Terza tappa del progetto espositivo Capodistria 1500 curato dal Museo regionale, un viaggio a ritroso nella storia della città. La nuova mostra, inaugurata oggi, dedicata alla Capodistria veneta
Dai due Vergerio, l’umanista il Vecchio e il vescovo apostata il Giovane, fino all’illuminista Carli, il grande intellettuale, storico, archeologo, ed economista capodistriano di cui cadeva nel 2020 il terzo centenario della nascita. E in mezzo una galleria di nomi che comprende altre personalità di rilievo (molto spesso) tutt’altro che locale, dal pittore Vittore Carpaccio, insieme al figlio Benedetto, al cartografo Pietro Coppo; dal letterato Girolamo Muzio, che ha un ruolo importante anche nella storia della lingua italiana, al celebre medico Santorio Santorio, considerato il padre della fisiologia moderna . E poi ancora il compositore e organista del duomo Antonio Tarsia, appartenente a una delle più cospicue e antiche famiglie della città, e il vescovo Paolo Naldini, autore (nel 1700) di una “Corografia” di Capodistria fonte preziosa per tutti gli studiosi successivi di storia istriana. O infine il marchese Girolamo Gravisi, che si dedicò pure lui a studi e ricerche storico-erudite.
Sono le figure di uomini illustri legati a Capodistria (non necessariamente nati in città) le cui biografie vengono presentate nella nuova mostra realizzata dal Museo regionale nell’ambito del progetto espositivo dedicato ai 1500 anni dalla consacrazione del protovescovo San Nazario, tappa che dopo l’età contemporanea e quella austriaca oggetto di precedenti rassegne, copre stavolta quattro secoli della dominazione veneta, dal 1380 alla caduta della Serenissima nel 1797. È quello che si può definire a buon diritto il periodo aureo di Capodistria, quando sotto le insegne del leone di San Marco la città ebbe il controllo su un’intera porzione della penisola istriana dal punto di vista economico, ecclesiastico e amministrativo, meritandosi in tutti i sensi quel nome di Caput Histriae che le era stato imposto dai patriarchi aquileiesi.
La mostra, curata da Marko Bonin, è articolata in una serie di pannelli, uno per ciascun personaggio presentato. Non mancano tuttavia libri antichi, dipinti e altri oggetti, tra cui alcuni spartiti autografi di Antonio Tarsia prestati dall’Archivio vescovile, che rendono nell’insieme più interessante l’esposizione allestita nella galleria museale, altrimenti poco accattivante e faticosa da seguire per la sovrabbondanza dell’apparato informativo.
Ornella Rossetto
Radio Capodistria – 17/12/2021