La “casa delle cipolle”, un angolo di Russia a Trieste

Un’insolita villetta dalle cupole dorate in stile russo domina alle spalle della pineta di Barcola a Trieste.

Al civico 229 di viale Miramare a Trieste, proprio di fronte all’affollata Pineta di Barcola – spazzata dal vento in inverno, d’estate presa d’assalto dai cittadini in modalità relax per un tuffo o un aperitivo fronte mare – c’è una casa diversa dalle altre. I triestini la chiamano casa dele zìvole, casa delle cipolle, per via delle cupole dorate a cipolla che la caratterizzano, emergendo in maniera netta dal profilo asburgico degli edifici circostanti. L’effetto è straniante: mura dai colori pastello e finestre di ispirazione veneziana sono dominate da una silhouette inequivocabilmente russa completamente fuori luogo sulle sponde del Mediterraneo settentrionale, tra uno spritz e un tuffo, dando forma a una villetta che sembra planata direttamente da Mosca.

La Villa delle Cipolle

La casa si trova tra le eleganti residenze estive fatte costruire dagli aristocratici della zona sul viale che conduce direttamente al Castello di Miramare, il fiabesco castello di Massimiliano d’Asburgo costruito a picco sull’Adriatico. Ma anziché a un commerciante austriaco o un burocrate dell’impero, la villa delle cipolle – che in realtà si chiama Casa Jakic – fu fatta costruire nel 1896 da Anton Jakic, un ex pope ortodosso dalmata che, secondo la leggenda,  abbandonò la veste talare per diventare una spia per conto dello zar o, secondo altre versioni, per seguire un’amante russa. Ufficialmente direttore della rivista «Pensiero Slavo» («Slavenska Misao»), dopo essere stato proprietario, editore e redattore della rivista «Il Diritto Croato» a Pola, attraverso il suo lavoro Jaki? sosteneva l’unità culturale di tutti i popoli slavi e auspicava la liberazione dalle  influenze straniere; a causa della censura e delle multe di cui la rivista fu vittima da parte dello stato asburgico, nel 1895 Jaki? si trasferì a Trieste sperando in un clima più tollerante.

Nel libro I Croati a Trieste gli autori riportano le parole di un giovane testimone che frequentava la villa come fattorino: “Nella Villa delle Cipolle abitava un uomo di media altezza, distinto di comportamento signorile e che parlava croato… Di lui si diceva che era stato un pope e dopo aver conosciuto una dama russa lasciò il sacerdozio. Sarebbe stata lei a dargli i soldi per costruire la villa, ma a lavoro finito non era soddisfatta e si lasciarono”.

Sembra, però, che non sia solo la storia di Jaki? a essere interessante, ma anche quella dell’edificio stesso: venduta nel 1904, la casa avrebbe attraversato in seguito diverse vite. Sempre che sia diventata anche una casa d’appuntamenti d’alto bordo e un casinò di livello internazionale: il fascino della location si prestava agli utilizzi più fumosi e continua ad alimentare le leggende.

Un’architettura insolita

L’edificio misterioso già allora destò la curiosità e il sospetto degli aristocratici che avevano la propria residenza estiva nei dintorni, come pure di diversi architetti, che ritenevano stonasse con il contesto architettonico. La visione è, in effetti, curiosa:  la villetta, realizzata su progetto dello scultore e architetto Ivan Rendic – nato a S. Pietro Isola di Brazza (Supetar in croato), in Dalmazia, il 27 maggio 1849 morto a Spalato il 29 giugno 1932 – un artista apprezzato per i monumenti funebri e le tombe dei cimiteri ortodosso e cattolico di Trieste, ma noto all’epoca anche soprattutto in quanto autore del monumento commemorativo della dedizione di Trieste all’Austria inaugurato nel 1889, che sarebbe poi stato distrutto dalla furia patriottica nel 1918, al ritorno della città all’Italia.

Il progetto – che vide la luce su un terreno coltivato a vigne e pascoli – comunque, dopo varie vicissitudini fu approvato dal Comune, pur con alcune riserve sull’estetica e in particolare sulle cupole che rimandavano troppo a uno stile ecclesiastico. Le cupole, con la copertura esterna in rame, sono sostenute da una complessa armatura in legno opera dall’artigiano Francesco Gasperini, mentre gli interni della villa vennero decorati dal pittore spalatino Paško Vu?eti? (1871-1925), autore di motivi geometrici e floreali, di un affresco caratterizzato da figure allegoriche e di stucchi sui soffitti con omaggi alla Russia.

Con questi contributi artistici di rilievo, alla fine l’edificio prese forma e l’eccentrico proprietario poté trasferirvisi nel 1899, abbandonando l’appartamento sul Canal Grande, in centro città, in cui aveva abitato fino a quel momento. Ma non ci rimase a lungo: già nel 1904 a causa dei debiti (compresi quelli contratti per costruire e arredare la Casa delle Cipolle), Anton Jaki? fu costretto a svendere la villa, chiudendo anche le due ipoteche che fino a quel momento vi avevano gravato. Da quel momento Casa Jakic cambiò diversi proprietari, pur mantenendo inalterato il suo aspetto complessivo e subendo soltanto delle modifiche interne nei primi anni Cinquanta e nel 1978; dal 1963 è una tranquilla palazzina di quattro appartamenti che continua a emanare intatto il suo fascino russo, riflettendo la luce del Mediterraneo sulle sue cupole dorate.

Silvia Granziero
Fonte: EastJournal – 24/06/2022