L’ opera geniale di Giorgio di Matteo, di Nicolò Fiorentino e degli altri artisti, Patrimonio dell’ Umanità, prova degli scambi culturali fra Italia e Dalmazia scomposta ed approfondita attraverso le più moderne tecnologie multimediali dalla fondazione attraverso i suoi restauri sino ai danneggiamenti dell’ ultima guerra.
Solcando i mari della Dalmazia o percorrendo le sue strade, spesso penso a come poteva essere stata la mia terra durante le molteplici epoche storiche. Valicando i sentieri che da Tenin portano a Dernis scendendo per Briberio e Burnum, penso ai secoli di lotte fra illiri e romani. Nuotando fra Meleda e le Elafiti, è quasi come se navigassi insieme ai greci venuti dall’Egeo o insieme all’ammiraglio Vincenzo Bune, conquistatore dell’ America. Arrivando a Salona e poi a Spalato il mio pensiero va agli imperatori romani, a Diocleziano e a Giulio Nepote, di fatto ultimo imperatore romano d’ occidente. Ammirando le fortezze bizantine delle Incoronate, la piccola Cattaro rannicchiata in fondo alle sue Bocche e la Basilica di San Donato a Zara, penso a quella sconosciuta Dalmazia bizantina che per tanti secoli fu l’ avamposto del dotto oriente, iniziatore della cultura italiana e dalmata. Ma quando entro nel Canale di Sant’Antonio, lasciandomi alle spalle l’ isolotto fortificato di San Nicolò e lo percorro da Punta Sant’Andrea a Punta Santa Croce – quasi fosse un fiore protetto dal suo calice – si apre davanti a me in tutta la sua bellezza, la città di Sebenico, riportandomi al periodo veneziano, quando la Dalmazia venne difesa ed abbellita, come fosse Venezia stessa.
Il calice si apre si apre difendendo la città con i suoi sepali: il forte Sant’Anna, il forte Barone, il forte San Giovanni, il forte San Michele, mentre i palazzi case che si arrampicano sui declivi a mo’ di petali che dispiegandosi nella loro freschezza, come fossero i suoi pistilli, liberano nell’alto le chiese. Più splendida e spettacolare di tutte – lo stigma – la cattedrale di San Giacomo. “ Edificio unico ed eccezionale le cui forme gotiche e rinascimentali sono state fuse armonicamente – risultato di intensi scambi fra regioni culturalmente diverse – hanno reso la Cattedrale una splendida testimonianza del passaggio fra Gotico al Rinascimento in un’ architettura religiosa”. Il riferimento alle definizioni dei criteri che hanno motivato l’ iscrizione della Cattedrale di san Giacomo nei Beni Patrimonio dell’ Umanità dell’ UNESCO, forse spiega in maniera rapida ed esaustiva gli elementi più importanti che caratterizzano una delle più belle opere d’ arte della Dalmazia e del mondo. Seguendo il secondo di questi criteri, la Cattedrale viene definita come “ risultato fecondo di intensi scambi fra regioni culturalmente diverse: l’ Italia centro settentrionale, la Dalmazia e la Toscana dei secoli XV e XVI”.
Ma a scoprire, l’ essenza, l’ etimologia di queste motivazioni quasi più della visita alla Cattedrale da quest’ anno viene in aiuto qualcosa che mi spingo a definire unico forse come la Cattedrale stessa: è “Civitas Sacra” il Centro di interpretazione della Cattedrale di San Giacomo”. Il “Centro” trova spazio all’interno dell’ antico Palazzo Galbiani. Passando sotto il suo portale scolpito, si ha il primo accesso a quest’ esperienza multimediale che spiega nei dettagli più nascosti, come è stata costruita e quali sono state le soluzioni tecniche per la realizzazione di ogni singolo elemento della Cattedrale. E tutti coloro che durante i secoli vi sono vissuti, rendendola quello splendore che oggi resiste portando fino a noi e ai posteri un antico messaggio di Fede e Speranza.
