Operatore culturale prima, capo di gabinetto in Comune poi, dal settembre 2022 Gorazd Boži? è il direttore di GO!2025, l’ente che organizza e gestisce gli eventi per la capitale europea della cultura assegnata nel 2025 a Nova Gorica e Gorizia insieme: dalla sua prospettiva, le difficoltà e le sfide di un anno, il 2025, che ancor prima di cominciare ha già portato frutti concreti sul territorio. Mancano poco meno di due anni all’8 febbraio 2025, data dell’inaugurazione fissata il giorno della festa nazionale della cultura in Slovenia, ma per i promotori e gli operatori di GO!2025 questi 22 mesi a venire sembrano dotati di un timer velocizzato, quasi si trattasse ormai del rush finale, con tanto ancora da fare e da mettere a punto.
“Il lavoro è partito quasi sei anni fa – osserva il direttore Gorazd Boži? – anche se io nel 2017 non ero direttamente nel gruppo organizzativo, ma ero coinvolto per conto di una delle associazioni promotrici dell’idea e impegnate nella stesura della proposta. Mi occupavo di musica, e mi ricordo molto bene le fasi iniziali di questo processo, quando ancora si doveva decidere se andare nella direzione della candidatura congiunta”.
Due città, una location; due stati membri e due lingue, un’unica Europa. La situazione di Nova Gorica e Gorizia, scelte come territorio unitario, è unica nella storia quarantennale delle capitali europee della cultura. E secondo Boži? l’idea è partita dal basso.
“Ne parlavamo l’altro giorno con Neda Rusjan Bric, che fa ancora parte del nostro organico come consulente artistica esterna: era stata lei a promuovere l’idea della candidatura congiunta, ed è stata poi lei a guidare il processo artistico dal 2017 ad oggi. Quello che mi ha confermato è che, in questo percorso di consolidamento delle connessioni di qua e di là del confine, si è accorta di come questo territorio transfrontaliero avesse delle cose uniche da dire, delle cose uniche da mostrare. Da una parte vogliamo mostrare all’Europa l’unicità di un territorio unitario, dove convivono quattro culture; dall’altra si tratta di un’occasione per abbattere quei residui di sospetto e diffidenza che ancora rischiano di dividere le comunità”.
Se gli si chiede infatti quale sia stato in questi anni preparatori il nemico numero uno di un’impresa così azzardata anche solo sotto il profilo logistico-organizzativo, alla burocrazia Gorazd Boži? non assegna che il secondo posto: “Il nostro nemico numero uno sono stati gli ultimi cento anni, con tutti gli eventi che nel ventesimo secolo hanno alimentato tra sloveni e italiani una sfiducia che fino al 1914 non esisteva”, spiega il direttore, che è anche musicista e che ammette di non potersi sottrarre ad una ripetuta lettura e rilettura della storia per poter interpretare il presente. Soprattutto in questi luoghi dove la frontiera è stata disegnata e ridisegnata troppe volte.
“Mio nonno, che ha vissuto 99 anni nella stessa casa, ha cambiato cittadinanza sei volte. E questo è solo un esempio di quello che possiamo raccontare nel 2025, e delle ferite che possiamo ricucire. Uno degli allestimenti secondo me più importanti sarà dentro un capannone delle ferrovie slovene: una sorta di museo virtuale del territorio di confine dove tenteremo di dare spazio a entrambe le parti nella presentazione della storia, per ogni tappa due visioni. Questo ci permetterà di mostrare anche le diversità, e quindi di riconciliarle”.
Accanto alla sfiducia infatti, anche l’ignoranza è un avversario da temere: “La gente è stata troppo tempo all’oscuro ignorando molte cose del proprio vicino, ma per fortuna la tendenza si è invertita, e c’è voglia di cooperare, di conoscersi e accettarsi. Si vedono passi enormi, soprattutto tra sloveni e italiani che lavorano nello stesso settore: c’è l’idea che solo unendosi saremo più forti”.
L’impegno profuso in questi anni preparatori va nella stessa direzione che i due comuni hanno da tempo intrapreso, anche tramite il Gect, il gruppo di cooperazione territoriale: “Cerchiamo di fare da cerniera – spiega Boži? – ricucendo la fascia di confine e riunendo la città, di cui piazza Transalpina potrà diventare l’epicentro. L’obiettivo economico-turistico è creare un distretto da Salcano fino al castello di Gorizia e alla casa rossa: una fascia di congiunzione dove si concentrino gli eventi, per rendere quel luogo il centro e non più la fascia di allontanamento dei tempi della recinzione”.
L’intero percorso della candidatura e dell’organizzazione, Gorazd Boži? l’ha seguito rivestendo diversi ruoli: all’inizio come operatore culturale per conto di una associazione no profit nel settore della musica classica, poi alla fine del 2018 come capo di gabinetto del neoeletto sindaco di Nova Gorica Klemen Miklavi?, per approdare alla posizione di direttore di GO!2025 nel settembre dell’anno scorso. “Ho sempre amato le connessioni tra diversi mondi, e di sicuro questa mia mobilità mi aiuta tantissimo a gestire i vari rapporti e a fare passi avanti nella gestione”, racconta il direttore, che sottolinea come il progetto di candidatura e la sua implementazione si siano nutriti dei contributi di una squadra transfrontaliera senza i quali il bid book, “la Bibbia del progetto”, che ha vinto la selezione, non sarebbe neppure nato.
