Foibe, la Slovenia protesta con Mattarella

Tra Slovenia, Croazia e Italia è incidente diplomatico. L’oggetto della crisi sono i discorsi ufficiali tenuti nel Giorno del Ricordo domenica scorsa alla foiba di Basovizza, in provincia di Trieste, dal ministro degli Interni Matteo Salvini e dal presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani. Ma nella bufera sono finite anche le parole pronunciate per la stessa celebrazione al Quirinale da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Davanti all’enorme lapide che ricopre la foiba il tempo si è fermato nei rapporti tra Slovenia e Italia e le lancette dell’orologio diplomatico sono tornate indietro agli anni Ottanta, quando la frizione tra i due Paesi era elevatissima a causa dei beni abbandonati dagli Esuli, tema poi posto in agenda dal governo targato Berlusconi.

Le parole di Tajani

Le frasi che più hanno fatto arrabbiare gli sloveni sono la condanna di Salvini di nazismo e comunismo, ma non del fascismo, e il suo definire il dramma delle foibe una pulizia etnica; nonché le parole finali del discorso di Tajani: «Viva Trieste, viva l’Istria e la Dalmazia italiane!». Ma sul banco degli imputati, come detto, finiscono anche le parole pronunciate dal capo dello Stato Sergio Mattarella nel suo discorso al Quirinale, quando ha affermato che «tra le vittime italiane ci sono state anche molte persone che non avevano alcun legame con i fascisti e i loro crimini».

Il capo dello Stato sloveno Borut Pahor ha scritto una lettera proprio all’omologo Mattarella in cui ha manifestato tutta la sua preoccupazione «per le inaccettabili dichiarazioni di alti rappresentanti della Repubblica italiana nel Giorno del Ricordo per le vittime delle foibe, che desiderano far passare l’idea che le foibe sono state un momento di pulizia etnica e politica». «Mi sembra importante avvertire – ha precisato Pahor – che per la prima volta si cambia in peggio il contesto europeo di convivenza e di uguaglianza, all’interno del quale queste affermazioni e prese di posizione diventano particolarmente preoccupanti».

Il capo dello Stato sloveno Borut Pahor ha scritto una lettera proprio all’omologo Mattarella in cui ha manifestato tutta la sua preoccupazione «per le inaccettabili dichiarazioni di alti rappresentanti della Repubblica italiana nel Giorno del Ricordo per le vittime delle foibe, che desiderano far passare l’idea che le foibe sono state un momento di pulizia etnica e politica». «Mi sembra importante avvertire – ha precisato Pahor – che per la prima volta si cambia in peggio il contesto europeo di convivenza e di uguaglianza, all’interno del quale queste affermazioni e prese di posizione diventano particolarmente preoccupanti».

Il presidente sloveno ha quindi riportato l’attenzione su quanto è avvenuto sul confine orientale alla fine della Seconda Guerra mondiale riferendosi agli esiti dei lavori della Commissione mista di storici italo-slovena sui rapporti bilaterali tra il 1880 e il 1956. Esiti che sono stati salutati con approvazione dalla Slovenia e ai quali deve essere riportata la discussione anche in Italia.

La reazione croata

Ma a infuriarsi è stata anche la Croazia. «Esprimo la mia ferma condanna e respingo con forza le dichiarazioni di Tajani che contengono elementi di rivendicazioni territoriali e di revisionismo storico». Con queste parole il premier croato, Andrej Plenkovi?, ha duramente criticato il discorso dell’esponente di Forza Italia che ha parlato di «Istria e Dalmazia italiane».

È intervenuta anche la commissaria Ue ai trasporti, Violeta Bulc, che su Twitter ha definito «preoccupante» la dichiarazione di Tajani, e ha commentato: «Non è qualcosa che ci aspettiamo dai nostri leader europei. La distorsione dei fatti storici sul confine italo-sloveno è inaccettabile». Altri eurodeputati, anche dello stesso Ppe, hanno criticato Tajani. In serata è arrivata la replica di Tajani. «Nel corso del mio intervento mi riferivo agli esuli istriani e dalmati di lingua italiana, ai loro figli e nipoti, molti dei quali presenti alla cerimonia».

La Stampa, 12 febbraio 2019