Scritto da Mauro Manzin, «Il Piccolo», 16/05/14
venerdì 16 maggio 2014
TRIESTE – Il sistema ferroviario della Slovenia è al collasso. Il colpo alla nuca lo ha dato il gelicidio che ha distrutto la rete elettrica sulle principali tratte di comunicazione. Al punto che le Ferrovie sono costrette a rifiutare l’allestimento di convogli merci con una perdita secca di 1,5 milioni di euro al mese pari a 20 milioni l’anno. Dal gelicidio (febbraio scorso) a oggi sono state perse già qualcosa come 700mila tonnellate di merce. Il treno passeggeri tra Lubiana e Capodistria è stato soppresso, i treni merci viaggiano oramai con 10 ore di ritardo e il Porto di Capodistria non sa che pesci pigliare. A fornire il desolante quadro del sistema della logistica in Slovenia è stata una tavola rotonda organizzata dal Propeler club di Capodistria, cui il Delo di Lubiana ha dedicato grande spazio. La spina dorsale della rete ferroviaria è ovviamente la tratta che da Capodistria arriva a Jesenice (Nord) per poi collegarsi con il sistema austriaco. Ebbene in un percorso lungo circa 150 chilometri le Ferrovie slovene devono cambiare per tre vole la locomotica a Pivka, a Borovnica e a Lubiana il che determina un aggravio di tempo che sfiora le due ore.
Nei cento chilometri di linea che collega Capodistri a Lubiana ogni convoglio deve “attraversare” dieci passaggi a livello dove la velocità vari a dai 10 ai 40 chilometri all’ora. Passaggi dove ogni giorno transitano almeno dieci convogli con materiale pericoloso. Ogni anno, inoltre, si dovrebbero “rigenerare” 30 chilometri di rotaie, invece si riesce a malapena a toccare quota 10 chilometri. Il ritardo medio dei merci ad aprile è stato di dieci ore, ha spiegato il rappresentante dell’operatore di logistica Adria Kombi, Rok Svetek, al punto che molti operatori stanno cercando “rotte” alternative per instradare la merce sui mercati dell’Europa centrale. Decisamente nero anche lo scenario dipinto dal direttore della Ferrovia slovene, Dušan Mes. Egli ha spiegato che attualmente si sta operando al massimo, sull’orlo della sicurezza del traffico. Quasi tutte le linee sono a binario unico per cui basta un piccolo movimento franoso o, nella peggiore delle ipotesi, un incidente, che tutto il traffico si blocca. Attraverso l’Italia, ha detto ancora Mes, possono transitare solo alcuni convogli e certamente non settanta come pretende il Porto di Capodistria. Il direttore delle Ferrovie slovene è convinto che un’opera come il raddoppio della tratta Capodistria-Divaccia in Austria verrebbe realizzato al massimo in 4 anni ed è altresì sicuro che il non dare corso a questa infrastruttura costerà all’economia slovena un conto molto più salato. Intanto Luka Koper, la società che gestisce lo scalo di Capodistria, ha già in tasca numerosi progetti per incrementare i traffici.
Sono pronti, come ha illustrato il vicepresidente amministrativo della società, Andraž Novak, 80 milioni di euro per ingrandire il terminal contenitori puntando a un incremento di 50mila teu all’anno. Pronto anche il progetto, concessioni edilizie incluse, per la costruzione del nuovo accesso viario al porto. Ma sbarcati i container, o le merci imbarcati sulle navi all’attracco che che ci si trova di fronte a un vero e proprio cul de sac. Ma anche dopo l’ampliamento dei fondali a 14 metri Capodistria non potrà accogliere le cosiddette super portacontainer per cui resterà ancora più a buon prezzo fare sei giorni di navigazione in più per sbarcare a Rotterdam o ad Amburgo piuttosto che a Capodistria. E il governo? Tace. A parlare solo l’ex ministro dei Trasporti, Marko Pavliha il quale come suggerimento incita la società civile a protestare davanti al Parlamento di Lubiana. Decisamente una gran visione di sistema.