Scritto da Ilaria Rocchi
ZAGABRIA – Una scrittura affascinante e coinvolgente, quella di Predrag Matvejevi?, una delle voci più alte e più lucide della nostra Europa, una voce che si è sempre levata parlando di libertà e tolleranza, che non ha risparmiato righe quando si è trattato di scrivere sui crimini commessi nell’ex Jugoslavia, sulle foibe – e ciò mentre viveva ancora nell’ex federazione, quando a Roma se ne discuteva raramente e non abbastanza –, sul calvario dell’Isola Calva, che ha visto vittime molti comunisti, jugoslavi e italiani che erano più vicini a Stalin e Togliatti che al “revisionismo” di Tito; ha affrontato anche la sofferenza degli esuli e lo ha fatto in Jugoslavia, dove probabilmente era più difficile discutere sull’argomento che in Italia. Ma non solo: Matvejevi? ha presentato diversi scrittori di queste terre, quelli costretti ad andare via e quelli che sono rimasti, tra cui Marisa Madieri, Anna Maria Mori, Nelida Milani, Diego Zandel, Claudio Ugussi, Giacomo Scotti, ecc. E non si possono dimenticare i numerosi articoli pubblicati sulla stampa delle Comunità Nazionale Italiana, poco conosciuta in Italia, così da poterla appoggiare, desiderando che fosse meno sola e meno esposta. «E anche loro mi hanno appoggiato quando decisi di andarmene», riconosce oggi Predrag Matvejevi?, che qualche mese fa ha lasciato l’Italia trasferendosi a Zagabria, continuando però a mantenere intensi rapporti con istituzioni ed enti italiani, dove svolge seminari e conferenze.
Matvejevi? ha lasciato l’evanescente Jugoslavia e la nascente Croazia all’inizio degli anni Novanta, prendendo – come dice il titolo di uno dei suoi libri: la posizione “fra asilo ed esilio” – non un asilo ufficiale né un esilio forzato, ma la scomoda posizione di “fra” le due, proprio in questo “fra”… È rimasto 14 anni in Italia, invitato “per chiara fama” alla Sapienza di Roma al Dipartimento di Slavistica. Ha pubblicato una decina di libri tradotti in italiano. Il suo Breviario Mediterraneo (tradotto da Garzanti) ha avuto dieci edizioni, L’Altra Venezia ha vinto il premio “Strega europeo”, le università di Trieste e di Genova hanno dato a Matvejevi? lauree “honoris causa”.
Su proposta dei massimi intellettuali e scrittori italiani, preceduti da Claudio Magris, ha avuto la cittadinanza italiana durante il mandato del Presidente Scalfaro (conservando anche quella croata). Il Presidente Napolitano gli ha conferito l’onorificenza di Commendatore (lo ha decorato con la “Stella della solidarietà italiana”). Al suo rientro in Croazia, Matvejevi? è stato accolto con parole affettuose da alcuni scrittori e intellettuali della CNI, tra cui il deputato al Sabor croato e presidente dell’Unione Italiana, Furio Radin, il presidente della Giunta esecutiva dell’UI, Maurizio Tremul, il pittore e poeta Claudio Ugussi, l’amico e collega Giacomo Scotti.
Ha parlato di noi
«Predrag Matvejevi?, scrittore e uomo di cultura tra i massimi in Croazia, ha difeso da sempre i diritti della comunità italiana del Quarnero e della Dalmazia, ha contribuito alla tutela della nostra identità italiana con i suoi scritti e la sua parola, lasciando una traccia profonda nella nostra etnia, nella società croata e nei rapporti tra l’Italia e la Croazia. Gli articoli che Matvejevi? ha pubblicato su «Panorama», «La Voce del Popolo» e «La battana» parlano dei problemi di noi rimasti, ma anche dell’esodo e delle foibe. Di riscontro, noi l’abbiamo difeso dagli attacchi dei nazionalisti croati che lo perseguitavano per le sue opinioni», afferma l’onorevole Furio Radin, rilevando l’amicizia che ha sempre coltivato nei nostri confronti. Il deputato al Sabor croato della CNI ritiene sia importante oggi appoggiare lo scrittore, non soltanto per il suo contributo alla cultura italiana e alla tutela della CNI, ma anche «per quanto potrà ancora dare per l’amicizia e la collaborazione tra i due popoli e i due Stati».
