Venerdì 12 aprile 2024 l’Università degli Studi di Trieste, nell’ambito delle manifestazioni dedicate ai suoi primi 100 anni di attività accademica, ha conferito la Laurea magistrale Honoris Causa in Giurisprudenza al Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella ed all’ex Presidente della Repubblica di Slovenia Borut Pahor per aver “saputo coraggiosamente ripudiare la prospettiva angusta dell’egoismo nazionalistico, per perseguire invece una politica di riconciliazione, retta sulla creazione e sul consolidamento di spazi e di simboli dedicati alla memoria collettiva, quale fondamento di autentica pace tra i popoli. Due statisti che hanno interpretato l’amor di patria in una dimensione europea alta, così contribuendo a trasformare la frontiera adriatica, da territorio di aspro conflitto etnico e culturale, ad area di dialogo, di cooperazione e di amicizia, nella comune coscienza dei diritti umani e nella luce delle libertà democratiche”.
Ecco la Lectio Magistralis che ha tenuto l’ex Presidente Pahor.
Signor Presidente,
Signor Sindaco,
Magnifico Rettore,
Docenti e studenti,
Eccellenze,
Signore e signori,
sono lieto e orgoglioso di ricevere l’alto riconoscimento dell’Università degli Studi di Trieste che ringrazio sinceramente e di tutto cuore per l’onore che ha voluto tributarmi. Risulta particolarmente importante per me la motivazione scelta e il fatto stesso di ricevere questo alto riconoscimento assieme all’amico, il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella, conferisce all’occasione un’aura e una magia del tutto particolari. Sono pervaso da un sentimento di grande gioia e accolgo questo riconoscimento con sincera umiltà, poiché sono consapevole che i successi conseguiti in veste di statista e rivolti alla promozione della riconciliazione, della convivenza, dei rapporti di buon vicinato e dell’amicizia all’insegna dello spirito europeo, si fondano sull’operato di numerose generazioni di patrioti democratici sloveni e italiani. L’attuale promettente clima di comprensione e rispetto tra sloveni e italiani poggia sulle loro possenti spalle. È a loro che in questo momento va la mia sincera gratitudine e ammirazione.
Signore e signori,
questa solenne occasione è per me un momento favoloso, quasi magico, poiché l’alto riconoscimento mi viene conferito congiuntamente all’amico e Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella. Senza il suo fermo attaccamento ai valori che condividiamo, senza la sua ampiezza intellettuale e politica, senza la sua innata cordialità che ispira grande fiducia, le mie e le nostre conquiste non sarebbero state possibili. A tal proposito mi sia concesso osservare e ribadire con modestia che, da soli, raramente raggiungiamo grandi traguardi. Mentre insieme, uniti nelle stesse aspirazioni, missioni e valori, siamo in grado di realizzare grandi cose, incredibilmente belle, per l’intera comunità. Questa consapevolezza dell’imprescindibile ruolo della reciprocità mi ha sempre spronato a trovare ciò che ci unisce e a comprendere rispettosamente ciò che ci separa. Nel calore umano del Presidente Mattarella, durante gli anni della nostra collaborazione a livello politico e personale, ho sempre trovato un rifugio sicuro per i miei sogni più audaci di sincero buon vicinato e amicizia tra Slovenia e Italia e di duraturo sviluppo dell’ideale europeo a favore della pace e sicurezza comuni.
Signore e signori,
solo in presenza di tali condizioni umane e politiche è stato possibile costruire la necessaria comprensione e fiducia che, con l’aiuto di molte persone e istituzioni, hanno infine portato, quasi quattro anni fa, alla restituzione del Narodni dom agli sloveni e al nostro omaggio dinanzi ai monumenti di Basovizza. Ritengo che nella nostra collaborazione sia stata particolarmente decisiva la comune convinzione che gli sloveni, gli italiani e tutte le altre nazioni dell’Unione europea saranno in grado di costruire un comune futuro europeo solido e duraturo, soltanto se sulla base dei valori europei sapranno giudicare anche il proprio, spesso doloroso, passato. Sebbene non si possa escludere che in questi luoghi e tra questa gente il presidente Mattarella ed il sottoscritto saranno ricordati per la stretta di mano davanti ai due monumenti di Basovizza, dunque per un gesto attraverso il quale si è voluto affrontare simbolicamente e concretamente il doloroso passato, è pur vero che non vi è stato alcun altro atto da parte nostra con cui si sia più decisamente guardato al futuro. Mi arrischierei dunque ad affermare che proprio questi luoghi e le loro genti abbiano accolto tale gesto con tanto favore, proprio perché in esso hanno visto l’alba di un futuro luminoso, rassicurante e pieno di speranza.
