Il suggello più prestigioso e simbolico l’hanno posto i due presidenti, l’italiano Mattarella e lo sloveno Pahor, quando nell’ottobre 2021 hanno inaugurato la passerella sull’Isonzo a Salcano: l’occasione, che coincideva con i festeggiamenti per la nomina di Gorizia-Nova Gorica capitale europea della cultura 2025, ha confermato come quel passaggio del confine, quel collegamento tra le due sponde, fosse l’ideale ma anche concreta rappresentazione delle ambizioni e dei progetti, dei risultati e delle conquiste, di un territorio che piuttosto che “di confine” ama definirsi “transfrontaliero”. La passerella – ce l’aveva confermato Tanja Curto del Gect, gruppo europeo di cooperazione territoriale che l’ha realizzata – è stata una conquista sotto numerosi profili, non ultimo quello burocratico: fondi UE dell’Interreg Italia-Slovenia , progettazione da parte dell’ente con sede in Italia, applicazione del codice degli appalti sloveno, una Babele districatasi senza intoppi. E quel ponte è solo un tassello del più ampio progetto del parco Isonzo-So?a, curato dal Gect, che con una rete di percorsi ciclopedonali, aree attrezzate, parcheggi e nuovi itinerari, contribuisce alla fruibilità dell’area di confine, all’abitabilità del territorio transfrontaliero e alla sua valorizzazione.
Sulle mappe disegnato come una linea, nella mente concepito come una cesura netta e nitida, il confine possiede invece anche una larghezza, uno spessore, una densità, come ben sanno quelli che, a Gorizia-Nova Gorica ma non soltanto, lo attraversano e lo vivono ogni giorno. Eppure, nonostante il crollo della cortina di ferro, nonostante l’ingresso della Slovenia nella UE e successivamente nell’Eurozona, è sopravvissuto l’organismo bilaterale italo-jugoslavo creato nel 1980 come Commissione Mista italo-slovena per la manutenzione del Confine di Stato: riconfermata nel 1992 con la successione della Slovenia nei trattati bilaterali , la commissione è stata rinnovata nel 2007 con una Convenzione tra i due governi; e non è un caso che al ministero degli Esteri ci fosse proprio Franco Frattini, che di lì a poco sarebbe diventato presidente del Gect.
Passano i decenni, cambiano natura i confini, e dei confini mutano anche gestione e manutenzione, ma è sempre la stessa commissione a dare l’ok, a cose ormai fatte, anche alla passerella sull’Isonzo: “Lo sviluppo delle iniziative transfrontaliere – si legge in un comunicato che riferisce di una riunione della commissione nel dicembre 2021 – costituisce un ulteriore passo in avanti nel sempre più radicato rapporto di collaborazione, cooperazione e amicizia tra le Amministrazioni e le comunità italiana e slovena”.
Al di là della “manutenzione” di cui si occupa questo organismo bilaterale, che ha lavorato qualche anno al catalogo delle coordinate e descrizione del confine (8 volumi) e all’atlante delle carte e delle mappe del confine (88 ortofotocarte), il percorso della storica frontiera tra i due blocchi ha offerto occasioni di sviluppo turistico-culturale anche altrove, dal Baltico al Bosforo.
La striscia di confine tra le due Germanie ad esempio misura fino a 200 metri di larghezza, una fascia di terreno rimasta integra durante i 40 anni di sopravvivenza della Repubblica Democratica Tedesca, tanto da arrivare ad ospitare oltre 5200 specie animali e vegetali di cui almeno un migliaio a rischio estinzione. Di qui l’interesse di alcuni biologi tedeschi, che avevano cominciato a studiare quel nastro già negli anni ottanta e che dopo la riunificazione hanno lavorato per mantenerlo intonso. L’idea si è poi estesa lungo gli oltre 12mila chilometri della cortina, ed è nata la “European Green Belt ”, la cintura verde europea, a difesa di quello che viene definito “uno straordinario tessuto ecologico, un vivido paesaggio della memoria”: dal mare di Barents lungo le coste baltiche attraverso l’Europa Centrale e i Balcani fino al Mar Nero e all’Adriatico, la zona di confine, si legge nella presentazione, “ha concesso una pausa alla natura, creando così una zona di vita”.
