Scritto da Roberto Spazzali
Un altro tema su foibe ed esodo alla maturità, verrebbe da dire ma non è così. Il tema di argomento storico assegnato quest’anno all’Esame di Stato potrebbe sembrare a prima vista la riproposta di un titolo analogo comparso qualche anno fa negli esami finali della scuola secondaria. Allora era stato accompagnato da qualche polemica in ordine all’argomento e alla natura delle fonti proposte ai candidati. Mi pare ora che i commenti favorevoli siano stati diversi e trasversali, come si dice, nel segno di una maggiore maturità di giudizio: è storia d’Italia che gli italiani devono conoscere, questa la soddisfatta intonazione comune. Non posso non aggiungere che la nostra storia dell’Adriatico orientale è paradigmatica alla storia europea. E quella della Venezia Giulia, per intenderci è storia nazionale plurale, italiana, slovena, croata, austriaca, per intendere. Complessa nelle complessità che però non deve spaventare. D’altra parte ho avuto occasione e circostanza di incontrare tanti studenti nelle scuole dove sono stato chiamato a discutere con loro della nostra storia e mi ha colpito l’approccio laico, non pregiudiziale, attento alle molte ragioni che è emerso dalle discussioni e dal confronto di idee. Superiore a certi adulti. Mi ha colpito molto anche il buon livello di preparazione dimostrato, segno del lavoro fatto in precedenza dagli insegnanti, almeno per l’inquadramento storico generale.
Ma la domanda che mi pongo è la seguente: l’argomento, così come presentato, può trovare spazio in un Esame di Stato? Il ministero dell’Istruzione probabilmente ha riproposto il tema anche per verificare la ricaduta delle iniziative più articolate che hanno preso le mosse qualche anno fa, anche per effetto dell’istituzione della Giornata del ricordo, con l’avvio di precisi interventi rivolti al mondo della scuola da parte di istituti storici e di ricerca, associazioni degli esuli giuliani-fiumani-dalmati, iniziative organizzate e condotte dalle pubbliche amministrazioni in tutte le regioni italiane. Il convegno nazionale dello scorso 23 febbraio proprio nella prestigiosa sede di viale Trastevere, l’apertura del tavolo tecnico ministeriale per definire qualità e sostanza degli interventi, anche nei confronti dell’editoria scolastica, l’inserimento nel sito ministeriale dei link di rimando a quelle realtà che finora si sono occupate dell’argomento hanno offerto uno spaccato molto vivo e attento non tanto a difesa di una versione concordata della storia ma alla sua divulgazione nelle forme più corrette e comprensibili.
Passo a un secondo quesito: uno studente è in grado di affrontare la prova scrivendo qualcosa di decente? Si sa bene che il tema di storia è una delle tipologie tra le più difficili perché bisogna conoscere bene il fatto, argomentare in modo efficace facendo riferimento anche a un apparato di informazioni di cui a scuola non si viene in possesso, ed infine esprimere un giudizio. C’è sempre il pericolo rimanere in superficie o di approfondire eccessivamente un aspetto piuttosto che un altro. Spetterà poi alla commissione giudicare con clemenza. In questo caso si chiedeva al candidato di affrontare la «complessa vicenda del confine orientale» partendo dall’assunto tratto dalla legge 30 marzo 2004 n. 92 in cui si fa riferimento alla «tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre, degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra…». Proprio la complessa vicenda, politica e ideologica ma anche umana, posta all’interno dei limiti cronologici Patto di Londra (1915) – Trattato di Osimo (1975) con l’inevitabile focalizzazione del periodo 1943-1954 rende tutto ancora più difficile, se di tema tradizionale si tratta. Perché allora si dovrebbe spostare il discorso sul male nella storia, sulle diverse forme e misure del male che limitano l’agire umano e vi si annida. Sono parole tratte da uno scritto postumo di Elio Apih. So per certo che più di qualche studente è stato tentato dalla prova, ma ha desistito per le troppe cose da dire in così poco spazio e poi quella data (1975) così vicina a noi ma anche così irraggiungibile negli studi scolastici, li ha sconsigliati. «Ma che cosa è successo nel 1975?» si è chiesto più di un giovane nato nel 1991. Non è ignoranza, si badi bene, ma la dimostrazione di quanto sia difficile insegnare, ma anche solo studiare, quel maledetto Novecento.
Fonte: «Il Piccolo», 23/06/10.