Scritto da Goran Vežic
Gli elenchi rimangono la nota dolente della macchina elettorale croata. Sono passati quasi vent’anni dall’avvento del pluripartitismo, ma i problemi rimangono quelli di sempre. La questione degli elenchi elettorali sta particolarmente a cuore alle comunità nazionali, in quanto la loro partecipazione alla cogestione della cosa pubblica dipende eccome dai risultati delle consultazioni amministrative. E il voto degli appartenenti alle etnie è tutt’altro che ininfluente anche ai fini degli equilibri politici in tantissime autonomie locali. Lasciano alquanto perplessi soprattutto le modalità di inserimento dell’appartenenza etnica degli elettori negli elenchi. Non mancano, inoltre, tra i rappresentanti delle minoranze le opinioni secondo le quali i consiglieri minoritari nelle autonomie locali e regionali dovrebbero essere eletti direttamente dagli appartenenti alle rispettive etnie, come avviene nel caso dei parlamentari ai seggi specifici del Sabor. Per non parlare del fatto che spesso i partiti politici sono saliti a candidare nelle proprie liste esponenti minoritari senza consultare le organizzazioni rappresentative o i Consigli delle varie minoranze. I diversi problemi sono balzati alla luce con grande evidenza alle recenti amministrative di maggio.
«L’atteggiamento dei partiti spesso irresponsabile»
Il dopoelezioni è quindi l’occasione per parlare di tali questioni con diversi esponenti di spicco delle minoranze nazionali in Croazia. Iniziamo con Furio Radin, deputato al seggio della comunità nazionale italiana al Sabor, presidente della Commissione parlamentare per i diritti dell’uomo e delle minoranze e presidente dell’Unione Italiana: «Alle elezioni locali la minoranza italiana ha conseguito una rappresentanza non soltanto adeguata alla sua presenza in termini percentuali sul territorio, ma anche superiore, come del resto lo impone il principio della discriminazione positiva. Il numero dei rappresentanti eletti è maggiore rispetto a quello prescritto dagli statuti sia a livello comunale e municipale che nelle Assemblee delle Regioni istriana e litoraneo-montana, per cui la nostra valutazione su queste elezioni risulta positiva. Elezioni suppletive si avranno soltanto a Parenzo, fatto questo dovuto ad alcune questioni politiche insorte in loco, che si configurano in realtà come la classica eccezione che non fa altro che confermare la regola. Per quanto riguarda invece i problemi legati agli elenchi elettorali dobbiamo dire che qui, purtroppo, non ci sono stati dei riscontri positivi. Le altre minoranze etniche, che non hanno i diritti regolamentati dagli statuti, risentono anche maggiormente del mancato rispetto della legge, poiché non risulta noto il numero esatto degli appartenenti alle comunità nazionali a livello locale. Per questo motivo i loro diritti, anche se regolati da statuto, sono regolati male, poiché il numero degli appartenenti a tali comunità nazionali è in realtà maggiore rispetto a quello stabilito dai dati ufficiali. Avviene perciò che la legge debba praticamente venir applicata da Zagabria, il che non è un bene, poiché uno dei presupposti della convivenza è che le misure sulla tutela delle minoranze vengano concordate a livello di autonomie locali. La legge funge, in questo caso, soltanto da cornice legislativa entro la quale devono venir prese le dovute decisioni. Purtroppo, né gli elenchi elettorali e neppure il rispetto delle percentuali riservate alle comunità etniche hanno reso possibile l’operazionalizzazione corretta dei diritti delle minoranze alle elezioni locali, soprattutto quando si è trattato di eleggere i dirigenti al livello del potere esecutivo, quali il sindaco ed il vicesindaco. In numerose realtà locali gli stessi partiti politici hanno tenuto un comportamento irresponsabile, poiché, anche se la legge lo dispone, non hanno proposto i vicesindaci provenienti dalle file dalle comunità nazionali. Questa situazione si è presentata in varie località dell’Istria, però grazie ai buoni rapporti che abbiamo con la Dieta democratica istriana siamo riusciti a risolvere tale questione. Se però la DDI non avesse vinto le elezioni, saremmo stati costretti ad andare alle elezioni supplementari in alcune località, così come avverrà a Parenzo.