Signore e signori,
l’opinione pubblica slovena, italiana ed europea ha giustamente interpretato gli avvenimenti svoltisi a Trieste il 13 luglio 2020 come un evento politico eccezionale, indubbiamente per la restituzione del Narodni dom dopo cent’anni alla comunità slovena in Italia. E soprattutto per il simbolico omaggio dinanzi ad entrambi i monumenti commemorativi. Questo atto non era dovuto. Anzi era addirittura rischioso, poiché andava contro pregiudizi saldamente radicati all’interno delle due comunità nazionali.
Per molti anni la maggior parte degli italiani è passata davanti al monumento ai quattro eroi senza prestare loro la dovuta attenzione e ritenerli degni di ricordo. Per molti anni la maggior parte degli sloveni è passata davanti al monumento nei pressi delle foibe senza prestargli la dovuta attenzione e ritenerlo degno di ricordo. Come se fossero due verità storiche escludenti e inconciliabili. Questa indifferenza e ristrettezza ideologica risulta tanto più sorprendente, soprattutto negli ultimi vent’anni, in considerazione del fatto che verso la metà del 2000 venne finalmente pubblicata la relazione dalla Commissione storico-culturale italo-slovena sui rapporti italo-sloveni tra il 1880 e il 1956.
Per quanto riguarda il valore del messaggio trasmesso dai due monumenti citati, vale la pena leggere almeno due brevi estratti di questa relazione. Al capitolo 9 che tratta, cito, delle “varie forme di resistenza all’oppressione fascista”, si legge tra l’altro: “In particolare la gioventù slovena di orientamento nazionalista, raccolta nell’organizzazione TIGR, collegata anche ai servizi jugoslavi e dalla vigilia della guerra anche a quelli britannici, decise di reagire alla violenza con la violenza sviluppando azioni dimostrative ed atti di terrorismo che provocarono repressioni durissime.” Nello stesso capitolo troviamo un’altra osservazione significativa, cito: “Il risultato più duraturo raggiunto dalla politica fascista fu però quello di consolidare, agli occhi degli sloveni, l’equivalenza fra Italia e fascismo e di condurre la maggior parte degli sloveni (vi furono infatti alcune frange che aderirono al fascismo) al rifiuto di quasi tutto ciò che appariva italiano.”
Percorrendo la relazione, passiamo ora dal monumento ai quattro eroi antifascisti al monumento nei pressi delle foibe. Così recita tra l’altro il capitolo 10 della relazione: “… i giuliani favorevoli all’Italia considerarono l’occupazione jugoslava come il momento più buio della loro storia, anche perché essa si accompagnò nella zona di Trieste, nel Goriziano e nel Capodistriano ad un’ondata di violenza che trovò espressione nell’arresto di molte migliaia di persone, in larga maggioranza italiane ma anche slovene contrarie al progetto politico comunista jugoslavo , parte delle quali vennero a più riprese rilasciate, e in centinaia di esecuzioni sommarie immediate le cui vittime vennero in genere gettate negli abissi carsici, le cosiddette foibe.”
Il coraggio personale e politico del Presidente Mattarella e del sottoscritto con il quale abbiamo voluto commemorare congiuntamente il ricordo dinanzi ad entrambi i monumenti, riconoscere lo storico dolore di entrambe le parti e rispettosamente, con una stretta di mano, trasferirlo alla memoria storica, era dunque saldamente basato sulla verità. Anche in questo caso è stato confermato ancora una volta che la pacificazione e la riconciliazione sono possibili solo attraverso l’eterna ricerca della verità, il suo riconoscimento e il perdono. A fine luglio 2020, mentre passeggiavo per Capodistria, un ragazzo mi fermò e stringendomi la mano mi ringraziò per ciò che avevamo fatto con il presidente Mattarella. Il suo gesto mi commosse. Il ragazzo aveva 16 anni e faceva parte della comunità italiana in Slovenia. Aggiunse che la sua famiglia aveva seguito la cerimonia alla televisione con le lacrime agli occhi. Il suo racconto mi ha profondamente commosso e gratificato.