Sensibilità e impegno
«Non sono numerosi gli intellettuali dell’ex Jugoslavia e dell’odierna Croazia che hanno aiutato la Comunità Nazionale Italiana sul territorio istro-quarnerino con l’assiduità e l’impegno espressi dal noto scrittore Predrag Matvejevi? – dice Maurizio Tremul –. È stato tra i primi a mettere apertamente in luce le difficoltà incontrate dagli Italiani rimasti in Istria e nel Quarnero dopo la Seconda guerra mondiale, a evidenziarne le persecuzioni, a denunciarne le vendette subite. Gli Italiani dell’Istria e di Fiume lo hanno amato e considerato come uno di loro ed hanno cercato, a loro volta, di difenderlo quando è stato attaccato dai nazionalisti della propria nazione. I testi saggistici e letterari di Predrag Matvejevi?, largamente tradotti in italiano, sono stati e sono una mano di fraternità e di amicizia tesa alla Comunità Nazionale Italiana». «I suoi numerosi libri, tradotti in italiano – sottolinea ancora Tremul – appartengono sia alla cultura slava che a quella italiana ed europea».
Contatti con l’Istria
«Ho conosciuto Predrag Matvejevi? quando, studenti alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Zagabria, negli anni Cinquanta, partecipavamo alle lezioni e ai seminari di lingua e letteratura italiana. Di quegli incontri mi è rimasto impresso il suo intenso impegno nello studio e la sua smania di sapere che già allora rivelava una sua peculiarità: il puntiglio nell’approfondire la ricerca e l’onestà intellettuale che gli impediva di soggiacere a qualsiasi tentativo di mistificazione della difficile realtà storica nella quale stavamo vivendo – ricorda Claudio Ugussi, pittore e poeta –. Quando era venuto da Sarajevo a Zagabria, Matvejevi? aveva già una buona conoscenza dell’italiano e una gran voglia di comunicare con noi e d’intrecciare le prime amicizie. Per questo motivo, terminati gli studi, ha sempre mantenuto i contatti con l’Istria e con il Quarnero con viva partecipazione agli eventi culturali e con lezioni pubbliche sulla letteratura italiana contemporanea, e ciò proprio in un periodo quando i rapporti tra Italia e Jugoslavia non erano del tutto rosei. Ma anche nei contatti umani ci fu sempre vicino cercando di aiutare gli studenti della nostra minoranza. La casa di Matvejevi? a Roma era diventata una sorta di rappresentanza culturale e un punto di riferimento per gli intellettuali fuorusciti della ex Jugoslavia, specie dalla Bosnia. Pure io, come del resto altri nostri connazionali, ho goduto della sua ospitalità in occasione delle ‘Giornate romane degli scrittori della Croazia’ – prosegue Ugussi –. Adesso Predrag è nuovamente qui tra di noi, a Zagabria, per continuare la sua collaborazione con gli esponenti della nostra cultura, per la quale ha il massimo rispetto e considerazione, per cui possiamo ormai considerarlo come appartenente al nostro mondo».
I mattini romani
Rievoca una parte della “vicenda romana” anche Giacomo Scotti.«“Tutte le volte che negli ultimi quindici e più anni sono capitato a Roma non ho mai messo piede in albergo (eccetto le poche volte in cui ero ospite ufficiale di istituzioni per convegni o congressi). Predrag Matvejevi? si sarebbe offeso. Il mio ‘albergo’ romano era la sua casa in via Andreoli 2, non molto distante da piazza Mazzini, nel quartiere dei Prati. In quella sua casa, fra libri e conversazioni, ho trovato innumerevoli tracce del passaggio di altri amici, scrittori e artisti, per lo più croati e serbi in Croazia, di Bosnia e di Serbia, anche sloveni e di altre etnie dell’ex Jugoslavia. Compreso qualche italiano dell’Istria e di Fiume.
