Meglio tardi che mai. I caduti italiani dimenticati per settant’anni nelle fosse comuni di Castua ePoloj, in Croazia, avranno una degna sepoltura. Entro la fine dell’anno, una commissione mista italo-croata effettuerà un’ispezione congiunta al fine di verificare le condizioni per organizzare le attività di ricerca, individuazione ed esumazione degli italiani tuttora sepolti nelle due località croate.
Particolare rilevanza, per il mondo dell’Esodo Giuliano-Dalmata, viene attribuita proprio alla “site survey” che riguarderà la fossa di Castua, nel bosco della Loza Crekvina, a 10 km daFiume. Come spiega Antonio Ballarin, presidente della Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani Fiumani e Dalmati (FederEsuli), proprio a Castua, “nel maggio del 1945, il senatore Riccardo Gigante veniva ucciso dalle truppe del Maresciallo Tito – senza essere sottoposto a nessun tipo di processo – per poi esser scaraventato in una fossa comune assieme ad altre vittime innocenti, tra le quali: il giornalista Nicola Marzucco, il maresciallo della Guardia di Finanza Vito Butti e il vice brigadiere dei carabinieri Alberto Diana”. Questi sono solo alcuni dei nomi delle centinaia di nostri connazionali scomparsi da Fiume e dintorni nella stagione di sangue e giustizia sommaria che va dal 1939 e il 1947.
Il “diritto di riportare alla luce le loro spoglie” e inumarle degnamente, tra i punti all’ordine del giorno del Tavolo di coordinamento Governo – Associazioni degli Esuli, sembra finalmente approdato ad un riconoscimento che, seppur tardivamente, fissa un traguardo importante. E premia la perseveranza di chi ha conservato la memoria prim’ancora che fosse una legge a ricordargli di farlo. “Il rispetto di un simile punto – spiega Ballarin – è segno di una civiltà che osserva diritti elementari. Eppure, tale rispetto non è automatico, ma richiede costanza nell’azione svolta, visione prospettica ed affermazione di un’etica positiva che agisca come lievito nella nostra società”.
Un risultato che, fino a un decennio fa, era assolutamente impensabile. Dal 1999, per quei martiri senza croce viene celebrata ogni anno una messa. Una cerimonia ristretta, organizzata dalla Società di Studi Fiumani in accordo con il parroco della chiesa di Sant’Elena a Castua, che per molti anni ha rappresentato l’unica forma di riconoscimento “istituzionale” di quei fatti. Solo con la legittimazione operata dalla legge che istituisce il “Giorno del Ricordo” e impegna istituzioni ed enti a “conservare la memoria di quelle vicende” si è aperto un canale di dialogo ufficiale con le associazioni degli esuli. E grazie a un lavoro lungo e tenace, pian piano, una parte della storia d’Italia è tornata in superficie. E con lei anche ciò che resta delle sue vittime, vera nemesi di un Paese smemorato.
Il Giornale, 26 novembre 2017