Accolti dalla riproduzione fotografica delle 71 teste scolpite che adornano il fregio, al piano terra sono riprodotti alcuni esempi delle impalcature lignee di epoca quattrocentesca dalle quali ha iniziato prendere forma la Cattedrale e sulle quali – dal momento della posa della prima pietra il 9 aprile 1431 – sono saliti i Maestri che hanno contribuito alla realizzazione di tanto splendore: mi riferisco a Bonino Jacopo da Milano, Pier Paolo ed il figlio Antonio delle Masegne, Antonio Busato, Lorenzo Pincino, ma la menzione più importante va a Giorgio di Matteo, noto come Giorgio di Sebenico o Giorgio Orsini, che pur se originario di Zara, visse dal 1441 fino al 1473 o 1475, formandosi a Venezia dove collaborò con i fratelli Bon alla realizzazione della Porta della Carta del Palazzo Ducale, ma una volta a Sebenico, dedicò gran parte dei suoi sforzi alla realizzazione della Cattedrale. Nonostante i suoi vari nomi, egli stesso, non si firmò mai come Orsini, ma aggiunse l’epiteto “dalmaticus” al suo nome di battesimo, come risulta dalla scritta latina scolpita nel 1443 all’interno della cattedrale stessa sulla seconda cappella della navata sinistra. Da qui deriva il croato “Juraj Dalmatinac”.
Salendo dal piano terra al primo piano del Centro, si viene accompagnati da una soave riproduzione del suono prodotto dallo scalpello sulla pietra dell’ isola di Brazza, materiale con cui fu realizzata la Cattedrale, il Palazzo di Diocleziano di Spalato e sembra, anche la Casa Bianca di Washington. Al primo piano del centro Civitas Sacra si passa all’analisi generale esterna della Cattedrale, accolti dalla riproduzione di uno “spaccato longitudinale dell’insigne Cattedrale di Sebenico” realizzata nell’Ottocento da Paolo Bioni forse in previsione dei restauri ottocenteschi che furono realizzati. Ma l’ attenzione passa subito dopo all’altro Maestro, Niccolò Fiorentino che sostituì Giorgio di Matteo ai lavori nel 1477 fino alla morte nel 1505 continuando la costruzione della Cattedrale ”nella forma in cui l’ha fatto nel gesso il maestro Giorgio”. La sua opera – portata a termine insieme all’albanese Andrea Alessi – consiste nell’innalzamento delle pareti delle navate fino al secondo cornicione che poi coprirà con il sistema geniale e tutto dalmatico dei blocchi giustapposti ideato dal Maestro Giorgio innalzando dunque il dado all’intersezione dei due bracci per collocare la cupola ottagonale realizzata ad immagine e somiglianza di quella del Brunelleschi a Santa Maria del Fiore a Firenze. Da questo prenderà forma lo splendida facciata frontale che rispecchia la disposizione interna del transetto e del presbiterio e differisce da tutte le altre chiese dalmate proprio per il frontale trilobato e le testate curvilinee. Questa caratteristica viene illustrata da un’ ottima riproduzione multimediale che approfondisce geometricamente l’origine della facciata a “Trifoglio” e che spiega come probabilmente Niccolò Fiorentino si sia rifatto alla forma della Chiesa di San Michele all’Isola progettata da Mauro Codussi nel 1470.
L’illustrazione multimediale della Cattedrale passa poi per l’ analisi della torre campanaria, le cui funzioni – fino al 1889 – faceva la torre delle mura cittadine locata grossomodo dove oggi si trova la statua realizzata da Ivan Mestrovic in onore a Giorgio di Matteo. Durante la visita sua del 1875, fu consegnata all’imperatore Francesco Giuseppe una petizione per la costruzione di una nuova torre campanaria i cui differenti progetti – anche se mai condotti a termine – sono riprodotti sui pannelli.