L’abitazione di Matvejevi? era un rifugio caldo e accogliente per tutti gli amici. Ogni volta che ci sono stato ho trovato in Predrag non soltanto un uomo col cuore in mano, ma anche un ottimo cicerone. Soleva trascinarmi con lui per le vie di quel quartiere romano che conosceva come le sue tasche – ma non soltanto quello – parlandomi con affetto e rispetto dei romani e degli italiani in genere, dei monumenti, della storia e della cultura di Roma e dell’Italia», afferma il giornalista e scrittore di Fiume. «Qualcosa in particolare mi stupì e mi commosse la prima volta. Lungo quel breve tragitto Matvejevi? non mancava mai di fermarsi davanti a un ragazzo dal volto color del rame che tendeva la mano nella quale stringeva e porgeva un berretto nero. Il professore vi lasciava cadere immancabilmente una moneta da uno o due euro. Per il pane, diceva. E quando Matvejevi? dice o scrive pane allude all’esistenza dell’uomo. Cinquanta metri più avanti, un’altra sosta: ad allungare il braccio elemosinando, era una donna: la madre del ragazzo incontrato poco prima, mi spiegava lo scrittore, che li conosceva da lungo tempo. Anche a lei Predrag lasciava qualche euro. Ma la storia non finiva lì. Ogni venti o trenta metri era in agguato un mendicante; e tutti, accogliendo con un sorriso il loro vecchio conoscente, allungavano la mano nella certezza di non essere respinti.
Da piazza Mazzini il professore scrittore raggiungeva via Ferrari dove, finalmente, prendeva il metrò Lepanto. La sua giornata cominciava così, incontrando i ragazzi Rom provenienti dalla Serbia, dalla Romania e dalla Bulgaria. Erano bene organizzati; sapevano di non attendere inutilmente, aspettavano all’ora giusta l’uomo giusto, Predrag Matvejevi?, del quale certamente non avevano letto né, probabilmente, leggeranno mai un libro, ignorando che quell’uomo buono è uno scrittore che ha scritto con amore anche di loro», conclude Scotti.
Tra asilo ed esilio
Nato a Mostar (Bosnia-Erzegovina) da madre croata e padre russo, Predrag Matvejevi? è stato docente di Letteratura Francese all’Università di Zagabria e di Letterature comparate alla Sorbona di Parigi (Nouvelle Sorbonne-Paris III). È emigrato all’inizio della guerra nella ex-Jugoslavia scegliendo una posizione “tra asilo ed esilio”: ha vissuto dal 1991 al 1994 in Francia, dal 1994 lavora in Italia. Attualmente è professore ordinario di Slavistica all’Università la Sapienza di Roma, nominato “per chiara fama”. Tra i suoi libri, tradotti in varie lingue, i più noti in Italia sono: Epistolario dell’altra Europa (ed. Garzanti 1992), in difesa dei diritti dell’uomo e, in particolare, degli intellettuali dissidenti di numerosi paesi dell’Est perseguitati dal potere (Sacharov, Havel, Kundera, Mandelstam, Gotovac, Solženicyn, Brodskij, Sinjavskij, ecc.). Per queste “lettere aperte”, scritte in nome di “un socialismo dal volto umano”, in maniera di un Herzen o di un Gogol del ventesimo secolo, fu attaccato dalle istituzioni ufficiali e proclamato lui stesso “dissidente”. Breviario Mediterraneo (prima ed. it. 1988, ripubblicato in 10 edizioni da Garzanti, di cui l’ultima, del 2004, rivista ed ampliata) è il libro, tradotto in più di venti lingue, che ricostruisce in modo narrativo la storia “geopolitica” del Mediterraneo e dei paesi che vi si affacciano: considerato dalla critica come un «saggio poetico», un «poema in prosa», un «diario di bordo» o un «romanzo sui luoghi», «un libro geniale, fulminante, inatteso» secondo Claudio Magris, un «gaia scienza» secondo lo stesso autore, questa opera è tradotta in una ventina di lingue.
Fonte: «La Voce del Popolo», 07/12/09.