Foibe, deportazioni e diritti negati degli esuli al Parlamento europeo

Portare a conoscenza degli addetti ai lavori dell’Europarlamento le tragedie delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata. Con questo spirito martedì 5 febbraio presso la sede del Parlamento europeo a Bruxelles è stata inaugurata la mostra “Tu lascerai ogni cosa diletta più caramente. L’esilio dei giuliani, fiumani e dalmati alla fine del Secondo conflitto mondiale” (rimasta esposta fino al 7 febbraio) grazie alla collaborazione con l’On. Elisabetta Gardini e a cura dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, dell’Associazione Coordinamento Adriatico e del Centro di Documentazione Multimediale per la Cultura giuliana, istriana, fiumana e dalmata. Si trattava di una versione ridotta dell’omonima mostra che ha riscosso enorme successo al Meeting di Rimini per l’amicizia tra i popoli di agosto 2015 ed era destinata ai frequentatori abituali della prestigiosa sede, agli europarlamentari ed ai funzionari parlamentari, i quali hanno potuto così avere un primo approccio con una pagina di storia europea che è rimasta a lungo occultata.

Prima dell’inaugurazione si era svolta la tavola rotonda intitolata “L’Europa e l’Alto Adriatico. Le istanze italiane a trent’anni dalla caduta del Muro di Berlino” con gli interventi di Salvatore Cicu  (Vice capogruppo di Forza Italia al Partito Popolare Europeo) in rappresentanza dell’indisposta Gardini,  Piero Mauro Zanin (Presidente del Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia), Rodolfo Ziberna (Sindaco di Gorizia e rappresentante dell’Anvgd) e Davide Rossi (Federazione delle Associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati). In apertura dei lavori è stato apprezzato il messaggio di saluto inviato dal parlamentare europeo sloveno Alojz Peterle: «Obiettivo di questa sessione – spiega Ziberna – è stato chiedere pubblicamente in una cornice così importante l’apertura degli archivi statali della ex Jugoslavia al fine di trovare traccia dei luoghi in cui sono sepolti i resti dei deportati a guerra finita dalla Venezia Giulia. Nessuno vuole condannare le attuali Repubbliche di Slovenia, Croazia e Serbia, vogliamo bensì fornire a tante persone una certezza su dove siano finiti i propri cari deportati, cioè far sapere dove possono andare a deporre un fiore».

L’indomani ha avuto luogo il convegno “I diritti degli esuli Istriani-giuliani e dalmati, tra normativa interna e vocazione comunitaria”, introdotto dall’On. Gardini e moderato da Davide Rossi (FederEsuli); sono intervenuti il dott. Kristjan Knez (Presidente della Società di Studi Storici e Geografici di Pirano e Vicepresidente della Comunità degli Italiani “Giuseppe Tartini” di Pirano), il prof. avv. Giuseppe de Vergottini (Emerito dell’Alma Mater Università degli Studi di Bologna), la Dottoressa Donatella Oneto (Giudice presso il Tribunale di Pavia) e l’avv. Davide Lo Presti (Dottore di ricerca in Diritto ed Economia dell’Impresa, discipline interne ed internazionali presso l’Università degli Studi di Verona). I lavori della sessione sono stati seguiti dall’On. Nino Jakov?i?, europarlamentare croato già presidente della regione Istria, il quale ha prospettato future collaborazioni per il recupero del territorio istriano in sinergia con l’associazionismo degli esuli e con l’On. Gardini, la quale ha ribadito la propria volontà di sostenere le rivendicazioni e le progettualità della diaspora adriatica.

Documenti giuridici e memoriali sulla vicenda del confine orientale italiana saranno, infine, sottoposti al vaglio della Commissione europea, al fine di dare continuità a questa prima significativa iniziativa. Un più ampio resoconto dell’iniziativa sarà presente nel Bollettino Coordinamento Adriatico 1/2019, di seguito uno stralcio dell’intervento svolto a Bruxelles dal Presidente di Coordinamento Adriatico, il Prof. Avv. Giuseppe de Vergottini.

Lorenzo Salimbeni 

 

Il significato del Giorno del ricordo : memoria ,conoscenza e negazione 

 

La giornata del ricordo del 10 febbraio intende tener viva la memoria di una vicenda che riguarda la nostra storia nazionale. Una vicenda per molti anni rimossa su cui la legge  del 2004 ha voluto intervenire rimediando alla lacuna del passato.

Una intera regione italiana, la sua storia, la sua popolazione, la sua arte, la sua letteratura sono state escluse per anni dalla conoscenza nel vuoto pneumatico dei libri di storia. Artisti, poeti, musicisti, patrioti che hanno partecipato alle battaglie del nostro Risorgimento, combattenti della prima e seconda guerra mondiale vengono tutti avvolti in un unico incomprensibile silenzio. Quelle poche volte che i libri hanno dedicato qualche pagina all’argomento lo hanno fatto con una sorprendente ed imperdonabile superficialità a volte addirittura sposando tesi offensive per la memoria delle vittime di eccidi patiti dalla popolazione civile.

Ancora oggi dobbiamo prendere atto della presenza di tesi revisioniste che negano la evidenza tentando di ridurre i fatti a episodi marginali di una cronaca locale che si disperde e riduce a qualcosa di marginale se inserita nel più ampio scenario delle vicende del secolo trascorso.

Il giustificazionismo che interpreta le foibe come risposta a violenze italiane (gran parte delle quali attuate applicando le leggi di guerra all’epoca vigenti ed alle quali si attenevano tutte le potenze belligeranti) non ha ragion d’essere in una comunità internazionale che si vorrebbe regolamentata dal diritto e dal senso di giustizia come quella che i vincitori della Seconda guerra mondiale intendevano istituire sulle macerie delle dittature sconfitte. Si aggiunga che tutte le uccisioni e violazioni dei diritti fondamentali intervenute dopo il maggio 1945 sono state compiute a guerra finita e in molteplici casi hanno interessato i civili.

