Il Trattato italo-croato sui diritti delle minoranze festeggia i 27 anni ed è più attuale che mai. A firmare l’intesa tra la Repubblica Italiana e la Repubblica di Croazia sui diritti delle minoranze furono il 5 novembre 1996 a Zagabria, il capo della diplomazia croata Mate Grani? e il ministro degli Esteri italiano Lamberto Dini. Quest’anno è stato celebrato anche il 25º anniversario dell’entrata vigore del Trattato avvenuta con lo scambio degli strumenti di ratifica tra i due Stati, ossia l’8 luglio 1998.
Se c’è un accordo internazionale che per la Comunità Nazionale Italiana assume una valenza chiave questo è indubbiamente il Trattato Grani?-Dini, un’intesa che sia nel preambolo che in una serie di articoli sancisce di fatto anche l’importanza del principio dell’unitarietà della Comunità Nazionale Italiana. Per non parlare dell’articolo 3 che ribadisce un altro dei postulati dell’azione politica della CNI, ossia l’uniformità di trattamento della minoranza sul suo territorio d’insediamento storico, un obiettivo di fondo da raggiungere “gradualmente”.
Il Trattato italo-croato sui diritti delle minoranze si richiama, tra l’altro, nel preambolo, al Patto internazionale sui diritti civili e politici, al Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali; alla Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazioni razziali; alla Convenzione contro la discriminazione nel campo dell’insegnamento; alla Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali; alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo; alla Dichiarazione sui diritti delle persone appartenenti alle minoranze nazionali o etniche, religiose e linguistiche; ai documenti fondamentali dell’OSCE, segnatamente quelli riguardanti la dimensione umana e la protezione delle minoranze; nonché allo Strumento dell’Iniziativa Centro-Europa per la protezione dei diritti delle minoranze.
Sempre nel preambolo si tiene conto del fatto che la Repubblica di Croazia è uno degli Stati successori dell’ex Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia; si ritiene necessaria una stretta cooperazione tra la Repubblica di Slovenia e la Repubblica di Croazia al fine di realizzare i più elevati standard comuni per la protezione della minoranza italiana nei due Stati, nonché un’efficace comunicazione tra i membri della CNI che vivono nei due Paesi e si ribadisce l’esigenza di dare attuazione al Memorandum d’Intesa sulla protezione della minoranza italiana in Croazia e in Slovenia, firmato dall’Italia e dalla Croazia a Roma il 15 gennaio 1992, allo scopo di porre rimedio alle conseguenze della separazione della minoranza italiana in due Stati distinti.
All’articolo 1 del Trattato, la Repubblica di Croazia, in conformità alla sua Legge costituzionale sui diritti e le libertà dell’uomo e delle minoranze, conforma il riconoscimento del carattere autoctono e dell’unità della CNI e delle sue caratteristiche specifiche. In questo contesto Zagabria s’impegna a prendere le misure necessarie per la protezione della minoranza italiana in applicazione dei suddetti principi. All’articolo 2, la Repubblica di Croazia si impegna altresì a garantire il rispetto dei diritti acquisiti della CNI in base ai Trattati internazionali e all’ordinamento giuridico interno dello Stato predecessore nel territorio della Croazia stessa, come pure il rispetto dei nuovi diritti della minoranza italiana contenuti nell’ordinamento giuridico interno del Paese.
Ed arriviamo al fondamentale articolo 3, a cui spesso e volentieri si fa riferimento anche nei dibattiti politici interni alla CNI: “Tenendo conto dei documenti internazionali pertinenti menzionati nel preambolo, la Repubblica di Croazia s’impegna a concedere, al più elevato livello raggiunto, l’uniformità di trattamento nel suo ordinamento giuridico, alla minoranza italiana all’interno del suo territorio; tale uniformità può essere realizzata attraverso la graduale estensione del trattamento concesso alla minoranza italiana nell’ex Zona B, alle aree del Paese tradizionalmente abitate dagli appartenenti alla CNI”.
E arriviamo così agli articoli che di fatto ribadiscono il valore e il principio dell’unitarietà della minoranza. All’articolo 4, la Repubblica di Croazia riconosce l’Unione Italiana, che in base alla legislazione croata possiede personalità giuridica, come l’Organizzazione che rappresenta la CNI. All’articolo 5 altresì la Repubblica di Croazia garantisce piena libertà di movimento ai membri della minoranza italiana da e per la Repubblica di Slovenia al fine di mantenere le strette relazioni esistenti prima del 1992. Inoltre, all’articolo 6, la Repubblica di Croazia garantisce la libertà di lavoro nel proprio territorio ai cittadini sloveni membri della CNI impegnati in attività che riguardano la minoranza, come l’Unione Italiana, altre istituzioni, scuole, media, ecc. All’articolo 7, la Croazia s’impegna a salvaguardare i cittadini sloveni appartenenti alla minoranza italiana e che sono impiegati nel suo territorio da discriminazioni nelle loro attività lavorative fondate sulla cittadinanza, in conformità agli standard dell’OIL. Infine, all’articolo 8, troviamo un’altra disposizione molto importante che si riferisce, stavolta alla minoranza croata in Italia: “Senza pregiudizio per l’attuazione ad opera delle parti di tutte le disposizioni incluse nel presente Trattato, e tenendo conto delle disposizioni contenute nello Statuto della Regione Molise, la Repubblica Italiana s’impegna a concedere alla minoranza croata autoctona nel territorio di tradizionale insediamento dove la sua presenza è stata accertata, di preservare e di esprimere liberamente la propria identità e retaggio culturali, di usare la propria madrelingua in privato e in pubblico e di stabilire e mantenere le proprie istituzioni e associazioni culturali”.
Nell’insieme questo Trattato assume grande valenza per entrambe le minoranze, quella italiana in Croazia e quella croata in Italia. Se sul tema del bilinguismo e dei diritti linguistici e scolastici della CNI sono possibili passi avanti in varie zone del territorio d’insediamento storico della minoranza, l’articolo 3 è indubbiamente la chiave di volta. Naturalmente, perché le disposizioni non rimangano lettera morta, servono impegno e dialogo politico, serve consapevolezza da parte della CNI sul territorio, serve anche la necessaria comprensione delle autorità statali, regionali e locali, nonché della maggioranza nel suo complesso.
Quando si parla di diritti CNI in realtà si parla di diritti storici del territorio, di identità dello stesso, di consapevolezza del passato da parte di tutti, maggioranza e minoranza, di arricchimento culturale globale. Ed è in questo spirito che va letto questo Trattato: in questo clima è possibile fare passi avanti.
Dario Saftich
Fonte: La Voce del Popolo – 05/11/2023