Scritto da Laura Strano
Ma chi ha liberato veramente Trieste dalle truppe naziste? Gli storici ne hanno dibattuto a lungo, tanto che quella della “corsa per Trieste” è stata una delle questioni più discusse, più approfondite nella storia dell’ultima parte della Seconda guerra mondiale in questo lembo d’Italia. Adesso, un gruppo di studiosi ha deciso di mettere a fuoco ancora una volta l’argomento proponendo una raccolta di saggi che si intitola La Resistenza patriottica a Trieste (pagg. 383, euro 20). A curare il volume, che viene distribuito adesso dalla Libreria Editrice Goriziana, sono Lino Felician, Fabio Forti, Vittorio Leschi e Stelio Spadaro. Ad aprire la raccolta di saggi è un corposo e lucidissimo “inquadramento storico” di Marina Cattaruzza, che insegna all’Università di Berna.
Questo volume, in realtà, fa parte di una serie di testi di approfondimento che l’Associazione Volontari della Libertà di Trieste ha voluto realizzare con la Leg per approfondire quegli aspetti della Resistenza vissuti nella Venezia Giulia che, molto spesso, non sono stati messi bene a fuoco dagli storici. Prima, erano usciti L’altra questione di Trieste. Voci italiane della cultura civile giuliana 1943-1955 e La cultura civile della Venezia Giulia. Un’antologia 1905-2005, curati il primo da Patrick Karlsen e Stelio Spadaro, il secondo solo da Spadaro. Sicuramente, nella ”corsa per Trieste”, c’era una parte del Cln, quella non filosovietica, che era pronta a lottare per la liberazione della città, ma anche perché restasse italiana. In quel momento, si sa, anche all’interno del fronte antifascista e antinazista c’erano atteggiamenti diversissimi nei confronti di un’eventuale jugoslavizzazione del capoluogo giuliano. E, proprio per questo, venne a galla una frattura evidente e insanabile tra i protagonisti della Resistenza.
Ritornano così alla memoria, in questo libro, personaggi come Schiffrer, don Marzari, Fonda Savio, Foschiatti, Miani. Figure che Trieste ha dimenticato forse troppo in fretta, e che anche nelle manifestazioni ufficiali in ricordo dei giorni terribili della Resistenza, in generale, non vengono mai portati in primo piano. Ha scritto Paolo Segatti in un articolo, che viene riproposto nel libro: «In quei giorni del ’45, confusi e drammatici, è soltanto negli orientamenti ideali di quegli uomini che possiamo vedere il seme da cui poi germoglierà la spinta al processo di unificazione europea, il rifiuto del nazionalismo razzista, una civiltà giuridica fondata sul principio della tolleranza e del rispetto delle diversità; insomma il complesso di valori e di diritti che ha esercitato un forte potere di attrazione sui popoli che si sono liberati dal comunismo».
Fonte: «Il Piccolo», 26/06/09.