«La nazionalità definita al momento della nascita»
Bisogna dire che il nostro è uno dei pochi Paesi dove la Commissione parlamentare a livello centrale che si occupa delle minoranze già da un decennio lancia appelli, di regola inascoltati, affinché la questione delle liste elettorali venga risolta a termini di legge. A malapena siamo appena riusciti ad avere una risposta su come avviene l’inserimento nelle liste delle minoranze etniche. La nostra proposta era stata che ogni persona al compimento del diciottesimo anno d’età venisse informata dell’inclusione nelle liste elettorali e dichiarasse allora la propria appartenenza nazionale. Oggigiorno ci ritroviamo con la nazionalità che viene definita, di fatto, dalla nascita e senza previa consultazione con i genitori. Ritengo però che neanche i genitori abbiano il diritto di decidere l’appartenenza nazionale dei figli, bensì questa dovrebbe venir definita dai figli stessi al raggiungimento della maggiore età. Per questo dico che al momento dell’inserimento nella lista elettorale, la singola persona dovrebbe poter decidere in modo libero e autonomo cosa desideri essere nell’elenco. Questo è l’unico modo per risolvere la questione degli elenchi elettorali e può essere fatto soltanto per legge. Le liste elettorali rappresentano una questione cruciale e devo dire con rammarico che le migliori liste elettorali erano forse proprio quelle del 1992, praticamente ereditate dal precedente sistema. Ovviamente sto parlando della mia comunità nazionale.
«Serve discrezione»
Vorrei infine aggiungere che tutto il processo elettorale, quando si tratta di minoranze, dovrebbe venir elevato ad un livello culturale e politico più alto. Ci deve essere una certa discrezione, ovvero rispetto della privacy alle elezioni, poiché per alcune etnie è un problema dichiarare la propria appartenenza nazionale. Se una persona decide di votare in qualità di appartenente a una comunità nazionale, non è necessario che tutta la sala venga a saperlo. Per alcune questioni il passato risulta ancora molto vicino. In questo momento il problema non riguarda naturalmente la comunità nazionale italiana: se però simili elezioni le avessimo avute, ad esempio nel 1950, allora sì che questo sarebbe stato anche un nostro problema». Robert Jankovics, segretario della Comunità democratica degli ungheresi della Croazia, si chiede per quale motivo i consiglieri delle etnie non possano venire eletti allo stesso modo come i deputati minoritari al Sabor: «Risulta illogico il fatto che alle elezioni locali le associazioni minoritarie non abbiano il diritto di candidare i propri rappresentanti (come avviene alle elezioni al Sabor oppure a quelle per i Consiglio delle etnie), visto che pure in questo caso vi sono seggi riservati alle minoranze. Non abbiamo avuto però scelta. Saremmo potuti rimanere al di fuori del sistema oppure adattarci ad esso e cercare di modificarlo dall’interno. I buoni risultati ottenuti a queste elezioni sono confermati anche dal fatto che le elezioni suppletive si terranno soltanto in due comuni (il comune di Draž e quello di Ernestinovo della Contea di Osijek e della Baranja) dove verranno scelti i vicesindaci dalle file della minoranza ungherese. Queste elezioni sono state molto importanti e significative per la nostra comunità anche perché possiamo constatare che in alcune realtà locali è stata realizzata una collaborazione tra alcune organizzazioni ungheresi finora contrapposte. Ciò rappresenta sicuramente un passo avanti dal punto di vista qualitativo per la risoluzione dei nostri problemi e delle nostre esigenze a livello locale. Anche se i risultati delle elezioni sono stati per noi positivi, pure dall’ottica dell’affluenza alle urne, ci troviamo comunque di fronte a problemi significativi con cui dobbiamo fare i conti. Il primo problema è rappresentato dalla cooptazione dei consiglieri dalle liste di partito. Stiamo parlando dei seggi riservati alle etnie a livello di assemblee regionali, comunali e cittadine, concessi in base alla presenza minoritaria stabilita dal censimento della popolazione del 2001. Si tratta di vedere in quale misura un rappresentante di una minoranza, sia essa ungherese o serba o un’altra, che viene cooptato dalla lista di un partito, rappresenti gli interessi della sua etnia, ed in quale misura invece rappresenti gli interessi del partito, della lista dalla quale è stato cooptato nell’organo rappresentativo. In una situazione in cui i deputati al Sabor vengono scelti dalla minoranza stessa, in cui i rappresentanti nei Consigli delle minoranze vengono eletti ovviamente dagli appartenenti alle etnie (e lo stesso avverrà per i vicesindaci minoritari alle elezioni suppletive), ci chiediamo per quale motivo i consiglieri a livello delle autonomie locali, che sono forse quelli che ricoprono l’incarico più importante, essendo più vicini agli interessi della propria minoranza, non vengano scelti separatamente, come avviene per i parlamentari al Sabor croato.