L’ambizioso obiettivo dell’iniziativa della Green Belt europea, ovvero “armonizzare le attività umane con l’ambiente naturale, aumentando le occasioni di sviluppo socio-economico per le comunità locali”, riecheggia gli intenti degli esperti del Gect nel loro studio dell’area transfrontaliera lungo l’Isonzo. In effetti, quel tratto del fiume su cui si è concentrata la progettazione è un frammento del mosaico verde europeo, avendo segnato per decenni la frontiera tra i due blocchi.
A muovere il progetto del parco transfrontaliero Isonzo-So?a, la cui realizzazione si è chiusa ufficialmente lo scorso novembre, è stata infatti l’intenzione di “promuovere e aumentare la fruibilità, anche da parte dei residenti, del territorio transfrontaliero attraversato dal fiume Isonzo nei Comuni di Gorizia, Nova Gorica e Šempeter-Vrtojba, conservandone e valorizzandone il patrimonio naturale e culturale”.
In concreto, l’area dispone ora di una nuova rete di piste ciclabili e pedonali, di un parcheggio per i camper e della passerella sull’Isonzo, nonché di un’area ricreativa a Vrtojba- Camp Vrtojba. Si tratta di infrastrutture localizzate su entrambi i lati del confine, ma progettate e realizzate con delega al Gect, applicando di volta in volta la normativa slovena oppure quella italiana nel diritto sugli appalti. I consigli comunali dei tre comuni di Gorizia, Nova Gorica e Šempeter-Vrtojba hanno così posto le basi per una metodologia unitaria di pianificazione del territorio delle tre città, anche se in due stati nazionali diversi.
Il progetto prende le mosse da consultazioni meticolose e diffuse che hanno coinvolto politici, albergatori, associazioni, accademici, di qua e di là del confine, e poggia su uno studio integrato dell’area transfrontaliera ispirato alle “agende urbane” di tutte e tre le municipalità. Una sintesi che, come ci ha ricordato Tomaž Konrad, vicedirettore del Gect, riesce a moltiplicare gli effetti positivi per tutti i soggetti. Confrontando e sintentizzando le diverse agende infatti, il piano strategico ne ha colto una comune visione progettuale, dallo slancio all’economia puntando sul turismo enogastronomico, allo sviluppo della capacità attrattiva dei centri storici, dalla promozione dell’uso della bici al perseguimento di una società vitale e dinamica e di uno sviluppo urbano pianificato, con la valorizzazione dello “slow travel” e l’organizzazione di grandi eventi transfrontalieri.
Le analisi che hanno accompagnato lo studio del Gect non hanno mancato di evidenziare le differenze tra le municipalità slovene e quella italiana, e tra loro. Con un PIL per Gorizia inferiore dell’8% alla media regionale friulana e per Nova Gorica e Šempeter-Vrtojba inferiore del 9% rispetto alla media nazionale slovena, il territorio condivide la medesima condizione di “area a sviluppo medio”, e simili sono anche i tassi di disoccupazione; marcate invece risultano le differenze salariali, con i 28mila euro annui sul versante italiano contro i 18.500 in Slovenia.
L’attenzione ai dati economici si è così tradotta in proposte concrete riferite alle risorse umane, visto che la valorizzazione del parco transfrontaliero e la sua fruibilità futura dipendono dalle persone che il sistema saprà coinvolgere. Dalle analisi emerge la necessità della formazione linguistica da entrambe le parti, con il suggerimento a “scambiare” manodopera: “I lavoratori sul lato italiano hanno maggiori conoscenze e competenze pratiche, quelli sloveni invece dispongono di maggiori conoscenze concettuali e competenze linguistiche, pertanto sarebbe sensato prevedere uno scambio di manodopera”. Le persone andrebbero poi adeguatamente formate nel campo dell’imprenditoria turistica, perché il tessuto economico sappia adeguarsi alle variabili condizioni del mercato.
