Giuliani, fiumani e zaratini esclusi dal voto del 2 giugno 1946

Pubblichiamo l’incipit del contributo del Prof. Davide Rossi “La “Questione di Trieste” e il voto del 2 giugno 1946: un problema anche costituzionale” contenuto nella pubblicazione realizzata da Coordinamento Adriatico Aps Il territorio Adriatico. Orizzonte storico, geografia del paesaggio, aspetti economici, giuridici e artistici, Vol. II, ESI, Napoli 2019 (pp. 181-223).

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Non sono molti a sapere che le prime elezioni italiane a suffragio universale, con voto diretto, libero e segreto avvennero con una distorsione territoriale non priva di conseguenze: una parte del territorio nazionale fu letteralmente delegittimata e non poté esprimere l’appartenenza nazionale attraverso l’indicazione dei propri rappresentanti, ed un’area geografica di quasi un milione di persone venne così estromessa, in modo affatto marginale, dal dibattito politico, sociale e culturale. Per una sorta di secondo scherzo del destino, infatti, e come già per certi versi accaduto nel 1919, la XII circoscrizione – quella appunto di Trieste, Fiume, Zara e l’Istria – risultò esclusa dal panorama elettorale nazionale: una scelta che colpiva proprio quelle zone che, più di tante altre – forse per esser giunte ultime nel percorso di unificazione risorgimentale – percepivano maggiormente l’appartenenza italiana e che avevano visto morire nelle trincee delle loro montagne o delle loro vallate milioni di soldati. Ed è anche da questo elemento non banale che, a mio avviso, si deve partire, volendo comprendere la difficoltà della Storia del confine orientale ad integrarsi nel ben più ampio contesto nazionale. Ancor più se si valuta come dai lavori della Costituente emerga chiaramente un’osmosi quasi totale tra temi di politica estera ed interna, al cui centro impera la cosiddetta “questione di Trieste”, con una intrinseca connessione ed un rapporto tra le due sfere che non poteva scindersi, in quanto trattare dell’una significava inequivocabilmente incidere pure sull’altra. […]

Ed è, questo saluto, rivolto ad un’Assemblea nella quale il popolo italiano, per la prima volta nella sua storia, si può dire rappresentato nella sua totalità perfetta, senza distinzione né di sesso, né di classi, né di regioni o di genti, se anche, sotto quest’ultimo aspetto, si rinnovelli nel ricordo il dolore disperato di quest’ora, nella tragedia delle genti nostre di Trieste, di Gorizia, di Pola, di Fiume, di Zara, di tutta la Venezia Giulia, le quali però, se non hanno votato, sono tuttavia presenti, poiché nessuna forza materiale e nessun mercimonio immorale potrà impedire che siano sempre presenti dove è presente l’Italia. In quest’Assemblea, dunque, il popolo italiano è sovrano, ma, anche, il solo sovrano, l’arbitro assoluto della decisione del suo destino.

Era martedì 25 giugno 1946 e i verbali riportano che, a queste parole dell’ottantaseienne Presidente provvisorio dell’Assemblea Costituente – quel Vittorio Emanuele Orlando, insigne giurista e politi-co siciliano nato ancor prima dell’Unità d’Italia – tutti i costituenti risposero, «levan[dosi] in piedi, [con] vivissimi prolungati applausi e [al] grido di viva Trieste italiana e di viva Trieste repubblicana». Il riferimento del celebre giuspubblicista appare fin da subito chiaro: dei 573 seggi da assegnare e previsti dal Decreto Legislativo Luogotenenziale n. 74 del 10 marzo 1946, in realtà ne furono attribuiti soltanto 556, mancando all’appello i 13 previsti per la Circoscrizione XII (Trieste e Venezia Giulia-Zara), oltre ai 5 della provincia di Bolzano. Infatti, con un ulteriore Decreto Luogotenenziale, di soli sei giorni successivo – ci si riferisce al n. 99 del 16 marzo 1946 – fu

ritenuto che è per ora impossibile lo svolgimento delle elezioni nella Venezia Giulia a causa dell’attuale situazione internazionale e nella provincia di Bolzano, nella quale le liste elettorali non si sono potute ultimare non essendo tuttora regolate le questioni sulla cittadinanza degli optanti per la Germania che hanno perfezionato l’opzione […] abbiamo decretato e decretiamo che i comizi elettorali sono convocati per il giorno 2 giugno 1946…è fatta eccezione per il Collegio elettorale della Venezia Giulia e per la provincia di Bolzano, per i quali la convocazione dei comizi elettorali sarà disposta con successivi provvedimenti.

Per comprendere appieno le motivazioni che indussero a questa scelta comunque così mortificante per tutta la parte orientale della Penisola – con Tenda e Briga, al confine occidentale, i cui abitanti, quasi per assurdo, poterono partecipare al voto, per vedersi cedere la sovranità in favore della Francia già nell’anno successivo – è necessario compiere un salto all’indietro di circa ventiquattro mesi, per soffermarsi sul contenuto del Decreto-Legge Luogotenenziale n. 151 del 25 giugno 1944, meglio conosciuto come prima costituzione provvisoria. È con tale documento che si statuisce che

(art. 1) dopo la liberazione del territorio nazionale, le forme istituzionali saranno scelte dal popolo italiano che a tal fine eleggerà, a suffragio universale, diretto e segreto, una Assemblea Costituente per deliberare la nuova costituzione dello Stato. […]

Davide Rossi