Scritto da Giulia Basso, «Il Piccolo», 24/05/14
sabato 24 maggio 2014
TRIESTE – La radici delle crisi geopolitiche di oggi sono balcaniche: non solo perché la prima guerra mondiale è scoppiata come conseguenza delle guerre balcaniche e dell’attentato di Sarajevo, ma soprattutto perché quella che a seguito della storia recente della “polveriera d’Europa” è stata definita balcanizzazione, la frammentazione degli Stati in entità sempre più piccole ed etnicamente connotate, è un fenomeno che, anziché regredire sulla spinta di tendenze europeistiche, è tuttora in piena espansione. Per Lucio Caracciolo, direttore di Limes e uno dei massimi esperti italiani di geopolitica – ieri a Trieste per una conversazione organizzata dall’Associazione Amici del Caffè Gambrinus e dal Centro Studi di Diritto Comparato sul tema “Europa 2014 – 1914: l’eredità dei grandi imperi” – Trieste può essere considerata un osservatorio privilegiato alla frontiera di uno spazio fortemente balcanizzato. «Con la fine della Prima Guerra Mondiale e il collasso contemporaneo di quattro grandi imperi – spiega Caracciolo – si aprì il vaso di Pandora delle balcanizzazioni. Proprio da Trieste si snodano due “itinerari della balcanizzazione”, che raccontiamo in questo numero di Limes, uno verso est e uno verso sud, per dimostrare come partendo da qui si incontrino solo frontiere contestate, dal Golfo di Pirano al Donbass ucraino.
La balcanizzazione è basata su un principio: perché io devo essere in minoranza nel tuo Stato se tu puoi esserlo nel mio?». Anche l’ingresso nell’Unione Europea, dice Caracciolo, è stato vissuto dalla Slovenia prima e dalla Croazia poi come un modo per distinguersi dai vicini. E se l’euroscetticismo non attecchisce nei Paesi entrati di recente nell’Ue, Slovenia e Croazia, Romania e Bulgaria, è anche perché questi stati hanno potuto attingere ai fondi europei in maniera consistente. Pure il fatto di non avere ancora l’euro, Slovenia esclusa, smussa le polemiche eurofobe.