La mattina di sabato 13 maggio, nella sala didattica del Polo del ’900 a Torino, ha avuto luogo un convegno dal titolo Le Resistenze al confine orientale d’Italia, promosso dal Comitato provinciale dell’ANVGD in collaborazione con il Consiglio regionale del Piemonte. Come la sera precedente, i relatori sono stati Kristjan Knez e Paolo Radivo. Nella sua introduzione il presidente Antonio Vatta ha spiegato che l’iniziativa voleva contribuire a sfatare il mito degli esuli come fascisti. «Anche gli istriani – ha detto – hanno fatto la lotta di liberazione dal nazi-fascismo. Alle cerimonie del 25 Aprile abbiamo sempre partecipato, ma per noi non è una festa, poiché allora ci ritrovammo sotto un’altra dittatura, per liberarci dalla quale abbiamo scelto di andarcene via». «Questa – ha affermato Enrico Miletto, ricercatore dell’Istituto Piemontese della Resistenza e della Società Contemporanea – è una Resistenza molto diversa dalle letture cui siamo abituati qui. Intanto per una maturazione decisamente precoce rispetto al resto del nostro Paese, poi per il suo carattere nazionale, e inoltre per le sue articolazioni politiche, ideologiche e militari. Un quadro complesso, che darà luogo a tensioni domate con molta fatica dalle forze in gioco: il Partito Comunista Italiano, quello sloveno, quello croato e le varie forze di liberazione a cominciare dal CLN Alta Italia. Credo che la data spartiacque sia il proclama annessionistico di Pisino del 13 settembre 1943. Ho intervistato alcuni esuli che hanno fatto la Resistenza tra le file di Tito. Mi sono imbattuto nella figura di Pino Budicin, antifascista, comunista, confinato politico a Ventotene, organizzatore della Resistenza rovignese, tragicamente scomparso per una delazione (pare) nel 1944. Un’altra figura interessante dai risvolti altrettanto drammatici è quella di Vittorio Pocecai, di Umago, che nacque nel 1896, aderì al Partito Comunista nel 1921 e ne divenne responsabile nel 1927 per il sud Italia. Si fece 12 anni di carcere. Quindi tornò a Umago, dove organizzò con il figlio Spartaco (poi ucciso) i primi battaglioni. Ricercato, andò nel Muggesano, dove entrò nelle file dell’Alma Vivoda diventandone commissario politico. A liberazione avvenuta, rientrò a Umago, ma poi venne arrestato perché cominformista». «Come non notare – si è chiesto Miletto – la presenza massiccia dei partigiani italiani alla manifestazione del 23 marzo 1946 a Pola per la commissione inter-alleata? Guido Miglia scrisse che ad aprire il corteo erano “alcune centinaia di partigiani italiani con bandiere rosse che avevano combattuto nelle formazioni di Tito”. Tanti partigiani partirono poi insieme agli altri 28.000 polesani. In un manifesto si rivolsero agli altri partigiani italiani affinché si prodigassero in modo che i loro fratelli polesi trovassero in Italia una solidarietà affettuosa. Il mio auspicio è che si possa arrivare a una biografia dei caduti anche per i partigiani dell’Istria. Sarebbe un bel modo di conservare la memoria e di contribuire alla conoscenza delle loro vicende. Conosco molto bene poi il libro di Paolo Radivo su Vergarolla: un volume veramente prezioso e importante, scritto con accuratezza e sensibilità ricorrendo alle fonti». Una copia è stata donata alla biblioteca del Polo del ’900.
L’Arena di Pola, 5 giugno 2017