Signore e signori,
come ho già ribadito, fin dall’inizio abbiamo perseguito l’ideale di un comune futuro europeo. Ininterrottamente, sinceramente, assiduamente. Mi è sembrato davvero meraviglioso che in così poco tempo si sia riusciti a tracciare in modo così suggestivo un collegamento storico tra passato e futuro, rappresentato nel nostro caso in modo eccellente dal progetto delle due Gorizie – la capitale europea della Cultura 2025. Si tratta di una grande opportunità di approfondimento del rispetto, della comprensione e dell’amicizia tra le due Gorizie, una città tra due nazioni, nonché di un’opportunità per trasmettere il messaggio universale europeo di pace e convivenza. Si direbbe che da decenni non ne abbiamo mai avuto tanto bisogno quanto in questo momento storico.
Attualmente nel mondo si combattono 55 guerre. Non lontano da qui sono in corso la terribile guerra in Ucraina e il tremendo conflitto di Gaza. Di quando in quando si scuotono anche i Balcani occidentali, quasi a ricordarci che la pace, soprattutto lì, non va data per scontata.
Signore e signori,
la cerimonia di oggi, che celebra la pace, la convivenza, il buon vicinato, l’amicizia e l’Europa unita, pacifica, sicura e prospera per tutti, è una buona occasione per riflettere se le guerre possono essere prevenute o se sono comunque inevitabili e predestinate. Se non per altri motivi, almeno per dovere morale nei confronti dei nostri figli, dobbiamo fare quanto in nostro potere per proteggere la pace, la sicurezza, la democrazia e il progresso. Lo dobbiamo ai nostri figli. Non esiste alcuna garanzia storica che una pace duratura sia possibile, se non credendoci fermamente e impegnandoci con perseveranza per ottenerla con ogni nostra azione, piccola e grande, passo dopo passo. Mentre montava l’aggressione russa contro l’Ucraina, mentre Hamas progettava il terribile attentato terroristico contro Israele e quest’ultimo rispondeva con un uso sproporzionato della forza, qui a Trieste incominciava un nuovo periodo di convivenza e di amicizia, fondato sulla verità e la riconciliazione, nello spirito europeo.
La guerra non è inevitabile. Abbiamo sempre la possibilità, e anche il dovere morale, di cercare i modi per rafforzare la pace e la sicurezza, la democrazia e il benessere. Abbiamo dimostrato che, insieme, possiamo farlo per un comune futuro europeo. Per proteggere la pace e la sicurezza, per il bene dei nostri figli, non abbiamo altra scelta se non continuare a dimostrare di volta in volta a noi stessi e al mondo intero che una pace duratura europea e mondiale è necessaria e possibile.
Viviamo in un’epoca in cui il mondo sta cambiando rapidamente, diventando multipolare, mentre la sua architettura politica e giuridica affonda le sue radici nel periodo ormai sorpassato del secondo dopoguerra. Si pone la questione se saremo in grado di stabilire le nuove regole dell’ordine mondiale in modo pacifico, senza incorrere in un nuovo conflitto di proporzioni globali. Tutto ciò che abbiamo fatto con l’amico e Presidente della Repubblica Mattarella, lo abbiamo fatto perché crediamo nella pace duratura e nel sacro dovere degli uomini di Stato di adoperarsi in suo favore al meglio delle loro capacità. Questo è il loro dovere morale. Come ci siamo confidati quando quel lunedì 13 luglio 2020 rientravamo a casa, a Roma e a Lubiana, sentivamo un profondo senso di appagamento e soddisfazione. Grazie per aver voluto confermare a me e a tutte le persone pacifiche e democratiche di entrambe le nazioni, mediante il conferimento di questo alto riconoscimento, che, soprattutto in questi tempi turbolenti per l’Europa e il mondo, rimaniamo fedeli alla fede in un pacifico futuro comune.
Borut Pahor
Ex Presidente della Repubblica di Slovenia