UDINE. All’indomani dell’attacco del sindaco Fontanini ai negazionisti delle foibe, storici e politici non ci stanno: il professor Fulvio Salimbeni, già componente della commissione mista italo-slovena che ha studiato le relazioni italo-slovene dal 1880 al 1956, rileva che il negazionismo è un male diffuso che coinvolge non solo l’esodo degli italiani dall’Istria, ma anche la shoah.
Dai banchi dell’opposizione, invece, il capogruppo di Progetto innovare, Federico Pirone, non manca di dire che «nel volantino della Giorno del ricordo il sindaco usa toni provocatori sulle foibe per distogliere dall’immobilismo della città. Toni che poco si addicono al linguaggio di un rappresentante della comunità».
Il sindaco, insiste Pirone, «immagina l’Italia com’era prima della caduta del muro Berlino. Non si è reso conto che fortunatamente abbiamo la possibilità di creare una coscienza comune europea e di rendere giustizia in modo adeguato al dramma che questi innocenti hanno subito».
L’amministrazione di centrodestra sbarcata a palazzo D’Arono dopo oltre 20 anni di governo del centrosinistra, riaccende una polemica che sembrava archiviata con l’intitolazione dell’area verde di via Bertaldia alle vittime delle foibe.
Nei giorni scosi la giunta Fontanini ha modificato l’intitolazione dello stesso parco in parco Martiri delle foibe. La decisione segue l’approvazione in Consiglio comunale, anche con i voti di Prima Udine e della consigliera Simona Liguori di Progetto innovare, della mozione presentata da Luca Vidoni di Fratelli d’Italia. In quell’occasione il centrosinistra, tranne Liguori ovviamente, sono usciti dall’aula.
«Se avessero consultato l’Accademia della crusca si sarebbero resi conto che tra vittime e martiri non c’è una grossa differenza e quindi avrebbero potuto intitolare il parco alle vittime e ai martiri delle foibe», fa notare la presidente dell’Anvgd, Bruna Zuccolin, evitando di entrare nella polemica politica. «L’associazione è apartitica e apolitica, il nostro compito è ricordare quello che è successo. I giovani devono imparare a dire no alla violenza».
Detto questo la presidente dell’Anvgd legge l’articolo 1 della legge 92/2004 che definisce vittime gli infoibati: «La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale “Giorno del ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale».
Detto tutto ciò, l’Anvgd apprezza comunque la mozione che trasforma le vittime in martiri: «Prendo atto – spiega Zuccolin – che il proponente ha voluto dare più valore ai morti».
Evita la polemica politica pure Salimbeni, lo storico è convinto che «ci sarebbe da fare un discorso su come insegnare la storia nelle scuole e aggiornare l’impostazione dei libri di storia che affrontano superficialmente l’argomento. Non basta parlare delle foibe due ore all’anno nel Giorno del ricordo. Gli infoibati – sottolinea – vanno intesi come vittime perché così li definisce la legge».
Secondo il professore «il Miur dovrebbe creare una commissione di studiosi ed esperti per aggiornare anche i corsi di formazione per gli insegnanti». Il condizionale è d’obbligo perché, sono sempre le sue parole, «alla nostra classe dirigente queste cose non interessano. La scuola è in una crisi che si trascina da anni».
Il Messaggero Veneto, 2 febbraio 2019