Il Giorno del Ricordo, istituito secondo la legge 30 marzo 2004, n. 92, è stato nell’anno corrente celebrato a settant’anni di distanza da quel Trattato di Pace da cui l’istituzione della legge prende spunto. Numerose sono state le testimonianze di vicinanza e di sensibilità nei confronti di una pagina del nostro passato italiano che solo recentemente, ma unanimemente, la storiografia ha voluto restituirci.
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ben evidenziato come il dramma dell’esodo e delle foibe sia un’espressione degli orrori del secolo trascorso, auspicando la corretta condivisione della lettura storica a fini riconciliatori: «L’Europa della pace, della democrazia, della libertà, del rispetto delle identità culturali, è stata la grande risposta agli orrori del Novecento […]Le cicatrici dei feroci crimini nella Seconda Guerra Mondiale, che nel dopoguerra si tradussero anche in una strage di italiani, e che si accompagnarono alle sofferenze di decine di migliaia di famiglie costrette ad abbandonare case e lavoro nella zona di Trieste, in Istria, a Fiume e nelle coste dalmate, costituiscono parte della nostra storia.» Il Presidente Mattarella ha poi riconosciuto il ruolo delle Associazioni degli esuli giuliano-dalmati: «Reiterare la memoria di quei fatti, contribuire ad una lettura storica corretta e condivisa è il contributo prezioso di tante associazioni degli esuli e delle comunità giuliano-dalmate e istriane, base di una autentica riconciliazione che allontani per sempre la sofferenza delle spaventose violenze del passato, delle criminali pulizie etniche, dei lutti indelebilmente impressi nelle nostre comunità», e ha ricevuto il giorno 15 febbraio al Palazzo del Quirinale un delegazione delle Associazioni.
Il Presidente del Senato della Repubblica, Pietro Grasso, ha specificato che «La tragedia delle foibe, il dramma degli esuli, sono pagine tristissime del nostro passato che sono ancora dolorose, ferite che non possono rimarginarsi completamente.»
Il Presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, ha dichiarato in Aula che «questa legge – approvata dal Parlamento con decisione pressoché unanime – rappresenta un atto di giustizia rispetto a quella che è stata definita “la congiura del silenzio” su una tragedia che ha riguardato migliaia di vittime delle autorità comuniste jugoslave e tutti coloro che, vivi ma sradicati dalle proprie terre, dovettero affrontare il dramma dell’esodo, in un contesto storico in cui agli orrori della guerra e dei totalitarismi si unirono anche il radicalismo ideologico e l’intolleranza etnica. La scelta del Parlamento di non dimenticare non deve avere un valore astrattamente celebrativo, ma deve piuttosto tradursi nell’impegno concreto a tramandare, contro ogni negazionismo, in particolare alle giovani generazioni, la verità su quei terribili eventi della nostra storia recente.»
Nella celebrazione alla Camera dei Deputati Davide Rossi, di Coordinamento Adriatico, ha tratteggiato le conseguenze del Trattato di pace, ricordando che «il prezzo maggiore del carattere punitivo comminato all’Italia intera fu pagato proprio dagli italiani del confine orientale, che dopo aver patito le violenze delle foibe e delle deportazioni […], quindi con l’esilio, infine con la beffa dei beni nazionalizzati e utilizzati dallo Stato italiano per pagare il debito di guerra con Belgrado, con le promesse di un equo indennizzo la cui attesa dura tutt’ora, lasciando aperta una ferita mai rimarginata.»
Nonostante la convergenza di tutti gli organi istituzionali verso un’interpretazione ormai accettata e condivisa, è corretto in ogni caso segnalare che non siano mancati dei sporadici e ombrati tentativi di contrapporsi a questa, comunque ben messi in secondo piano dall’acquisita chiarezza storica.
Francesco Palazzo, 4 marzo 2107