Il carattere eccezionale delle stragi di italiani e di oppositori slavi del progetto totalitario di Tito risiede proprio nella coltre di silenzio che le ha avvolte per decenni, tanto da rendere necessaria l’istituzione di una Giornata del Ricordo dedicata a queste vittime.

I giuliani esclusi dalle decisioni.

Tutto quello che è successo dopo la fase drammatica delle foibe e dell’esodo, ma anche i passi successivi compiuti dal Governo italiano per occuparsi del destino dei territori ceduti, è avvenuto evitando di coinvolgere la rappresentanza degli esuli.

Nessun peso hanno potuto avere i giuliani nella definizione delle decisioni che hanno condotto alla amputazione del territorio nazionale. Il “trattato”, in realtà imposto all’Italia, fu oggetto, comunque, di ampie discussioni alla Assemblea Costituente. Ma in tale sede nessun contributo diretto potevano dare i giuliani nell’acceso dibattito sulla firma e sulla  ratifica del trattato che direttamente li riguardava. Infatti l’Assemblea non ha visto la presenza dei costituenti da eleggersi nei collegi di Fiume, Zara, Pola e Trieste. Non hanno quindi votato i cittadini italiani presenti in quelle province. Non hanno votato i giuliani già distribuiti  nei 109 campi sparsi in tutta la penisola, quasi tutti ancora privi di residenza, alle prese con la sfida della sopravvivenza, I giuliano-dalmati non erano considerati “cittadini” con pari diritti, ma “profughi” in stato di emergenza.Quindi sono mancati 13 deputati dei collegi della Venezia Giulia, che avrebbero rappresentato un milione di cittadini.. In questi territori nel giugno ’46, a causa della occupazione militare jugoslava, non furono svolte le elezioni; come non si potettero fare nella Provincia di Bolzano perché era sotto occupazione degli americani che impedirono la costituzione dei seggi. Per cui la nostra Costituzione non ha avuto l’apporto dei parlamentari di quelle province. Questo per dire come già prima del trattato di pace ci fosse stata la amputazione del territorio nazionale e la riduzione degli spazi di partecipazione, con una estraniazione delle nostre popolazioni sia dal processo costituente che dalla partecipazione al dibattito sui trattati che le avrebbero riguardate.

Il suggerimento di ricorrere al plebiscito per verificare gli orientamenti della popolazione circa la volontà di mantenersi sotto sovranità italiana non fu preso in seria considerazione, anche se teoricamente avrebbe dovuto essere in linea con gli orientamenti teorici di parte delle potenze vincitrici circa il rispetto della volontà delle popolazioni interessate al cambio di sovranità . Dopo il trattato di pace, i successivi accordi con la Jugoslavia sono stati negoziati in segreto, ponendo gli italiani di fronte a una serie di fatti compiuti. Nessun ruolo è stato riconosciuto ai giuliani sia nelle negoziazioni di Londra nel 1954 che in quella di Osimo nel 1975 sul destino della Zona B anch’essa passata alla Jugoslavia . Ma anche i molteplici accordi relativi alle opzioni e al regime dei beni furono raggiunti in segreto senza nessun concorso degli interessati. Le popolazioni giuliane hanno quindi costantemente subito scelte altrui.

Prospettive.

Oggi sono passati molti anni dalle vicende drammatiche che stiamo ricordando. In Italia si è fatto uno sforzo da parte delle Istituzioni per assicurare la sensibilizzazione delle nuove generazioni. Grazie alla legge del 2004 è stato avviato un proficuo tavolo di lavoro con il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca che ha portato alla realizzazione di concorsi scolastici e di seminari di aggiornamento per i docenti tenuti da insegnanti universitari e storici qualificati. Gli storici hanno affinato le loro ricerche. Negli scambi oltre confine è stato possibile stabilire qualche utile contatto per giungere ove plausibile   a uno “sguardo congiunto” e sperimentando percorsi di storia post-nazionale. Le comunità italiane giuliano-dalmate in esilio e quelle che ancor vivono sulla loro terra di origine hanno avviato un dialogo sempre più intenso. Le istituzioni degli stati hanno intrapreso nel limite del credibile sforzi per giungere alla riconciliazione fra i popoli. Le prospettive offerte dell’integrazione europea hanno aiutato lo scambio culturale e imposto oltre al superamento dei confini politici quello delle preclusioni culturali e della prevaricazione delle minoranze.

Nonostante l’esodo degli italiani, l’Istria e la Dalmazia rimangono terre culturalmente plurali. Perché oltre agli italiani rimasti c’è una evidente domanda di cultura italiana. Si riscoprono legami secolari tra le due sponde dell’Adriatico. La prospettiva europea consente che si possano percorre strade che l’epoca dei nazionalismi aveva chiuso mentre la lezione del secolo trascorso sembrerebbe rendere improponibile il recupero delle contrapposizioni nazionali.

Purtroppo la profonda crisi della Unione Europea e il rigurgito delle sovranità che attraversa l’Europa centrale rischia di spingere a ricostruire  barriere e  di porre un pesante freno a tutto ciò di positivo che la cultura e la politica hanno tentato di fare in questi ultimi anni.

Il Giorno del Ricordo è il momento in cui l’italianità giuliano-dalmata chiede di ricordare le proprie vittime ed un momento di raccoglimento per commemorare le violenze che ha subito: negare, giustificare e ridimensionare quanto patito costituisce una nuova forma di violenza.

Giuseppe de Vergottini