Se ad esempio per il comune di Bilje lo statuto prevede che ci siano cinque consiglieri appartenenti alla minoranza ungherese, per quale motivo essi vengono cooptati dalle liste partitiche, per quale motivo gli appartenenti alle etnie vengono costretti ad entrare a far parte di un partito per poter eventualmente rappresentare per questo tramite gli interessi delle propria comunità nazionale? Tale cooptazione è secondo noi problematica, anche se risulta in linea con le disposizioni legislative in materia. Bisognerebbe pensare ad apportare modifiche e miglioramenti alla legge elettorale. Un ulteriore problema è costituito dagli elenchi elettorali. Non ci preoccupa tanto il fatto che siano così come sono: il vero problema è dato dal fatto che, per quanto concerne la realizzazione dei diritti delle minoranze, il legislatore, ovvero in questo caso l’ufficio centrale per l’amministrazione, fa riferimento all’ultimo elenco elettorale. Per quanto riguarda le cifre riguardanti il censimento della popolazione, consultando il sito web dell’Istituto nazionale di statistica, risulta facile arrivare a questi dati. Le informazioni che riguardano invece la percentuale attinenti alla presenza delle singole minoranze negli elenchi elettorali non sono reperibili da nessuna parte! Personalmente, a nome della Comunità democratica degli ungheresi, ho inviato una richiesta di chiarificazione in merito. In riferimento alla Legge sul diritto e facendo appello al diritto all’informazione, ho richiesto che mi vengano inviati i dati sulla percentuale degli appartenenti alle minoranze etniche presenti negli elenchi, per vedere se questi dati siano davvero reperibili, poiché allo stato attuale delle cose noi non sappiamo quali siano realmente i nostri diritti. Affermare che gli elenchi degli elettori non risultano precisi, è un giudizio molto “soft” sulla reale situazione. Questo è in realtà un problema politico non indifferente, che dovrà venir risolto a livelli più alti».
«I Consigli delle minoranze non vengono consultati»
Josip Herout, presidente del Coordinamento dei Consigli e dei rappresentanti della minoranza ceca in Croazia, rileva che i candidati minoritari spesso sono stati inseriti nelle liste senza le dovute consultazioni con i Consigli delle etnie: «Pongo l’accento sull’importanza dell’art. 31 della legge costituzionale sui diritti delle minoranze nazionali e sottolineo l’importanza di una collaborazione tra i Consigli delle minoranze e i partiti politici, per la questione riguardante le candidature. Una collaborazione del genere contribuirebbe sicuramente al miglioramento dei rapporti politici, per quanto concerne la posizione delle minoranze etniche nell’autogoverno locale. Dobbiamo constatare che le liste dei candidati a tutti i livelli, sia dei comuni, delle città e delle regioni, contemplavano un numero sufficiente di appartenenti alle comunità nazionali, però non nelle posizioni più alte sulle liste partitiche o sulle liste di coalizione. I candidati in questione, inoltre, sono stati scelti comunque senza le dovute consultazioni con i Consigli e con i rappresentanti delle minoranze. Per quanto ci riguarda, le elezioni suppletive non avranno luogo, poiché nelle località nelle quali non sono stati eletti rappresentanti della minoranza alla prima tornata, lì sono stati cooptati dalle liste di partito. Rimane la questione della loro lealtà partitica, ovvero minoritaria, ossia quanto saranno davvero rappresentanti della loro etnia e quanto del partito che li ha candidati. Per questo motivo abbiamo previsto di svolgere, sin dall’inizio, consultazioni con questi rappresentanti e ci aspettiamo che essi, oltre agli interessi partitici, difendano anche gli interessi della loro minoranza nazionale».
