Scritto da Nicolò Giraldi, «La Voce in più Storia e Ricerca», 03/11/12
sabato 03 novembre 2012
LIBRI Momenti e problemi della politica estera italiana 1963 – 1978
Come anticipa il titolo, il saggio storico “Aldo Moro. L’Italia repubblicana e i Balcani” (Besa Editrice, Lecce, 2012), curato da Italo Gar- zia, Luciano Monzali e Massimo Bucarelli, affronta la questione del rapporto della politica estera italiana – durante i governi presieduti da Aldo Moro – nei confronti dei Paesi balcanici. Il ridimensionamento della sua presenza sulla sponda dell’Adriatico orientale, successivo alla sconfitta militare nella Seconda guerra mondiale, fu per l’Italia un duro colpo, che tuttavia riuscì a non far pesare tanto, in termini di politica estera. Infatti, la volontà italiana di tenere ben saldi i rapporti con i Paesi balcanici e con l’altra sponda del mare Adriatico, la si può notare all’interno di scelte politiche ben definite, figlie di quella precisa idea (dialogo, pace, sicurezza ed autonomia, nda) che la Democrazia Cristiana morotea possedeva.
Staccarsi dal bipolarismo
Nonostante la presenza di regimi illiberali nella regione, Roma s’impegnò fortemente nel mantenimento di una precisa linea di condotta. Vedere nei Balcani e soprattutto nel leader del blocco dei non allineati, un’opportunità di autonomia fuori dai due blocchi, fu ciò che la Dc di Aldo Moro tentò di realizzare. Staccarsi da posizioni bipolari, sempre garantendo un’alleanza atlantica nella sua massima importanza, e proponendo un modello di politica estera non dissimile – almeno nelle intenzioni – da quello dell’Ostpolitik tedesca, furono esattamente parti del dibattito cui si poteva assistere all’interno della Democrazia Cristiana degli anni Sessanta e primi Settanta.
Il libro si snoda attraverso il rapporto pluridecennale che Aldo Moro ebbe con il più grande partito cattolico europeo di sempre, e ricostruisce le logiche morotee nei riguardi soprattutto della politica estera. Il tutto costruito sulla base dei pilastri democristiani dell’epoca, concetti come rispetto dell’alleanza atlantica, costruzione della sicurezza nazionale, autonomia all’interno del bipolarismo, prudenza nell’esposizione. Senza compromettere il rapporto con la Nato, Moro cercò una sponda a Oriente per giungere a quel ruolo.
Unici spazi di manovra ma con scarsi risultati
Gli spazi di manovra italiana che Moro, sia da presidente del Consiglio sia da ministro degli Esteri, cercò di sfruttare al massimo furono quelli allora del rapporto con i Balcani. Questo inizialmente suggerì un’esponenziale crescita del sospetto da parte degli Usa, potenza che guardava a Est con timore. L’idea di Moro non fu quella di superare, valicare l’alleanza atlantica, bensì di allargare l’Italia avrebbe dovuto recitare nel bipolarismo della Guerra Fredda.
Un ruolo della mediazione tra i blocchi, cercando alleati nei Balcani: è ciò che avrebbe voluto realizzare Moro. I risultati furono tuttavia scarsi. Sotto diversi punti di vista. Cercando quel ruolo internazionale e, contemporaneamente allargando le maglie della Democrazia Cristiana a quel centro-sinistra tanto agognato – cosa che Moro credeva essere fondamentale nel rafforzamento dello Stato – porterà a un allentamento dei vincoli imposti dai blocchi.
Risolta la questione confini Moro non fu in grado, all’epoca, di pensare a ciò che sarebbe avvenuto di lì a qualche anno. Non potè immaginare l’avvitamento dell’Unione Sovietica, non fu in grado di prevedere lo sgretolamento della Repubblica Federativa Jugoslava, non riuscì ad ipotizzare, in linea generale, il crollo del sistema social-comunista.
Osimo fu uno dei risultati. Per decenni la questione dei confini era rimasta irrisolta, probabilmente perché serviva a logiche partitiche e propagandistiche, perché il tutto doveva rimanere aperto a bacini di voto. Il 10 novembre del 1975 il governo Moro mise la parola fine alla questione. Mariano Rumor, prima degli scandali politici di qualche anno più tardi, chiuse le speranze – poche ormai, e costruite sulle promesse politiche – degli esuli istriani, fiumani e dalmati. Furono apportate alcune piccole modifiche ai confini (la zona del monte Sabotino), la fase della distensione era ormai pronta a diffondersi.
Diversi interrogativi irrisolti
L’allentamento dei vincoli ai blocchi lo porterà a immaginare il governo di solidarietà nazionale, ad aprire le porte a un Partito Comunista Italiano sempre più distante da Mosca (ma non finanziariamente, visto che gli ultimi dollari arriveranno verso il 1980) e con un’Italia alle prese con il momento forse di più ampia partecipazione popolare e di autonomia politica, figlio per reazione delle stagioni violente del terrorismo brigatista, delle stragi neofasciste e delle bombe contro lo Stato.
Ciò che il libro si prefigge non è tanto il dare delle risposte, bensì riformulare quesiti per creare un vero e proprio dibattito sulla politica estera della Democrazia Cristiana morotea. La politica estera di Aldo Moro nei confronti dei Balcani fu una politica estera di tutto rispetto? O fu politica minore? Può essere considerata come Ostpolitik italiana la volontà di cooperare con gli Stati dell’area adriatico – balcanica? Furono rapporti solamente di buon vicinato quelli con Jugoslavia, Romania, Albania, Bulgaria o alla base ci fu l’dea che il dialogo potessero portare alla pace e alla sicurezza – e quindi a un progressivo disgelo – di un’area particolarmente strategica per il bipolarismo?
Gli autori
Italo Garzia è ordinario di Storia delle Relazioni Internazionali presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”. Fra le sue opere ricordiamo: “La Questione Romana durante la Prima guerra mondiale” (Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 1981), “Il negoziato diplomatico per i Patti Lateranensi” (Giuffrè, Milano, 1974), “Pio XII e l’Italia nella Seconda guerra mondiale” (Morcelliana, Brescia, 1988), “L’Italia e le origini della Società delle Nazioni” (Bonacci, Roma, 1995).
Luciano Monzali è professore associato di Storia delle Relazioni Internazionali presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”. Fra i suoi lavori più recenti rileviamo:“Italiani di Dalmazia 1914-1924” (Le Lettere, Firenze, 2007), “Il sogno dell’egemonia. L’Italia, la questione jugoslava e l’Europa centrale 1918-1941” (Le Lettere, Firenze, 2010) e “Mario Toscano e la politica estera italiana nell’era atomica” (Le Lettere, Firenze 2011).
Massimo Bucarelli è dottore di ricerca di Storia delle Relazioni Internazionali e docente di Storia dell’America presso l’Università di Roma LUMSA e di Storia della Politica Estera Italiana presso l’Università degli Studi di Parma. È autore di: “Mussolini e la Jugoslavia. 19221939” (Graphis Bari 2006), “La questione jugoslava nella politica estera dell’Italia repubblicana. 1945-1999” (Aracne, Roma 2008).