L’analisi della Cattedrale si incentra quindi sul lavoro di Bonino Giacomo da Milano presentato inizialmente per gli altri progetti da lui realizzati in Dalmazia. Quale il portale della cattedrale di Curzola nel 1412, vari altri prospetti realizzati a Ragusa e purtroppo andati distrutte con il terremoto del 1667. Fra questi il coro della basilica di San Biagio, oppure il ballatoio del Palazzo dei Rettori, il portale meridionale della chiesa dei Domenicani e parte della colonna d’Orlando, per poi arrivare a Spalato con il portale e le sculture nel Duomo di San Doimo. Terminate tali fatiche diventò il “ primus magister ecclesie nove sancti Jacobi” dove scolpì il portale e molte parti della cattedrale prima di morire vittima di una piaga il 21 maggio 1429. Tutte le sue opere vengono spiegate in inglese ed in croato mediante delle ampie e dettagliate proiezioni che danno un idea esaustiva dei suoi lavori.
“Civitas Sacra” procede poi con la dettagliata analisi cronologica a pannelli fissi dove si estrapolano, quasi anno per anno le vicende relative alla costruzione della Cattedrale. Si affiancano anche gli eventi che portarono in precedenza all’istituzione della diocesi e si analizza – attraverso una eccellente riproduzione topografica in 3D, l’ espansione della città di Sebenico valicando i secoli dal momento della sua fondazione. Ma il progetto ha pensato anche ai bambini che – provati da tante spiegazioni storico-artistiche – possono intrattenersi con alcuni videogiochi (caricati in pannelli multimediali) sempre incentrati sui temi dell’ arte, della scultura, della progettazione e del trasporto della pietra dalle isole di Curzola, Brazza ed Arbe.
Gran parte delle illustrazioni sono però riferite ai progetti ed alle idee di Giorgio di Matteo che concepì sia il progetto generale della Chiesa con un transetto non sporgente, tre absidi ed una cupola proprio sopra l’ intersezione delle tre braccia, sia l’ ampliamento e la sopraelevazione del sancta sanctorum, la costruzione di un battistero sottostante con la realizzazione di due sagrestie sovrapposte sorrette da pilastri superando così ingegnosamente il dislivello del terreno. Il progetto generale – come anche le singole soluzioni ed il sistema di copertura a montaggio a mezzo di incastri e senza malta – realizzato da Giorgio di Matteo per il battistero e per le sagrestie e dopo di lui per la copertura della Cattedrale da Niccolò Fiorentino, sono spiegati in maniera validissima attraverso ricostruzioni video in 3D che permettono di partecipare alla costruzione della Cattedrale quasi come se si disponesse di mattoncini lego.
La parte finale è dedicata agli interni: nell’ultimo piano del palazzo sono conservate le decorazioni interne della Cattedrale. Le immagini sacre più antiche scolpite nel legno, arredi sacri preziosi in oro e argento, ed alcune fra le pale più antiche che fanno intendere temi e maniere italiane, insieme ai ritratti dei vescovi. Singolare è una postazione dedicata alla musica sacra dove, accomodandosi su tre poltrone rosse realizzate con le forme di canne d’ organo, si possono ascoltare alcune fra le più belle melodie e canti sacri composti a Sebenico, come la ”Missa Dalmatica” composta da Franz von Suppé (Francesco Ezechiele Ermenegildo cavaliere di Suppè Demelli) che – anche se nativo di Spalato – proprio a Sebenico espresse una parte importante della sua carriera musicale. La postazione è pensata però come omaggio a Pietro Nacchini (Petar Nakic) insigne organista dalmata del settecento, nato nel circondario di Sebenico a fine del seicento i cui organi si possono ammirare ed ascoltare ancor’oggi in tante chiese italiane e dalmate.
