Il prossimo 10 maggio, a Milano, nella sede del Consiglio Regionale nel Grattacielo Pirelli, sala Pirelli, si svolgerà un convegno in ricordo di Guido Gerosa, per anni vicedirettore de “Il Giorno”, prima ancora direttore di “Epoca”, quindi senatore socialista. Al convegno, dal titolo “Guido Gerosa. L’uomo con la macchina da scrivere”, porteranno il loro contributi i colleghi che lo hanno conosciuto, storici e saggisti. Da Giordano Bruno Guerri a Massimo Fini, da Antonio Ferrari a Massimo Franco, i figli Mario e Alberto Gerosa, con una introduzione dello storico Gianni Oliva che inquadrerà il periodo storico in cui Gerosa ha vissuto e operato.
Il convegno, indetto in occasione del 23mo anno dalla sua morte, avvenuta a Rozzano il 15 febbraio del 1999, è dovuto all’iniziativa dell’Associazione Fiumani Italiani nel Mondo (AFIM) e della Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (Anvgd), con il patrocinio della Regione Lombardia e del comune di Milano che con “Milano memoria” ha già partecipato alla realizzazione di analoghi convegni in ricordo di esuli giuliani come il dalmata Ottavio Missoni, la istriana Diana Bracco della omonima casa farmaceutica, così come farà nel corso di questo stesso anno con una commemorazione del triestino di origine istriana Nereo Rocco.
Gerosa nacque a Fiume il 22 giugno del 1933, figlio di un padre lombardo, Giuseppe, ufficiale di carriera del Regio Esercito di stanza nella città quarnerina, che sposò una donna fiumana “patoca”, come si dice in dialetto fiumano, cioè autoctona da generazioni, Egle Smoquina, appartenente a una importante famiglia dell’alta borghesia mercantile cittadina. Suo nonno Antonio Francesco Smoquina era stato, nel 1882, tra i fondatori della Adria Lines, compagnia di navigazione che, dopo la guerra, nel 1945, con Fiume passata alla Jugoslavia, sarebbe stata espropriata, nazionalizzata e aggregata con altre compagnie locali nella statale – mutatis mutandis – Jadrolinija, attualmente ancora in servizio.
Purtroppo, la signora Egle morì quando Guido aveva solo sei anni, per cui fu cresciuto dai nonni materni nel “palazzo avito” al civico 13 di Via XXX Ottobre (oggi Frane Supilo): di fronte al Palazzo del Governatore, in cima a quella gradinata che Guido, grande appassionato di cinema, avrebbe ribattezzato “scalinata del Potemkin“. A riguardo, c’è da dire che fin da quando frequentava il liceo a Como, Guido Gerosa ha sentito una precoce passione per il cinema, interesse che ha coltivato tutta la vita.
Non a caso, le sue prime prove come giornalista sono recensioni di film e saggi su autori e registi, spesso con intuizioni lungimiranti che hanno anticipato di molti anni certe riscoperte della critica, come per esempio la precoce analisi dei film di Ferdinando Maria Poggioli nel libro “Da Giarabub a Salò”, pubblicato nel 1963 dalle edizioni di Cinema Nuovo. Negli anni ‘50 e ‘60 Gerosa, vincitore del prestigioso Premio Pasinetti-Cinema Nuovo, pubblica un gran numero di saggi sulle riviste più autorevoli del settore, da Cinema a Bianco e Nero, dalla Rassegna del film a Schermi (dove è stato redattore), affiancando il suo nome a quello dei più importanti critici e studiosi, da Guido Aristarco a Luigi Chiarini a Morando Morandini, di cui è stato il vice per le critiche cinematografiche su La Notte. Non a caso, è di prossima uscita un libro di Guido Gerosa, curato dal figlio Mario, intitolato “Rincorsa alle ombre. Scritti di cinema”, in due volumi editi da Falsopiano.
Tornando ai ricordi fiumani, il nostro Guido ricorderà molto più tardi, anche, che la persona che più lo formò intellettualmente fu il nonno materno, Mario Smoquina: “Finanzrat“, ovvero “responsabile finanziario” ai tempi del Regno d’Ungheria e Impero austro-ungarico, e anche esperto di storia locale e, in particolare, di numismatica (ancora oggi è facile reperire i suoi articoli nella Rivista Italiana di Numismatica). Il 16 maggio del 1943 Guido ricevette i sacramenti della Prima Comunione e della Cresima – tutti e due nello stesso giorno, come si era soliti fare a quel tempo – dal ben noto Don Luigi Torcoletti, parroco dell’Assunta. Sempre a Fiume Guido completò le elementari.
Il 2 marzo del 1944, ormai undicenne seguirà il padre, lasciando Fiume, per non tornarci mai più. Una decisione questa che è stata presa, non solo da Guido, ma da non pochi esuli fiumani, in ragione dei forti e dolorosi legami che li univano alla città, nel suo caso la città della sua compianta e indimenticabile mamma, ma anche all’amato nonno, morto nel marzo del ’45… una notizia che la nonna gli terrà nascosta fino al 1947. Di Fiume ha scritto pure poco, fatta eccezione di un articolo “Fiume di sangue” sull’impresa dannunziana e la Carta del Carnaro, articolo apparso sulla rivista Historica, edita all’epoca da Cino del Duca.
