Scritto da «Libero», 01/08/09
Continua la pubblicazione del Registro delle vittime del confine orientale. Gli italiani e gli Istroveneti, con l’arrivo in libreria, in questi giorni, del secondo volume (pp. 352, euro 25), contenente le lettere dalla D alla K. Curato da Marco Pirina, con la collaborazione di ricercatori italiani, sloveni, croati e serbi, ed edito dal Centro Studi e Ricerche Storiche “Silentes Loquimur” di Pordenone (www.silentesloquimur.it, tel. 0434/554230), si oppone, documenti, foto e nomi alla mano, ai negazionisti che riducono il numero degli infoibati a poche decine e gli scomparsi ad alcune centinaia. Basti pensare che i dati degli Alleati, parziali sia da un punto di vista geografico che cronologico (resta fuori la mattanza compiuta dalle truppe titine nel 1943-1944), si attestano attorno alle 4.900 vittime, a cui vanno aggiunte le circa 10mila menzionate in un documento di Giovanni Battista Montini, allora segretario di Stato di Pio XII.
Tra i morti, dal 1943 al 1950, carabinieri, poliziotti, finanzieri, bersaglieri del Rsi (in una commovente foto si vedono tre di loro davanti a un muro con la scritta «E noi, o madre Italia, ti offriamo, senza paura e senza rimpianto, la nostra VITA e la nostra MORTE»), alpini della Tagliamento, partigiani della Osoppo, marò della Xª Mas, autonomisti fiumani, semplici civili e insomma tutti i nemici, anche solo potenziali, dell’annessione alla Jugoslavia dell’Istria, della Venezia Giulia e del territorio friulano fino al confine sognato sulle sponde del fiume Tagliamento. Ogni nome, dal tenente dei carabinieri D’Acierno Francesco di Latina al goriziano Kustrin Giuseppe disperso nel 1944 in Slovenia, è accompagnato dai dati anagrafici, grado militare o professione, circostanze della morte o della scomparsa; talvolta c’è persino la fotografia.
Tra i documenti inediti spiccano le disposizioni (datate 24 febbraio 1944) del generale tedesco Kübler, comandante nella zona d’operazione del litorale adriatico, contro le bande partigiane, all’insegna dell’occhio per occhio e dente per dente. Dal 1° gennaio al 15 febbraio 1944 i tedeschi avevano subito 181 aggressioni alla Wehrmacht, 125 attentati contro le ferrovie, 22 attentati con esplosivi contro ponti, 25 sabotaggi a linee telefoniche e telegrafiche, 68 automezzi distrutti o danneggiati. Perciò «si impone l’estrema durezza» e si spiega che «solo l’attacco conduce alla meta». Per i banditi catturati c’è l’impiccagione o la fucilazione. Una guerra dura e crudele, insomma. Con i suoi martiri. Come Don Giuseppe Gabana (1904-1944), cappellano militare della VI legione “Giulia” della Guardia di Finanza, medaglia d’oro al merito civile, per il quale è attualmente in corso il processo di beatificazione.