Scritto da Rosanna Turcinovich Giuricin, «La Voce del Popolo», 17/05/11
ROMA – Una veste grafica “normale” per un libro “speciale”. Copertina verde di carta lucida con lo stemma dell’editore, la Società Dalmata di Storia Patria, e un titolo asciutto: “Antonio Bajamonti e Spalato”. L’autore è Duško Ke?kemet, il testo originale è uscito a Spalato nel 2007 ed ora viene presentato nella traduzione in lingua italiana di Bedalov-Gloria, per la revisione dei testi e redazione di Franco Luxardo e Luciano Monzali, che firmano anche l’introduzione e la presentazione. Ma oltre questa didascalica premessa, va detto che nelle quasi quattrocento pagine del volume, si dipana un affascinante viaggio nella Dalmazia di Antonio Bajamonti, podestà di Spalato dal 1860 al 1880.
Non è la prima volta che la storia della Dalmazia ci arriva con un respiro ampio a ribadire concetti spesso dimenticati: questa terra è stata laboratorio di rapporti, fucina di idee, anticipatrice del moderno concetto d’Europa in un’epoca in cui le chiusure dettate dalla nascita dell’idea di nazione avrebbero portato al fenomeno tragico dei nazionalismi. Impossibile che in una tale società e spinte del momento potesse affermarsi la visione straordinaria di Bajamonti, eppure questa rimane come seme di un albero che più di un secolo dopo avrebbe iniziato a mettere radici, foglie, fiori e frutti, nella moderna concezione dell’Europa. Non è un caso che anticipatori di quest’idea si siano sviluppati in mondi di contatto come quelli espressi dall’Adriatico orientale, dove le diversità imponevano in modo naturale, o la ricchezza del confronto e dell’accettazione dell’altro o la contrapposizione netta con tutte le tragiche conseguenze del caso.
Oggi sappiamo che la violenza ha prevalso sul buon senso auspicato da personaggi come Bajamonti, e non solo. Oggi è giusto parlarne come di anticipatori di un mondo che ha avuto bisogno di colpi e contraccolpi e di milioni di morti per trovare la propria strada. Eppure, nonostante questa consapevolezza, resistono sacche di resistenza a leggere la vicenda in tutta la sua positività. L’italianità di Bajamonti, per molti storici croati, è una ragione sufficiente a relegarlo ad un ruolo marginale, spesso reso con toni molto negativi.
Da qui l’importanza dell’opera meritoria svolta da Ke?kemet, che Luxardo definisce: «…uno dei principali intellettuali della Spalato odierna e per lunghi anni direttore del suo Museo Civico. La Società Dalmata di Storia Patria gli è grata per l’obiettività con cui ha trattato l’argomento e per l’ampia ed accurata documentazione». Con un auspicio – rileva ancora Luxardo – «che l’esempio di una capitano coraggioso quale Antonio Bajamonti possa stimolare il sorgere di suoi pari nel’euro-regione che gravita sull’Adriatico».
L’importanza del lavoro svolto da Ke?kemet, è bene evidenziata nell’analisi che dell’opera compie Luciano Monzali, storico, grande conoscitore della storia dalmata che ha raccontato in alcuni libri di grande successo, caratterizzati dall’estrema chiarezza e da approfondimenti stimolanti. Egli, del collega spalatino, scrive: «Ke?kemet studiando Bajamonti si sforza di compiere un’analisi approfondita e documentata della vita sociale, culturale ed economica di Spalato e della Dalmazia centrale nel corso dell’Ottocento. Naturalmente l’autore offre al lettore italiano un punto di vista dalmata croato sulle lotte nazionali della Dalmazia asburgica, ma fa ciò con equilibrio e un’obiettività interpretative che sono rari nella storiografia e nella pubblicistica croata. Il libro di Ke?kemet, quindi, costituisce una lettura obbligata per tutti gli appassionati di storia dalmata».
Ed è lo stesso autore, nella prefazione all’edizione italiana, a confermare che «Bajamonti è stato esaltato come un irredentista italiano antislavo da una parte, e come un nazionalista italiano che desiderava l’annessione della Dalmazia all’Italia». Funzionale per tanto a storiografie contrapposte che hanno tolto al personaggio i suoi reali meriti, che Ke?kemet cerca di riportare a galla in questo libro, a partire dall’incipit che sgombra il campo da ogni dubbio. «Questo non è un libro – scrive l’autore – sul Risorgimento nazionale croato né sul movimento autonomista in Dalmazia. Esso, piuttosto, descrive il ruolo di Antonio Bajamonti nelle lotte fra nazionalisti e autonomisti a Spalato, e, in particolare, l’attività di Antonio Bajamontiquale podestà spalatino dal 1860 al 1880 in campo sociale, urbanistico ed edilizio, il suo contributo allo sviluppo della cultura di Spalato nonché i successi ed i fallimenti in questi ambiti».
Ecco, in poche parole, egli racconta l’uomo con le sue convinzioni e le debolezze. Sottolinea il motto del podestà «Volere e potere», comprensibile in un soggetto nato sotto il segno della Vergine. Interessanti i progetti per lo sviluppo di Spalato, strade, piazze, l’illuminazione a gas, ma anche la tutela del palazzo di Diocleziano e poi la diga, la riva, il teatro e l’acquedotto e di conseguenza le fontane che rendevano bella Spalato. A proposito di quest’impresa, Ke?kemet, così commenta l’odierna situazione: «Spalato ha trascurato le fontane pubbliche, specialmente dopo l’introduzione dell’acqua corrente nelle abitazioni private. Le belle fontane a San Francesco, davanti al Teatro, nonché la più bella, la Fontana monumentale, sono state demolite, e tutte le fontanelle sono state rimosse. È stata a malapena salvata quella nel Parco cittadino. Spalato non possiede nuove fontane, al contrario di altre città di rilievo storico e culturale. Sarebbe necessario un nuovo podestà Bajamonti per idearle, ordinarle ed assicurare i finanziamenti necessari alla loro realizzazione!».
Questo lo spirito del libro, in un continuo gioco di rimando tra passato e presente, per ribadire l’importanza di un personaggio che investì nella città tutte le sue risorse con la caparbietà e la decisione che appartengono alla terra dalmata. Una lettura che entusiasma.