Alto Medioevo

Alto Medioevo – L’Istria nell’Italia ostrogota, bizantina e longobarda.

Scritto da Liliana Martissa Mengoli

E vennero le invasioni barbariche. Aquileia, la capitale della X regio, più volte assediata, cadde e fu distrutta dagli Unni di Attila (452 d. C.).
Dopo la fine dell’Impero romano d’occidente (476 d. C.), l’Istria insieme alla Venetia venne a fare parte del Regno dei Goti di Teodorico, che mantennero la capitale a Ravenna, già precedentemente sede imperiale e della Prefettura d’Italia.

Ravenna - Il cosiddetto "Palazzo di Teodorico" (mosaico in S. Apollinare Nuovo)
Ravenna - Il cosiddetto "Palazzo di Teodorico" (mosaico in S. Apollinare Nuovo)

Durante la signoria dei Goti, la penisola istriana godette di particolare prosperità, documentata dal ritrovamento di ville rustiche romane e dalla testimonianza di Cassiodoro, prefetto del pretorio del re Vitige, che in una lettera ai “provinciali” dell’Istria ( 537 d. C.) fa le lodi della regione.
“La vostra provincia a noi prossima (a Ravenna), collocata nelle acque dell’Adriatico (l’autore dice Jonio, perchè l’Adriatico veniva chiamato anche così) popolata di oliveti, ornata di fertili campi, coronata di viti, ha tre sorgenti copiosissime di invidiabile fecondità, per cui non a torto si dice di lei che sia la Campania felice di Ravenna, la dispensa del palazzo reale; delizioso e voluttuoso soggiorno per la mirabile temperatura che gode dilungandosi verso settentrione……
Frequenti palazzi che da lontano fanno mostra di sé sembrano perle disposte sul capo a bella donna; e sono prova in quanta stima avessero i nostri maggiori questa provincia che di tanti edifici la ornarono. Alla spiaggia poi corre parallela una serie di isolette bellissime e di grande utilità, perché riparano i navigli dalle burrasche, ed arricchiscono i coltivatori con l’abbondanza dei prodotti. Questa provincia mantiene i presidi di confine, è ornamento all’Italia, delizia dei ricchi, fortuna ai mediocri: quanto essa produce passa nella città reale di Ravenna”.

I traffici commerciali fra Ravenna e l’Istria avvenivano attraverso la Venezia marittima ( che a meridione toccava Ravenna e il Po ) come attestato da un’altra lettera di Casssiodoro dell’anno 538 nella quale esorta i Tribuni dei marittimi veneti a provvedere con le loro navi al celere trasporto di vino e olio, che l’Istria in quell’anno stava producendo con abbondanza, non avendo problemi di navigazione giacché potevano scegliere il percorso alternativo al mare aperto, attraverso i fiumi e i canali della laguna.
Allo stesso modo, per via marittima anziché terrestre, si ritiene possa essere avvenuto anche il trasporto del monolite in pietra d’Istria ( dal peso eccezionale di trecento tonnellate) che servì per il mausoleo del re Teodorico eretto a Ravenna.

Il mausoleo di Teodorico.
Il mausoleo di Teodorico.

L’Esarcato di Ravenna

Quando l’Imperatore romano d’Oriente Giustiniano iniziò la riconquista dell’Occidente, l’Istria, liberata fin dal 539, divenne un’importante base per le operazioni contro i Goti e fu subordinata, insieme alla Venezia, all’Esarca di Ravenna che governava l’Italia in nome dell’Imperatore.

Ravenna - Palazzo degli Esarchi.
Ravenna - Palazzo degli Esarchi.
L'Italia bizzantina secondo la Prammatica sanzione dell'anno 554 (tratto da "La lingua padana e i suoi dialetti" di Sergio Salvi).
L'Italia bizzantina secondo la Prammatica sanzione dell'anno 554 (tratto da "La lingua padana e i suoi dialetti" di Sergio Salvi).

Durante la guerra gotico- bizantina ( 535-553) che devastò gran parte dell’Italia con lutti e carestie, l’Istria, non subì gravi danni, anzi vide sorgere nelle sue città basiliche ricche di ori e di mosaici tanto che dagli storici dell’epoca fu chiamata la “terra della basiliche”. Ne è mirabile esempio la basilica Eufrasiana di Parenzo di stile ravennate, fatta costruire dal vescovo Eufrasio su un preesistente edificio.

Parenzo - Basilica Eufrasiana.
Parenzo - Basilica Eufrasiana.
Particolare del mosaico dell'abside: il Vescovo Eufrasio.
Particolare del mosaico dell'abside: il Vescovo Eufrasio.
Ciborio.
Ciborio.

Entro la fine del sesto secolo, divenuta distretto militare (Thema) e governata dal magister militum che concentrava nelle sue mani il potere civile e militare e aveva sede a Pola, la provincia istriana consolidò i suoi rapporti con la capitale dell’Esarcato anche grazie all’energico arcivescovo Massimiano di Pola che l’imperatore Giustiniano volle sulla cattedra di Ravenna e nominò responsabile anche delle diocesi di Milano e Aquileia.

Ravenna - S.Vitale: Giustiniano e Massiniano.
Ravenna - S.Vitale: Giustiniano e Massiniano.
Massiniano (particolare)
Massiniano (particolare)

L’istriano inaugurò le basiliche di S. Apollinare in Classe e di S. Vitale (in cui in un celebre mosaico è raffigurato a fianco dell’imperatore Giustiniano) e contemporaneamente nella sua Pola fece erigere la grandiosa basilica di S. Maria Formosa (o del Canneto) di cui purtroppo non rimane che una cappella (assai somigliante al cosiddetto mausoleo di Galla Placidia a Ravenna).