La macroscala che colloca il parco transfrontaliero in un contesto territoriale “tra Venezia e Klagenfurt, passando per Lubiana”, ne descrive e analizza le potenzialità turistiche elencando almeno cinque ambiti di attrattiva lungo i tre paesaggi dell’Isonzo, dalla sorgente alla foce passando per la zona di confine: le attività sportive legate al fiume (rafting, kayak, canyoning); l’integrazione dei percorsi ciclabili con il trasporto pubblico; i luoghi della Grande Guerra con i sentieri della pace, i cimiteri, i ruderi; gli eventi culturali e di intrattenimento come festival, concerti, fiere; e il turismo balneare nella zona di Grado. Il tutto per attrarre un visitatore attento alle offerte enogastronomiche.
Il nuovo ring ciclabile che partendo dal ponte di Solkan attraversa alcune aree agricole passando per il centro storico di Gorizia e di Šempeter (la città delle violette), lungo il bosco del Panovec e Nova Gorica, si chiude al So?a Fun Park di Salcano e tocca i principali punti di interscambio con ferrovia, autobus e parcheggi. Si tratta di una cinquantina di chilometri, oltre la metà dei quali realizzati ex novo: una dozzina ripercorrono la linea di confine verso il Carso, con la Piazza della Transalpina e una serie di mini musei, collegandosi alla ciclovia nazionale slovena Salcano-Piave, mentre per una trentina di chilometri si costeggia il fiume passando per i campi di via degli Scogli, il ponte del Torrione e la centrale idroelettrica di Straccis.
“Lo sviluppo del turismo a livello transfrontaliero è un’impresa complessa”, ammettono gli stessi progettisti del Gect nelle dense pagine della relazione finale, che comunque suggerisce spunti concreti per avviare l’operazione. Necessario innanzitutto elaborare un’identità chiara e riconoscibile per l’area che dovrà essere in grado di offrire “esperienze culturali ed enogastronomiche transfrontaliere uniche ai turisti in cerca di svago a metà tra città e natura”, i cosiddetti “turisti d’esperienza”. E il richiamo potrà attingere ad un bacino ricco di 35 milioni di presenze turistiche a livello di macroregione (Venezia e Grado incluse), con quasi due milioni di presenze ascrivibili al turismo del gioco d’azzardo a Nova Gorica.
Da intercettare quindi, saranno quelli che nel documento vengono chiamati “gli esploratori”, ovvero turisti interessati non solo a Venezia ma anche alla vivacità della capitale Ljubjana, ai casinò ma anche ai giri in bici dall’Alta valle dell’Isonzo fino alle sabbie di Grado. E per farlo andrà rafforzata la visibilità dell’area come un unicum variegato, luogo di partenza e collegamento, tra cultura, enogastronomia, paesaggio, concentrandosi su un “brand transfrontaliero” unico e condiviso, anche grazie a nuovi eventi da concordare fra le tre municipalità.
Le cose da fare sono ancora tante, anche perché “la promozione viene dopo lo sviluppo dei prodotti e non viceversa”: si suggerisce un concorso di idee per definire l’identità e il brand turistico dell’area “cuore culturale e culinario d’Europa”, oltre a un piano di promozione e valorizzazione dei luoghi della Grande Guerra, sviluppando la segnaletica, digitalizzando le guide; si raccomanda di migliorare l’infopoint del ponte di Salcano ma anche della Piazza della Transalpina, attrazione turistica “totalmente sotto sfruttata”, e in generale di elaborare un’offerta congiunta di souvenir, all’insegna di un brand comune, coinvolgendo i privati.
Le aspettative ci sono, le buone premesse anche. E soprattutto, come ci hanno confermato i progettisti del Gect, ci sono tante energie inespresse che attendevano di essere stimolate e coordinate. Ora pronte a mettersi alla prova con la bella stagione.
Paola Rosà
Fonte: Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa – 07/04/2023