«Carente il censimento 2001»
Dragan Crnogorac, presidente del Consiglio dei comuni, è dell’opinione che i consiglieri minoritari debbano essere eletti direttamente dagli appartenenti alle varie minoranze, nell’ambito di elezioni suppletive, nel caso non vengano eletti al primo turno: «Per quanto riguarda gli elenchi elettorali bisogna nuovamente richiamarsi alle indicazioni del governo, pervenute 2-3 mesi prima delle elezioni, secondo le quali il numero dei consiglieri delle minoranze dev’essere fissato in linea con i dati degli elenchi elettorali e non in base al censimento della popolazione. Il rilevamento del 2001 ha fatto venire alla luce numerosi problemi. Si è infatti notato che parecchi risultano notificati a indirizzi fittizi e che il censimento del 2001 non è stato effettuato in modo corretto, poiché le persone che l’anno condotto spesso erano volontari scarsamenti preparati. I rilevamenti sul campo dovrebbero, invece, venir effettuati da persone qualificate provenienti dall’amministrazione statale. Spero che questi problemi verranno superati in occasione del nuovo censimento del 2011. Per quanto riguarda invece la questione della cooptazione dei consiglieri locali dalle liste di partito, quando non vi rappresentanti delle minoranze eletti in via ordinaria, secondo noi la soluzione migliore è quella di ripetere le elezioni dirette, ovvero indire elezioni suppletive, come avviene per l’elezione dei vicesindaci minoritari. Altrimenti ad approfittare di questa situazione sono i grandi partiti politici, i quali seguono la pratica di inserire i rappresentanti delle minoranze nazionali nelle liste di partito, ovvero di inserirli nelle ultime posizioni delle liste, contando sul fatto di assicurarsi in questo modo, a prescindere dalle elezioni, qualche seggio in più. Spero che alle elezioni suppletive i grandi partiti politici quali l’SDP, l’HDZ e la DDI, non presenteranno propri candidati minoritari, anche se ne hanno il diritto politico, bensì demanderanno la scelta dei candidati alle singole comunità etniche».
Bosgnacchi in Istria: ottimi i risultati
Šemso Tankovi?, deputato della minoranza nazionale bosgnacca al Sabor sottolinea in particolare gli ottimi risultati ottenuti dalle formazioni politiche della sua etnia in Istria: «Il Partito di azione democratica (SDA) della Croazia ha ottenuto nel Partito democratico bosgnacco, guidato da Nedžad Hodži?, un avversario politico molto forte. Personalmente posso dire di essere rimasto piacevolmente sorpreso dai risultati ottenuti dal suo partito e colgo l’occasione per congratularmi con lui, per il coraggio avuto nel presentarsi in modo autonomo nella Contea Istriana ed in alcune città e comuni di tale Regione. Due consiglieri (Arsia e Albona) eletti non sono tanti, però sono sufficienti per capire quale sia la strada da seguire. Mi congratulo ancora una volta con il signor Nedžad Hodži?: sono convinto che il risultato ottenuto alle elezioni non sia un fatto passeggero, ma un annuncio di giorni migliori per la comunità bosgnacca in Croazia. Il censimento del 2011 dimostrerà che i bosgnacchi in Croazia si aggirano dall’1,5 al 2 per cento. Questo dovrebbe permetterci di richiedere una circoscrizione elettorale autonoma e di avere la possibilità di ottenere un numero maggiore di rappresentanti al Sabor croato. Nella Regione Istriana abbiamo stipulato un accordo con la DDI, con il quale abbiamo appoggiato la candidatura di Ivan Jakov?i? a zupano. E Jakovi? è stato rieletto presiente della Regione Istriana, che è quella che presenta la maggiore densità di popolazione di nazionalità bosgnacca in Croazia, il nostro candidato, Ahmed Makota, è entrato nuovamente nell’Assemblea conteale.
Lo stesso copione si è ripetuto con i candidati sindaci nelle città di Pola e Albona. Vorrei far notare che i nostri candidati Kemal Velagi? e Mersudin Smajlovi? sono entrati a far parte dei Consigli municipali di queste due città. L’accordo con la DDI nel comune di Chersano dovrebbe assicurare un seggio al nostro candidato. La particolarità di queste elezioni nella Regione istriana sta nel fatto che il Partito di azione democratica (SDA) della Croazia si è presentato in modo autonomo alla consultazione nel comune di Arsia, dove siamo riusciti a far eleggere un consigliere; ed è mancato veramente poco per raggiungere la cifra di due consiglieri eletti. Nella città di Umago il nostro candidato era presente sulla lista dell’SDP e dei suoi partner politici. Nella Contea litoraneo-montana, nella città di Fiume ed in alcune altre località, ci siamo coalizzati con il partito più forte in questa parte della Croazia, ovvero l’SDP. Il nostro partito ha appoggiato i candidati a zupano e sindaco della città di Fiume che sono risultati nettamente vincitori alle elezioni. Abbiamo ottenuto la metà dei mandati, il che è un fatto positivo, anche se sicuramente non soddisfa appieno le nostre ambizioni. In una situazione nella quale però, sono presenti resistenze ad un cammino comune della comunità bosgnacca, realisticamente di più non si poteva ottenere. Sono soddisfatto dei risultati conseguiti nelle località di Portore (Kraljevica) e Castelmuschio (Omišalj)».
Fonte: «La Voce del Popolo», 06/08/09.