L. Panzeri e M. P. Viviani-Schlein, «Lo statuto giuridico della lingua italiana in Europa»

Scritto da Davide Lo Presti
martedì 13 dicembre 2011

L. Panzeri e M. P. Viviani-Schlein Lo statuto giuridico della lingua italiana in Europa, Milano, Giuffrè, 2011. Presentazione di A. Tomaselli, G. Guiglia, F. Palermo, I. Sever – Verona, 6 dicembre 2011.

Il volume, espone i frutti di ricerca tanto interessante quanto originale volta ad indagare lo statuto giuridico della lingua italiana, quale lingua di minoranza, all’interno degli territori sovrani della Croazia, della Slovenia e Svizzera. All’interno della dimensione europea, infatti, soltanto tali realtà nazionali – se si eccettuano i territori della Repubblica di San Marino e della Città del Vaticano – riconoscono alla lingua italiana lo status di lingua co-ufficiale. Lasciando sullo sfondo il complesso dibattito che nel tempo si è avviluppato attorno al concetto, intrinsecamente incerto, di «minoranza», lo studio pubblicato da Giuffrè affronta la problematica privilegiando il piano normativo interno, prendendo le mosse dalla intrinseca diversità dei sistemi normativi evidenziata dal dato costituzionale di riferimento. E, infatti, mentre la Costituzione croata assimila la comunità italiana a quella delle altre «minoranze nazionali» del Paese, quella slovena la definisce e annovera fra le «comunità nazionali autoctone». Ancora differente si mostra la scelta dei padri costituenti elvetici che considerano la lingua italiana quale «lingua nazionale» e «lingua ufficiale».

Nonostante le palesi differenze che caratterizzano gli orizzonti nazionali – dissomiglianze che si fondano sulle incomparabili consistenze demografiche, oltre che sulle diverse tradizioni organizzative, culturali e sociali riscontrabili nelle realtà nazionali – lo studio condotto dalla Prof.ssa Viviani-Schlein e dal Dott. Panzeri si distingue per il merito di addivenire ad un’efficace comparazione, e al conseguente quadro di sintesi, del grado di effettività conseguito dai diversi statuti giuridici.

In questa prospettiva, particolare rilievo assume l’esperienza croata e slovena. All’interno di questi Paesi, infatti, centrale rilevanza nella tutela linguistica dei gruppi etnici di minoranza assume – quale minimo comune denominatore di tali diverse esperienze d’area balcanica – il sistema delle autonomie locali. In particolare, per quanto concerne l’esperienza croata non si può dimenticare come, soprattutto in Istria, le Amministrazioni maggiormente prossime ai cittadini si siano distinte per l’efficace opera di contrasto d’ogni spinta centralistica e per la promozione delle istanze del bilinguismo (anche promuovendo l’insegnamento della lingua italiana agli studenti di nazionalità croata); in questo senso densa di significato è apparsa la testimonianza resa, all’interno della presentazione del volume, dalla Prof.ssa Ingrid Sever. Nella parole e nei ricordi della Prof.ssa Sever – che ha vissuto e testimoniato la storia della Scuola media superiore italiana di Fiume, dapprima, quale studentessa e, successivamente, quale insegnante e Preside del medesimo Istituto – sono emerse, da un lato, le difficoltà che hanno caratterizzato la storia più che centenaria dell’Istituto e, dall’altro, la decisa volontà dei suoi insegnati, alunni e della comunità italiana tutta di difendere la propria cultura, i propri valori e, non da ultimo, il proprio idioma.

Non meno significativa appare, all’interno del volume, la disamina dell’esperienza slovena sia per l’ampia costituzionalizzazione di molte garanzie poste a baluardo delle minoranze, sia per l’efficacia della legislazione ordinaria espressa nella medesima materia nonché, infine, in ragione del processo di integrazione europea sfociato nell’entrata della giovane Repubblica balcanica nell’Unione Europea. Processo questo tanto interessante da venire indicato – all’interno dell’opera di comparazione svolta – alla stregua di virtuoso modello di confronto rispetto alla condizione delle minoranze stanziate nei Paesi dell’Europa centro-orientale e, quindi, capace di contribuire all’affermazione della centralità delle questione minoritarie all’interno del dibattito europeo.