Pola - S. Maria Formosa o del Canneto.
Pola - S. Maria Formosa o del Canneto.
Ravenna - Mausoleo di Galla Placidia.
Ravenna - Mausoleo di Galla Placidia.

Gli stretti rapporti fra Pola e Ravenna continuarono a lungo per secoli, tanto è vero che la Chiesa ravennate nel secolo XIII manteneva ancora proprietà in Istria, a Pola e nel suo distretto, il cosiddetto “Feudo di S. Apollinare”.
Sempre nel XIII secolo, perdurava (o era stata ripristinata) la giurisdizione dell’arcivescovo di Ravenna in merito alle cause d’appello dei cittadini di Pola, nonostante essi fossero in quell’epoca sottoposti all’autorità del Sacro Romano Impero, nell’ambito del Regno Italico.

Il dominio dell’Esarcato di Ravenna sulla Venezia marittima e sull’Istria durò per oltre due secoli, mentre nel resto d’Italia, dopo l’invasione dei Longobardi (nell’anno 568) che posero la loro capitale a Pavia, l’autorità bizantina dovette restringersi notevolmente, tanto che la penisola fu divisa fra Longobardia (soggetta ai Longobardi) e Romania (soggetta all’Impero romano d’oriente).

Nel frattempo l’Impero dovette conoscere nuove invasioni: nel 582 gli Avaro-Slavi avevano varcato il limes danubiano e distrutto Sirmio. Successivamente invasero la regione balcanica e fecero incursioni anche in Istria, la quale, come testimonia Paolo Diacono, storico dei Longobardi, corse un grave pericolo e conobbe la furia delle loro devastazioni.
Nel 599 ci fu un primo devastante assalto. Corse in aiuto degli istriani lo stesso esarca di Ravenna Callinico e gli Slavi furono cacciati con grande giubilo anche del papa Gregorio Magno che si congratulò per la vittoria.
Lo stesso papa scriveva in seguito una lettera al vescovo di Salona, capoluogo della Dalmazia (che di lì a poco verrà distrutta ) esternando le sue preoccupazioni non solo per la provincia dalmata, ma anche per l’Italia .”Mi affligge il sapere che voi soffrite, poiché io stesso soffro con voi e m’inquieta la notizia che gli Slavi attraversando l’Istria cominciarono già ad irrompere in Italia”.

Nel 601 circa, una seconda ondata di Avaro-Slavi, questa volta alleati dei Longobardi, invase l’Istria. “Longobardi”, così riporta Paolo Diacono, “cum Avaribus et Sclavis Histrorum fines ingressi, ignibus et rapinis vastaverunt”. Le campagne vennero saccheggiate ed arse, la gente uccisa o fatta schiava, ma le città resistettero e i longobardi, da tempo interessati alla conquista della provincia, vi rinunciarono definitivamente instaurando buoni rapporti con l’Istria bizantina.
Una terza volta, come ci narra il solito Paolo Diacono, nel 611, orde Avaro-Slave penetrarono in Istria, fecero stragi e devastazioni. (“interfectis militibus, lacrimabiliter depraedati sunt”).
In seguito non si ebbe più notizia di altre scorrerie perché alla frontiera delle Alpi Giulie fecero efficace barriera contro gli Slavi i duchi longobardi del Friuli.

Le conseguenze dell’invasione Avaro-Slava nella penisola balcanica furono invece devastanti e gravide di terribili conseguenze. Le fiorenti città romane subirono una distruzione irreversibile, tanto che per lunghi secoli ogni forma di civiltà urbana fu spazzata via.
La civiltà e la lingua latina sopravvissero solo lungo le coste e nelle isole. Le isole di Curzola e di Lesina, come pure le città di Zara e Traù, difese dal mare, resistettero, mentre i profughi romani di Salona fondarono la città di Spalato, prendendo possesso del palazzo di Diocleziano, e quelli di Epidauro fondarono Ragusa ( oggi Dubrovnik).
A Spalato giunse da Ravenna il prete Giovanni (eletto in seguito arcivescovo) che consacrò alla Chiesa i monumenti pagani dell’epoca di Diocleziano; dalle rovine di Salona furono recuperate nascostamente le spoglie dei martiri cristiani. Le loro reliquie, portate successivamente a Roma nel 641 dall’abate Martino (che per incarico del papa dalmata Giovanni IV era stato mandato a riscattare istriani e dalmati ridotti in schiavitù dagli Slavi) vennero poste nel battistero di S. Giovanni in Laterano, nella cappella intitolata a S. Venanzio, primo martire di Dalmazia.

Roma - Oratorio di San Venanzio (Battistero di San Giovanni in Laterano). Mosaico raffigurante i martiri Istriani e Dalmati (sec VII).

Tratto da L. Tomaz "In Adriatico nell'Antichità e nell'Alto Medioevo" - 2003 - Think ADV.
Roma - Oratorio di San Venanzio (Battistero di San Giovanni in Laterano). Mosaico raffigurante i martiri Istriani e Dalmati (sec VII). Tratto da L. Tomaz "In Adriatico nell'Antichità e nell'Alto Medioevo" - 2003 - Think ADV.

Il periodo della felix Ravenna che aveva dominato l’alto Adriatico subentrando ad Aquileia si esaurì nel 751, quando anche la capitale dell’Esarcato cadde in mano ai Longobardi. L’Istria subì tosto la stessa sorte.
Il nuovo dominio fu però di breve durata perché i Longobardi furono sconfitti dai Franchi di Carlo Magno (nel 774) chiamati in Italia dal Pontefice Adriano.