Scritto da Francesca Lughi
lunedì 09 giugno 2014
L’esodo giuliano-dalmata nella letteratura. Atti del Convegno internazionale (Trieste, 28 febbraio – 1 marzo 2013), a cura di G. BARONI – C. BENUSSI, Pisa-Roma, Fabrizio Serra editore, 2014, pp. 440 Esiste una letteratura dell’esodo? – Tale era il quesito espresso ancora nel 1990 su «La battana».
La risposta è affermativa: il filone, ormai curato e valorizzato, ha trovato espressione nel Convegno, di cui il volume raccoglie gli Atti, incentrandosi appunto su quella letteratura che ha tratto dall’esodo la propria fonte d’ispirazione. L’ampiezza della tragedia, e il lungo silenzio che l’ha seguita come un’ombra, hanno contribuito a dare profondamente voce a tanti, tra cui molti che si sono accostati per la prima volta a una tematica assolutamente originale. Le vicende dell’Adriatico Orientale si intrecciano e confondono nei percorsi disaminati da critici ed esegeti italiani e internazionali conducendo a spunti e analisi interdisciplinari. Gli interventi, pur avendo trattato soltanto di una parte delle opere e degli autori, confermano la rilevanza quantitativa e qualitativa della letteratura sull’esodo giuliano-dalmata e anche l’interesse precipuo degli studiosi per un tema praticamente censurato sino a non molto tempo fa.
Il popolo adriatico si è impegnato a raccontare le proprie traversie. Dall’anelito di tutto un mondo già scomparso che rischia di sbiadire, dall’incubo dei sopravvissuti, sono scaturiti poesie, canti, racconti, romanzi, memorie, con altri differenti generi di espressione artistica. Si tratta di scrittrici e scrittori, di poeti e narratori – basti tra questi citare ora il Biagio Marin delle Elegie istriane e ancora fra i più celebri la Mori e poi il Tomizza o il Quarantotti Gambini – che hanno rievocato i sentimenti, le passioni e gli avvenimenti della diaspora istriana e dalmata.
Voci che, sarà bene ricordarlo, hanno spesso patito per quasi mezzo secolo un’ingiustificata mancanza di considerazione e che gli autori dei saggi di approfondimento ci restituiscono nelle pagine di questi Atti con una freschezza e una sapiente opera di approfondimento che quasi sorprendono il lettore, grazie ai tanti accenti, così pregnanti, di indipendenza intellettuale e coerenza espressi dai soggetti dei vari approfondimenti. Da notare è pure un focus particolare legato alla produzione della poetessa Lina Galli, nel ventennale della scomparsa. L’analisi dei testi letterari, condotta da molti studiosi con varietà di metodi e approcci, rivela il valore oggettivo di una produzione importante e ancora non conchiusa. Vi si ravvisano già nomi di rilievo e nel fondo una sorta di comunanza: il tono di una dimensione dell’anima in cui sembra continuare l’esistenza di questi esuli. Figli senza colpa di una terra che hanno dovuto lasciare con naturale, umano rimpianto e che sanno narrare con vivido realismo.