Una menzione particolare è riservata ai santi sebenzani, San. Nicola Tavelic martirizzato a Gerusalemme nel 14 novembre 1471 e il Beato Agostino Cassotti, domenicano, fiero oppositore dell’eresia bogomila, fondatore dell’umanesimo croato, scienziato e scrittore, vescovo di Zagabria e poi di Lucera città di cui è Protettore e dove le sue reliquie sono tutt’oggi venerate. Una spiegazione ben particolare è riservata a alle processioni che si tengono a Sebenico, sia quella del 13 maggio iniziata intorno alle mura della città nel 1635 in occasione della vittoria per la guerra di Candia, sia quella che avviene il giorno di San Giacomo con le celebrazioni alle quali partecipa tutta la città.
Conclude la mostra una sala dedicata alla cupola della Cattedrale: sei potenti proiettori contrapposti materializzano nel vuoto in 3D la costruzione della cupola secondo il metodo del montaggio ad incastro pensato da Giorgio di Matteo, illustrandolo sia dall’interno che dall’esterno, con la triste menzione del bombardamento subito durante la guerra degli anni Novanta del Novecento quando una nave federale jugoslava deflagrò una lastra di copertura e danneggiò un’ ampia zona della cupola. Dopo più di cinque secoli sotto il sole battente, sferzata dalle raffiche di bora, colpita dalle tempeste e dai terremoti, anche a questo la cupola progettata da Giorgio di Matteo e realizzata da Niccolò Fiorentino è riuscita a resistere!
Dulcis in fundo, attico, ultimo piano raggiungibile come tutti gli altri anche tramite ascensore, un ristorante sulla veranda del palazzo Galbiani. Da qui si può godere di una splendida visuale non solo di Sebenico – quasi dal centro dello stigma – ma anche delle altre chiese, suoi pistilli, dei petali che con il rossiccio dei tetti lo circondano, del mare e delle fortezze che con i loro sepali le proteggono.
Civitas Sacra è uno degli esempi più istruttivi di amore per la propria città, per la propria Cattedrale e per il proprio territorio che si possa ammirare in Dalmazia. Realizzata per iniziativa della Diocesi di Sebenico, è stata portata a termine grazie anche al contributo dei fondi strutturali europei di cui la Croazia gode dal luglio 2013, momento in cui è entrata a far parte dell’Unione Europea.
Il lasso di tempo non è rilevante, ma in meno di sei anni, la Croazia con il progetto Civitas Sacra ha dimostrato – con questa iniziativa come con altre – l’ uso munifico e totalmente trasparente dei fondi UE, come si può constatare direttamente visitando il sito www.civitassacra.hr . Una lezione, per tante simili realtà italiane che pur estremamente bisognose, in troppi casi non si sono interessate circa la fruibilità dei fondi strutturali europei, ma hanno ripetutamente perso l’ opportunità di usufruirne i benefici allorquando l’ Unione – in deroga – era tornata a renderli disponibili.
Plaudendo toto corde per un’ iniziativa così efficace e riuscita, Coordinamento Adriatico sostiene qualsiasi futura direttrice di ricerca e di miglioramento del progetto ”Civitas Sacra”. La traduzione in italiano dei pannelli esplicativi e multimediali, sarebbe un utile contributo. Ulteriori apporti potrebbero essere costituiti dagli approfondimenti sulla vita e sul lavoro di Giorgio di Matteo, Nicolò Fiorentino, Bonino Jacopo da Milano e su tutti coloro, vescovi, artisti, ingegneri hanno contribuito ad erigere e conservare la Cattedrale di San Giacomo di Sebenico lungo quasi sei secoli di vita. Lo stigma di un fiore per il quale Giorgio di Matteo, Nicolò Fiorentino e gli altri artisti hanno fatto quello che la primavera fa ai ciliegi. Tanti secoli prima che Neruda nascesse e ne stilasse il significato.
Piero Cordignano