Nel numero del 30 novembre 1920, Attilio Tamaro pubblica sulla rivista nazionalista “Politica” questa amara riflessione:
«Perché l’organo del Fascismo, dopo aver agitato per due anni con la massima violenza la questione dalmatica, si piegò su se stesso, s’ammosciò, rinnegò la sua tesi, predicò la rassegnazione, abbandonò d’Annunzio, mentre ancora alla vigilia della firma del trattato aveva affermato che senza l’approvazione del Comandante il trattato non poteva avere alcun valore».
L’organo del Fascismo è naturalmente “Il Popolo d’Italia” diretto da Benito Mussolini. Il «trattato» è quello firmato – dopo un difficile negoziato – dal Regno d’Italia e dal Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni il 12 novembre del 1920 a Villa Spinola di San Michele di Pagana, vicino a Rapallo.
Il trattato assegnò all’Italia Trieste, Gorizia, Gradisca, l’Istria, Postumia, Bisterza, Idria, Vipacco, Zara, le isole di Cherso, Lussino, Pelagosa, e Lagosta. Contestualmente fu decisa la creazione dello Stato Libero di Fiume, che prese vita nel gennaio del 1921.
Sia dalle colonne di “L’Idea Nazionale”, sia da quelle di “Politica”, Attilio Tamaro criticò duramente l’andamento delle trattative, denunciando il carattere rinunciatario del presidente del Consiglio Giovanni Giolitti e del ministro degli Esteri Carlo Sforza. […]
Gianni Scipione Rossi
Fonte: Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice