Scritto da «Il Piccolo», 25/07/10
L’unico «tavolo per tutti» è l’Istituto regionale della cultura istriana (Irci), nato su impulso della Regione nel 1983 per occuparsi appunto, scientificamente, di cultura. Direttore è Piero Delbello, presidente (dopo i due lunghi mandati di Silvio Delbello) è da un anno l’ex rettore Lucio Delcaro. Soci sono tutte le associazioni ufficiali e culturali degli esuli e degli italiani in Istria, più gli enti locali. Il finanziamento è della Regione (che di recente ha tagliato 55 mila euro al contributo di 190 mila, mettendo a rischio molte cose) e del ministero degli Esteri, da tutti concordemente definito «attento» alla questione istriana sui vari fronti. Ma la più importante realizzazione naviga adesso in terreni «ambigui», come li definisce Delbello. È il Museo della civiltà istriana, fiumana e dalmata di via Torino, non ancora allestito, se non per parziali segni: un piano sulla cultura agricola, un altro in allestimento sulla cultura «alta» con quadri, documenti e libri anche antichi, oltre alle vignette di José e Kollman. «Non dovrà essere il museo dell’esodo, ma la storia di una civiltà» dice Delbello, che peraltro a Padriciano, all’ex campo profughi, ha costruito il «museo etnologico». Ma le risorse per fare di via Torino ciò che è negli intenti semplicemente mancano. L’Irci ha una ricca biblioteca, e l’archivio di Pier Antonio Quarantotti Gambini. Un archivio di preziosi documenti ha l’Anvgd a Roma. L’Unione degli istriani ha in palazzo Tonello un archivio riconosciuto dal ministero degli Esteri e vincolato dalla Soprintendenza. A Venezia il Libero comune di Zara nella ristrutturata Scuola di San Giorgio dei Grifoni ha un altro archivio con biblioteca (12 mila titoli). Un patrimonio che è testimone dell’enorme e costante lavoro per conservare identità e conoscenza a chi si considera «gente, ma senza terra». (g.z.)