“Le connessioni che già esistono sul territorio vanno valorizzate, è un po’ questa la nostra missione. Ed è questo che vogliamo mostrare all’Europa nel 2025. Si tratta di connessioni tra i vari operatori culturali, associazioni, istituzioni, ma non solo, visto che ci si occupa anche di turismo, mobilità, accoglienza. Ma il nostro obiettivo non è soltanto mostrare all’Europa che qua l’Europa già esiste. Noi vogliamo anche mostrare ai cittadini che qua vivono che siamo molto più europei di quanto pensiamo di essere, e grazie ai meccanismi della capitale europea della cultura potremo rafforzare alcune realtà bisognose di supporto, in modo che l’effetto sopravviva anche dopo il 2025. Sto pensando a scambi di personale e competenze da parte di teatri stabili, di associazioni, di festival, per evitare doppioni e valorizzarsi a vicenda”.
Il focus culturale tuttavia non rende meno importanti altri aspetti, quale quello economico-turistico: “Il secondo obiettivo è portare a Nova Gorica e Gorizia nuova gente attratta da cose che di solito non si fanno qui, e in questo modo far conoscere il territorio e le sue bellezze, dai vari agriturismi, la cucina, i vini, le camminate, il cicloturismo, in una zona che non è solo la Vipavska Dolina o valle del Vipacco, non solo Friuli, Brda o Collio, ma è tutto questo insieme. Da Nova Gorica in 20 minuti sei dappertutto, dai monti di Bovec al mare di Grado”. Meno evento e più progetto di sviluppo, la capitale europea della cultura è quindi un’occasione da non perdere. “Un’occasione unica nella vita”, concorda il direttore.
La doppia capitale europea della cultura in realtà andrà molto al di là dei confini amministrativi di Nova Gorica e di Gorizia: “Ci sono altri 40 comuni coinvolti nella progettazione e beneficiari di investimenti, 13 in Slovenia e 27 in Italia. Sono quelli che avrebbero la targa GO, che ora non c’è più”, sorride Gorazd Boži?.
L’area si allarga ulteriormente se si considera il bacino dei beneficiari dei piccoli investimenti, offerti dai bandi nell’ambito del Programma Interreg Italia-Slovenia sotto la regia del Gect: fino al 2026 verranno distribuiti 3 milioni di euro a soggetti residenti nelle province di Udine, Pordenone, Gorizia, Trieste, nonché Venezia, oltre che in cinque regioni slovene.
“Sappiamo che creare connessioni tra i vari settori è già difficile anche solo all’interno di una stessa città o paese, figuriamoci di qua e di là del confine – osserva Boži? – ma noi lo abbiamo sempre saputo, questa è semplicemente la nostra realtà”. Una realtà che per riuscire ad aggirare alcuni cavilli burocratico-amministrativi è arrivata a bussare fino a Bruxelles, dove proprio sulla spinta degli operatori goriziani e di Nova Gorica si sta pensando al progetto pilota di una zona “extraterritoriale”: “Per organizzare un concerto o un evento in piazza Transalpina va fatto tutto doppio – spiega il direttore – ci vuole il piano della sicurezza sloveno e quello italiano, ci vogliono le ambulanze slovene e quelle italiane, ci vogliono i vigili del fuoco sloveni e quelli italiani, e il palco diviso a metà obbedisce a norme sull’occupazione di suolo pubblico molto diverse. Una giungla! Eppure a Bruxelles stanno lavorando per aiutarci a risolvere gli inghippi, e la soluzione potrà essere utile a tante altre situazioni di confine”.
Le idee che stanno arrivando per nutrire il programma sono le più disparate, dalle orchestre transfrontaliere ai percorsi ciclabili con tappe culturali, dal cinema itinerante a concerti di giovani promesse della musica classica. “C’è un clima di entusiasmo e collaborazione talmente vivace che non possiamo che essere ottimisti sia sullo svolgimento del 2025 sia su quanto resterà dopo”, osserva Gorazd Boži?, che da transfrontaliero ammette comunque di toccare sia ferro (all’italiana) sia legno (alla slovena). Le difficoltà più grandi paiono superate, incluse le critiche alla gestione del budget, che nell’estate 2022 sembravano invece affossare ogni entusiasmo:
“In molti si chiedevano dove andassero tutti questi soldi, quando si parlava di milioni di euro per la progettazione. Le critiche non avevano particolari matrici politiche, erano semplicemente un malumore diffuso, soprattutto in Slovenia, voci e polemiche sui social; ma la colpa è stata un po’ nostra, c’è stata carenza di informazione, non eravamo riusciti a spiegare che la progettazione avrebbe richiesto tempo e risorse. Prima ad esempio eravamo in cinque, ora siamo tredici e stiamo ancora assumendo, e molto lavoro non viene visto. Ma ora lavoriamo intensamente e ci stiamo rimettendo al passo recuperando qualche ritardo e mantenendo con l’esterno un rapporto più diretto”.
In poco più di cento pagine la candidatura di Nova Gorica e Gorizia a capitale europea della cultura per il 2025 viene presentata come un’occasione unica anche per l’Unione Europea, una strategia a lungo termine per “invertire la spirale discendente costruendo un nuovo ecosistema culturale”. Vi si parla di confini, di quelli storici e di quelli contemporanei riallestiti durante la pandemia, si parla di cultura e di diritti umani, di multilinguismo e difesa dell’ambiente, di danza e artisti rifugiati, di murales e nuove radio.
Paola Rosà
Fonte: Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa – 19/04/2023