Il Presidente del Senato della Repubblica, Maria Elisabetta Alberti Casellati, è intervenuto a Palazzo Madama alla celebrazione del ‘Giorno del Ricordo’, in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale.
Buongiorno a tutti.
Saluto il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Vice Presidente della Camera dei deputati, il Vice Presidente della Corte costituzionale, i Ministri, i Parlamentari e tutte le Autorità presenti.
Saluto il Presidente De Vergottini, i rappresentanti delle Associazioni degli esuli e le scolaresche che in quest’Aula e da casa partecipano a questo importante momento.
Celebriamo oggi il giorno dedicato alle vittime delle foibe e al ricordo dell’esodo giuliano dalmata.
Un appuntamento che, anche quest’anno, ci riunisce nella solennità del Parlamento, cuore della democrazia, per riflettere su una delle più grandi tragedie del Novecento e per proseguire il comune cammino contro ogni forma di oblio, nella consapevolezza che la memoria è la prima pietra su cui costruire un autentico percorso di pace e riconciliazione.
Ringrazio il Presidente Mattarella che con la sua presenza oggi sottolinea l’alto valore simbolico ed identitario di questa giornata e conferma l’impegno a porre il riconoscimento della verità storica come premessa di una cultura di dialogo ed amicizia tra le persone e le culture.
Sono trascorsi più di settant’anni da quelle tragiche vicende. Decenni segnati dal faticoso tentativo di far luce su una delle pagine più dolorose del nostro passato.
Solo due anni fa 814 corpi sono stati recuperati dalla foiba di Jazovka, mentre una foiba slovena ha rivelato i resti di altre 250 anime, destinate probabilmente a restare senza nome.
Non c’erano solo soldati in quelle buche: c’erano soprattutto donne, tra cui molte suore, tanti adolescenti e parecchi bambini
Tante sono le storie umane che non si possono dimenticare. Come quella di Norma Cossetto: torturata, violentata da 17 aguzzini e infine gettata nuda in una foiba come un rifiuto.
Il suo martirio è stato il martirio di centinaia di donne innocenti che ne hanno condiviso un orribile destino per il solo fatto di essere italiane.
E poi ci fu l’esodo di quasi 350.000 persone; con ogni mezzo, anche di fortuna, pur di mettersi in salvo dalle paure, dalle incertezze, dal peso dell’oppressione.
Una diaspora logorante, protrattasi fino alla fine degli anni ’50, che interessò più del novanta percento della popolazione italiana istriana, giuliana e dalmata.
Una intera popolazione, con la sua storia, le sue tradizioni, la sua cultura, è stata costretta a lasciare la propria terra, diventata improvvisamente straniera e ostile.
Per chi scelse di ricostruirsi una vita in Italia non fu semplice il ritorno in Patria.
La generale disinformazione sulle cause dell’esodo e la forte polarizzazione ideologica di quella fase storica resero le condizioni dell’esilio ancora più dolorose.
L’ignoranza sui veri motivi dell’esodo ostacolava anche le forme più essenziali di solidarietà umana.
Per anni, diffidenze, pregiudizi e ingiustizie hanno segnato la vita di famiglie e intere generazioni di bambini costretti a diventare adulti nei campi profughi e nei centri di accoglienza.
Se oggi queste storie di sofferenza sono divenute parte integrante della coscienza collettiva è grazie al percorso che, passo dopo passo, ci ha consentito di portare alla luce la verità.
È un risultato che dobbiamo innanzitutto all’importante testimonianza di chi è sopravvissuto, dei loro discendenti e delle associazioni che voi rappresentate.
Il vostro impegno, animato non dal risentimento o dal rancore, ma dalla ferma volontà di rendere giustizia alla memoria di tante donne, uomini e bambini innocenti, ha consentito di trasformare il ricordo personale e familiare in memoria condivisa.
Una memoria su cui costruire nuove prospettive di pace, solidarietà e sviluppo. Grazie anche all’avanzare del processo di integrazione europea, al crollo di muri, regimi e totalitarismi, all’affermazione sul piano globale di libertà, diritti e valori condivisi e ai sempre più solidi rapporti di collaborazione bilaterale tra l’Italia e i Paesi di confine.
Nell’ambito di tale percorso, anche questa giornata, così come questa cerimonia, hanno un significato che va ben oltre l’emozione del momento.
Celebrare il Giorno del Ricordo significa, infatti, riflettere e meditare su una tragedia che ha colpito migliaia e migliaia di famiglie italiane affinché sia ragione di unità.
L’interpretazione della storia può anche aprirsi a differenti chiavi di lettura, ma la sua ricostruzione non può diventare oggetto di divisioni, specie quando impone alle nostre coscienze di confrontarsi con la sofferenza e la dignità umana.
In questa prospettiva, è molto importante che la giornata del ricordo sia anche l’occasione per premiare le scolaresche che si sono distinte nel Concorso Nazionale organizzato dal Ministero dell’Istruzione. Ringrazio il Ministro Bianchi per questa iniziativa di grande valore formativo, che consente ai nostri giovani di scoprire e interiorizzare la verità storica. E che, proprio partendo dalle nuove generazioni, contribuisce a ricomporre le fratture del passato alimentando una coscienza collettiva più consapevole, più vigile e più libera.
Questo è anche lo spirito che oggi vogliamo rinnovare attraverso le testimonianze istituzionali e il contributo della Federesuli, che ringrazio per l’importante lavoro di sensibilizzazione e divulgazione che continua a portare avanti.
Ma anche attraverso la musica e la letteratura che, con le loro suggestioni, ci consentiranno di trasformare il ricordo del sacrificio delle vittime e degli esuli istriani, fiumani e dalmati in un percorso di impegno e speranza oltre i muri e le divisioni.
Grazie.