Scritto da Loris Del Frate
martedì 14 aprile 2009
C’è Rina Battiston, pordenonese, volontaria della Croce Rossa, partita dalla Destra Tagliamento per portare aiuto nell’area goriziana e sparita. C’è Giuseppe Benecchio, anche lui pordenonese e anche lui sparito nell’isontino. C’è il partigiano della Osoppo che dopo aver collaborato a cacciare i tedeschi da Cividale viene portato via da milizie Jugoslave. Ci sono gli agenti della Guardia di Finanza che parteciparono alla liberazione di Trieste, ma conobbero la deportazione da parte delle formazioni slave finendo nella foiba di Roditti e nel campo di Borovnica in Slovenia. Ci sono nomi e storie di oltre 5 mila scomparsi sul Registro delle vittime del confine Orientale dal 1943 al ’47 presentato ieri, ma in libreria tra qualche mese con il primo volume (sono quattro in tutto).
Un lavoro certosino di ricerca in 47 archivi, alcuni privati, altri pubblici, altri ancora, come quello della Corte suprema di Belgrado, mai esplorati. A mettere insieme nomi, storie, date e riscontri Marco Pirina, pordenonese, storico e ricercatore autodidatta che da sempre, anche con qualche dura critica sulle spalle delle Associazioni partigiane e da una parte della comunità scientifica e di ricerca storica, ha lavorato per cercare di riportare a galla quanto accaduto negli anni bui della “guerra civile”. Libri sulle foibe che hanno sollevato polemiche che ancora non si sono sopite. L’idea di realizzare questo Registro degli scomparsi che raggruppa non solo fascisti, repubblicani di Salò e collaborazionisti, ma anche antifascisti, partigiani, civili e militari scomparsi e mai ritrovati nella zona del Confine orientale, era nata a Venezia, nel corso di un convegno organizzato proprio da Pirina insieme al giornalista del Tg5, Daniele Moro e al presidente del Consiglio regionale, Edouard Ballaman. Emblematico il titolo: Perché non fare una storia insieme. «Pensavamo di essere in tre o quattro – spiega Pirina – invece la sala era piena». Per la verità mancavano i soldi per affrontare l’iniziativa. Nei cinque anni di amministrazione regionale di centrosinistra l’Associazione Silentes Loquimur, presieduta da Pirina, era stata tagliata dalla spartizione dei contributi. Le cose, però, sono cambiate con la vittoria del centrodestra che ha subito collocato il sodalizio culturale in prima fascia. In termini di soldi significa 100 mila euro l’anno. Pochi mesi dopo è arrivato anche il patrocinio della Regione Veneto.
«Il Registro delle vittime – spiega Pirina – non è un elenco telefonico con soli nomi. Per ognuno di loro c’è la data della sparizione, il luogo in cui erano stati portati, la data della morte e soprattutto il luogo di sepoltura. Il tutto con riscontri, testimonianze e foto raccolte e confrontate con i dati degli archivi e delle fonti storiche. Il primo volume (va dalla A alle C ndr.) raccoglie i nomi di circa mille e 400 persone scomparse alle quali noi abbiamo ridato la dignità di esseri umani. Volutamente, proprio per non sollevare polemiche e incrementare divisioni, nel Registro saranno citati tutti gli scomparsi, indipendentemente dalla loro origine, credo politico e parte nella quale hanno combattuto. Il volume è già pronto, ma farlo uscire ora, a ridosso del 25 Aprile avrebbe significato creare un polverone. Abbiamo deciso di rinviare a dopo l’estate». Resta la verifica sulle fonti e la credibilità dei ricercatori. «Il gruppo di lavoro – conclude Pirina – si compone di sei ricercatori dei quali quattro stranieri. Tutti hanno firmato un codice etico per la raccolta dei dati: nessuna discriminazione di appartenenza politica, religiosa e sociale. In più ci interessano solo i nomi degli scomparsi con le relative verifiche, non i nomi dei responsabili. Era l’unica maniera per riuscire a far aprire gli archivi». Se l’Anpi di Gorizia ha aperto il suo archivio quelli di Pordenone, Udine e Trieste non hanno fornito collaborazione.
Fonte: «Il Gazzettino», 10/04/09.