La Jugoslavia invasa nelle immagini del regista partigiano
Scritto da Roberto Spazzali, «Il Piccolo», 24/02/12
martedì 24 febbraio 2015
Le immagini sono ancora nitide, eppure sono passati oltre settant’anni. I dintorni di Clana con i militari italiani lungo il vecchio confine italo-jugoslavo, i Littoriali sportivi in una Abbazia illuminata dal sole, e poi i volti di una famiglia benestante in una località della riviera dalmata ripresi alla fine degli anni Venti. Un piccolo tesoro a sedici millimetri, fatto di brevi spezzoni o di filmati più lunghi, e perfino un vero e proprio istant-movie forse mai completato che documenta e ricostruisce le prime operazioni di occupazione italiana in Jugoslavia a Fiume e lungo la Dalmazia, nella primavera 1941. Un piccolo tesoro in bianco e nero è riaffiorato da uno scantinato romano. Non i soliti documentari Luce ma filmati girati con mano piuttosto sicura da un operatore esperto. Di cui si conosce pure il nome e le cui vicende personali e tragiche si intrecciano con quelle dell’Istria in guerra. Malgrado il tempo e le condizioni precarie, sono ben conservati quei ventitré rulli, senza contare altre bobine a otto millimetri, alcune a colori, ancora da esaminare.
Sono immagini rarissime, prodotte in gran parte da Giuseppe Callegarini, letterato e scienziato, volontario per le Libertà, medaglia d’oro al valor militare, trucidato a Pola dai nazifascisti alla vigilia del Natale 1944, e le cui spoglie sono state disperse. Ora quelle immagini riemergono dal suo archivio privato e rappresentano una testimonianza nuova e per certi versi inedita sull’occupazione militare italiana della Jugoslavia e sulla vita quotidiana in Istria la fra le due guerre. Il “Fondo Callegarini” – che custodisce anche numerosi documenti inediti a carattere scientifico ed etnografico – scoperto da chi scrive queste righe e acquisito dal Circolo “Istria” con la collaborazione dell’Istituto regionale per la storia del Movimento di Liberazione (Irmsl) e il contributo della Regione Friuli Venezia Giulia, sarà presentato al pubblico oggi, alle 17.30, alla Libreria Minerva di Trieste, nell’ambito delle iniziative del Circolo di cultura istro-veneta Istria e dell’Irmsl denominate “Eroi e martiri della Resistenza italiana in Istria”. Presenteranno il fondo, nei suoi molteplici contenuti, Livio Dorigo, presidente del Circolo Istria, l’autore di questo articolo, storico dell’Irsml, Livio Jacob, direttore della Cineteca del Friuli che ha restaurato alcune delle pellicole del fondo e Stefano Furlani, geologo dell’Università di Trieste.
Messo a disposizione da Massimo Cajola, che le aveva trovate in un box condominiale a Roma all’indomani, qualche mese fa, della collocazione di un cippo nel parco della Rimembranza di Trieste dedicata dal circolo “Istria” proprio alla memoria di Giuseppe Callegarini, l’archivio racconta non solo la storia della famiglia Giuseppe Callegarini, e dei suoi interessi, dallo scautismo, alla pedagogia, dalle scienze ambientali alla cinematografia documentaristica. Non solo lettere, fotografie, documenti personali, ritagli di stampa e raccolte di giornali d’epoca, ma la viva documentazione di un giovane che ha attraversato un’epoca lasciando – consapevolmente – una memoria tangibile della sua esistenza. Purtroppo mancano le carte della sua attività a Pola durante l’occupazione tedesca, quasi sicuramente sequestrate al momento del suo arresto, mentre bene si evidenzia la sua progressiva maturazione e il distacco dai modelli culturali e politici del regime fascista. Ora quella documentazione, nella piena disponibilità del Circolo “Istria”, è depositata all’Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione, in attesa di un prossimo riordino, mentre le preziose pellicole sono custodite dalla Cineteca di Gemona che si è fatta carico di un primo intervento conservativo.
