Scritto da Giorgio Federico Siboni
Il 3 ottobre, come è noto, la Bosnia-Erzegovina è stata chiamata alle urne. Le forze politiche che si sono presentate all’attenzione dell’elettorato – otto i maggiori raggruppamenti – costituivano una sorta di eterogeneo mosaico associativo: tanto in termini di ideologie, quanto nelle suddivisioni fra i cosiddetti partiti «etnici» e quelli «multietnici». I primi rappresentano oggi le istanze delle rispettive comunità nazionali, sancite dal Trattato di Dayton (la bosgnacco-musulmana, la croata e la serba), i secondi si propongono invece, per il futuro, un superamento di tali divisioni e in quest’ottica la creazione di una Bosnia finalmente unitaria che, normalizzando il più generale quadro politico del Paese, possa guidarlo in modo decisivo verso l’Unione Europea, sottraendolo nel contempo al proprio stato di transizione istituzionale, in essere da ormai quindici anni.
Dopo gli ultimi scrutini si è profilato quello che, già nei primi giorni di spoglio elettorale, obiettivamente sembrava il protagonista centrale del prossimo corso politico alla Presidenza della Repubblica Bosniaca Tripartita: il candidato del Partito d’Azione Democratica (Sda), Bakir Izetbegovic. Figlio di Alija Izetbegovic, figura carismatica della comunità musulmana durante la guerra (1992-1995) e tra gli artefici dell’indipendenza della Bosnia. Bakir (54 anni) si aggiungerà a sua volta ai due presidenti della reggenza tripartita riconfermati alle urne: il serbo Nebojsa Radmanovic e il croato Zeljko Komsic. Quest’ultimo, proveniente dalle fila del Partito Social Democratico, è il solo con base elettorale multietnica ad avere un certo peso nello scenario politico bosniaco. Il seggio del serbo Radmanovic, pure messo in forse dalla significativa candidatura di Mladen Ivanic, presidente di una coalizione avversaria, si è tuttavia rivelato, in ultimo, stabile.
Malgrado soltanto il 50% degli aventi diritto si sia presentato alle urne e le inequivocabili dimostrazioni di un indirizzo, per molti versi, ancora rigidamente tradizionalista, la scelta di Izetbegovic – che ha raccolto oltre il 34% dei consensi, davanti al magnate dell’editoria Fahrudin Radoncicn con circa il 30% delle preferenze e all’uscente Haris Silajdzic, in terza posizione nella contesa elettorale – potrebbe rivelarsi un segnale incoraggiante per un possibile avvicinamento tra le comunità musulmana e serba, la cui contrapposizione è a tutt’oggi all’origine dell’impasse politico che frena il cammino della Repubblica verso la collaborazione con l’Europa e più in generale verso l’integrazione della Bosnia nel panorama diplomatico internazionale.