In mostra a Capodistria San Nazario e il retaggio della Serenissima

Una mostra dedicata al patrono della città di Capodistria. È quella inaugurata proprio in concomitanza con il giorno del Santo Patrono di tutti i capodistriani, dislocata fra i palazzi Tarsia e Gravisi-Buttorai nel centro della cittadina istriana. L’occasione è data dalla ricorrenza dei 1.500 anni della città di Capodistria, da sempre legata al vescovo originario di Boste (oggi Borst paesino dell’agro capodistriano) e al contempo alla Serenissima Repubblica di Venezia. La mostra è stata ideata e realizzata dal Centro italiano “Carlo Combi”, e ripercorre con documenti storici la figura di San Nazario, dapprima vescovo e in seguito protettore cittadino, sul retaggio storico e culturale dell’età veneziana. Si tratta di una mostra realizzata con il patrocinio delle regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia, del ministero della cultura sloveno, l’Università Popolare di Trieste, la Comunità Nazionale Italiana di Capodistria, il Comune di Capodistria e l’Unione Italiana. Nella realizzazione sono stati coinvolti sia le associazioni degli italiani in Istria che quelle degli esuli: si tratta della Comunità degli italiani “Santorio Santorio”, la Società di Studi Storici e Geografici di Pirano, la Comunità degli Italiani di Verteneglio, il comitato di Venezia dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e la Fameia Capodistriana.

A spiegare il percorso espositivo della mostra Kristjan Knez, direttore del Centro Italiano “Carlo Combi”, che ha tenuto una vera e propria breve lezione di storia del Santo e delle sue spoglie alle oltre cento persone accorse all’inaugurazione. «La mostra è suddivisa in due sezioni e ripercorre a grandi tappe gli ultimi 1.500 anni della storia di Capodistria – ha spiegato Knez -, da quest’anno che coincide con l’anniversario della Fondazione della diocesi e della nomina di San Nazario, che avvenne nel 524. Arriviamo fino ai primi anni del terzo millennio con la ripresa del culto qui a Capodistria, passando attraverso tutte le fasi della storia, dal Medioevo alla lunga età veneziana».

La mostra, che rimarrà visitabile fino al prossimo 31 luglio, ripercorre la storia, la devozione, la tradizione e il retaggio della Serenissima per la città di Capodistria. Fra gli intervenuti all’inaugurazione anche l’attuale vescovo di Capodistria, Jurij Bizjak, la vicesindaca Mateja Hrvatin Kozlovi?, il deputato al seggio italiano nel parlamento sloveno, Felice Žiža, il presidente dell’Anvgd Renzo Codarin e quello della Fameia Capodistria, Piero Sardos Albertini, in rappresentanza degli esuli italiani da Capodistria. Nella mostra nulla viene lasciato al caso, tantomeno le ultime processioni per il Santo tenutesi nella cittadina istriana nel secondo dopoguerra, il pestaggio dell’allora vescovo di Trieste e Capodistria, Antonio Santin da parte dei comunisti jugoslavi nel 1946, fino all’ultima processione tenutasi in città per il Santo Patrono, avvenuta nel 1955 alla presenza anche del vescovo di Lubiana Anton Vovk. Dall’anno successivo ogni rappresentazione religiosa pubblica fu proibita dal regime e Capodistria perdette la tradizione plurisecolare della processione cittadina del 19 giugno. 

Almeno fino a quest’anno: domenica 16 giugno, infatti, centinaia di capodistriani sono tornati a riempire le calli cittadine per la processione, riproposta nuovamente a 69 anni dall’ultima a volta.

Lorenzo Degrassi
Fonte: Trieste News – 20/06/2024