte: «Il Piccolo», 15/09/09.