Per il resto la sua vita si è svolta altrove, in Lombardia, a Proserpio in Brianza, dove, a Erba, fece le scuole medie e, quindi, a Como, dove frequentò il liceo, prima di laurearsi in Giurisprudenza a Milano, città dove si stabilì e si sposò con Adelaide, dalla quale ebbe due figli, Mario nato nel 1963 e Alberto nato nel 1974, entrambi giornalisti, sulle orme del papà.
Guido Gerosa iniziò la sua carriera presso il quotidiano “La provincia” (di Como), per poi passare, nel 1952 a “La Notte”, importante quotidiano del pomeriggio, fino a diventare nel 1964 corrispondente dagli Stati Uniti di “Epoca” (con interviste a Bob Kennedy e a Martin Luther King), rivista di cui sarà anche direttore. Nel 1968 Enzo Biagi lo assunse a “L’Europeo”, che a un certo momento lasciò per “Gente”, dal quale fece poi il salto, come vice-direttore, a “Il Giorno”, dove restò fino al 1994, incarico che mantenne anche quando, nel 1987, fu eletto senatore nelle file del Partito Socialista.
Anche per l’importanza che la sua persona ha avuto in vita, caratterizzata per altro dalla pubblicazione di molti libri, da “La tragedia di Dallas” a “I missili a Cuba”, entrambi editi da Mondadori, a “Craxi, il potere e la stampa” edito da Sperling&Kupfer a “Napoleone. Un rivoluzionario alla conquista di un impero”, fino all’ultimo “Il re Solo. Vita privata e pubblica di Luigi XIV”, pubblicato come l’altro da Mondadori nel 1998. Mi si conceda l’occasione per ricordare come io ho conosciuto Guido Gerosa. É stato nel 1981, all’uscita del mio romanzo d’esordio “Massacro per un presidente”, edito da Mondadori.
Il romanzo, una spy-story ambientata all’epoca del terrorismo brigatista, racconta una storia ricca di colpi di scena ed ha per protagonisti due esuli giuliani, il dalmata colonnello Nereo Dolcich, dei servizi segreti italiani, e il fiumano Raul Radossi, un anarchico, che ben si conoscono per essere entrambi vissuti nella stessa comunità di esuli giuliani di Roma, motivo questo che li condurrà ad allearsi per scoprire chi è che, all’interno dello Stato italiano, tra politici ambiziosi e servizi segreti deviati, strumentalizza il terrorismo per meri fini di potere. E proprio perché, in questo contesto, non poco risalto avranno le origini dei protagonisti, mi trovai a mandare copia del romanzo a Guido Gerosa, che sapevo essere nato a Fiume.
Naturalmente accompagnai il libro con una dedica e una lettera di accompagnamento, alla quale mi rispose in termini molto affettuosi, così da dare inizio a un’amicizia che si sarebbe protratta fino al giorno della sua morte, il 15 febbraio del 1999. Questa una parte significativa della sua lettera.
“Carissimo Zandel, mi ero già ripromesso di scriverti, perché, dalla tua affettuosa e graditissima dedica, avevo visto che abbiamo radici comuni. Io sono, come te e come il protagonista del tuo romanzo, di Fiume: anzi sono profugo fiumano, perché, nato in quella città deliziosamente asburgica e mitteleuropea nel 1933, ne sono fuggito ragazzo, per il rincrudirsi dei bombardamenti (che distrussero poi il palazzo avito: ohimè, è proprio così, e oggi sono povero), il 2 marzo 1944. Non sono poi mai più tornato nella terra natìa, pensa.”
D’allora ci incontrammo più volte, anzi, conservo ancora una cravatta della quale mi fece dono, un giorno che andai a trovarlo al Senato. L’ultima volta che ci vedemmo fu, dietro suo invito, una sera, dopo cena, in un albergo a Milano, dove mi trovavo per lavoro, alla presentazione di un libro di Giorgio Pisanò, che era stato senatore nella stessa decima legislatura in cui era stato eletto Gerosa, noto soprattutto per essere stato direttore de “Il Candido”, il settimanale che fu di Giovannino Guerreschi.
Ricordo che quella sera parlammo ancora di Fiume, diventata inopinatamente croata. E’ il destino delle città di frontiera cambiare ogni tanti anni appartenenza, considerando che entrambi i nostri nonni ci avevano vissuto, solo meno di cento anni prima, quand’era ungherese e poi italiana. Ci chiedemmo, anche, scherzando, quale destino ancora il futuro le riservasse. Certe città, più di altre, hanno molte vite, tanto da essere davvero uniche. Ma, anche, per dare i natali a personalità uniche come Guido Gerosa.
Diego Zandel
Fonte: L’Incontro – 08/05/2023