Nato a La Spezia nel 1915 in una famiglia dai valori tradizionali (suo padre Ulderico era ufficiale della regia Marina e la mamma Margherita De Pasquale, napoletana, discendente di una famiglia di mastri velai), Giuseppe Callegarini aveva cinque fratelli, Adolfo, Ettore, Mario, Umberto e Pasqualino, quest’ultimo morto in tenera età. Al seguito degli incarichi paterni, Giuseppe si trasferisce da una città di mare all’altra, prima Livorno e poi, dal 1929, Pola, dove si iscrive al locale liceo classico. Suo padre muore tre anni più tardi, mentre Giuseppe si avvicina allo scoutismo, estendendo i suoi interessi per la geografia, il ciclismo, la canoa. Nel 1935 si iscrive alla facoltà di lettere e filosofia di Padova. Negli anni dell’università, come scrive al fratello Ettore, è intenzionato partecipare ai Littoriali e collaborare con la rivista del Guf di Padova “Il Bò”, fondata da Ugo Mursia e Ruggero Zangrandi, che allora dedicava ampio spazio al cinema e al teatro, fino al nuovo orientamento sul tema del corporativismo dove il triestino Eugenio Curiel tiene una attenta rubrica. L’incontro con il geologo Giambattista Dal Piaz e il naturalista Arrigo Lorenzi lo orientano su interessi scientifici e la sua tesi di laurea sulle condizioni geografiche e sociali del complesso insulare di Lussino risulta ancora oggi di notevole interesse.
Qui inizia la sua passione per la fotografia che volge poi alla macchina da presa. Prima della guerra è supplente al Nautico di Lussino, quindi alle Magistrali di Pola. Scrive a un amico di avere girato due documentari ad Abbazia, uno a colori di carattere turistico, con le attrezzature del Guf di Pola, e ha ottenuto qualche lode a Cinecittà. Dalla stampa dell’epoca si sa che aveva girato pure un documentario sulla scuola in Istria. Con la guerra è ufficiale della Guardia alla frontiera, a Villa del Nevoso. Si ammala, potrebbe ottenere il congedo e pure sfruttare l’alettante proposta del professor Lorenzi che lo ha nominato suo assistente, ma preferisce rimanere in servizio e su incarico del suo comando realizza nell’autunno 1942 il documentario “Frontiera, frontiera” che proietta poi ai suoi soldati e anche a Pola. Il taglio risente della retorica del tempo, ma le immagini sono di grande impatto e il soggetto è quasi neorealista con i soldati chiamati a interpretare loro stessi, e Giuseppe pensa di partecipare a un concorso di cin. ematografia e forse perfino al festival di Venezia. Da alcuni fotogrammi del documentario ricava una mostra fotografica. La salute è minata troppo presto e, dopo lunghe degenze, viene congedato. L’armistizio lo sorprende a Pola, dove rimane e probabilmente inizia a collaborare con la rete clandestina militare che cercava di organizzare perlomeno una resistenza passiva in città.
Qui le notizie sfumano. Di sicuro Giuseppe per un periodo insegna come supplente nel locale liceo. Probabilmente deve essere rimasto vicino agli ambienti militari lealisti anche perché suo fratello Adolfo, ufficiale dei carabinieri, sarà poi esponente dell’Unione monarchica. Il 13 dicembre 1944 Callegarini viene arrestato dai fascisti e consegnato nelle mani dei torturatori Ottone Niccolini, Karl Bode e Prasch che spezzano la sua vita in uno scantinato di via Smareglia, a Pola. Niccolini, sarà ucciso in un agguato, il 5 aprile 1945, da Oriente Raunich il quale per sottrarsi alla cattura preferirà toglierli la vita. Però l’accanimento su Callegarini non era finito: in un volantino del Movimento popolare di liberazione, Viktor Matkovic (Arsen) lo indicava, assieme a Antonio De Berti, tra i maggiori responsabili della mancata unità antifascista tra italiani e croati in Istria, addirittura “colpevoli” del più gravi patimenti inferti dai nazisti alla popolazione italiana. Ucciso due volte.