Coordinamento Adriatico APS ha svolto nel 2019 un convegno di studi dedicato al centenario della vicenda fiumana, i cui atti sono poi andati a comporre il volume a cura del Prof. Davide Rossi La città di vita cento anni dopo. Fiume, d’Annunzio e il lungo Novecento Adriatico (Wolters Kluwer-Cedam, Milano-Padova 2020).
L’impresa di Gabriele d’Annunzio a Fiume, iniziata il 12 settembre 1919, culminò con la promulgazione della Carta del Carnaro e terminò a fine 1920 con i combattimenti del Natale di Sangue, in quanto il Regio Esercito italiano assediò la Reggenza Italiana del Carnaro per consentire la nascita dello Stato Libero di Fiume come previsto dal Trattato di Rapallo stipulato fra Italia e Regno dei Serbi, Croati e Sloveni.
In merito a queste giornate di scontri tra italiani, condividiamo alcuni stralci del saggio dell’Ing. Mauro Runco “I legionari fiumani e la riforma militare di Piffer”.
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[…] Il 21 dicembre una settantina di soldati e ufficiali, alcuni dei quali della legione dalmata proveniente da Fiume, sbarcò a Castel Venier a circa 25 chilometri da Zara con l’obiettivo di occuparla e impedire il ritiro italiano. Il commissario civile Corrado Bonfanti Linares, appena giunto in sostituzione di Millo, ordinò che truppe regolari affrontassero i legionari ed eventualmente li arrestassero: i soldati però fraternizzarono con i dannunziani e li fecero entrare a Zara, dando così il via a nuovi disordini. Mentre Fiume era stretta d’assedio, il 26 dicembre alcuni arditi presenti a Zara si impadronirono del rimorchiatore Lilibeo e della nave Marsala, per cui Bonfanti Linares procedette allo scioglimento forzato dei volontari dannunziani, giunto a buon fine dopo alcuni ultimi incidenti e atti di violenza.
Oltre a sobillare gli animi nel capoluogo dalmata, il Comandante [Gabriele d’Annunzio, NDR] fece occupare da 500 uomini nel golfo del Carnaro le isole di Arbe e Veglia e lo scoglio di San Marco, mentre a Fiume gli restavano circa 3.600 soldati con cui resistere all’accerchiamento che le truppe del Regio Esercito stavano rendendo sempre più minaccioso, volendo ottenere la smobilitazione dell’apparato dannunziano e garantire lo svolgimento di elezioni per gli organi rappresentativi del nuovo Stato Libero di Fiume. Host Venturi si dimise da rettore della difesa per non assumersi davanti alla storia la responsabilità di aver scatenato la guerra civile e tornò a fare il comandante della legione fiumana: avrebbe obbedito a qualsiasi ordine di d’Annunzio, ma lasciava a lui la responsabilità di averlo impartito.
L’assedio sarebbe sfociato in attacco terrestre e cannoneggiamento navale nelle giornate di Natale del 1920 e la prospettiva dannunziana si evince dai nove bollettini di guerra della Reggenza del Carnaro stilati dall’ispettore dell’esercito Paolo Vagliasindi. Apprendiamo così che il 23 dicembre le truppe schierate a difesa della città occuparono le posizioni migliori sulle circostanti alture senza colpo ferire, mentre la brigata Aosta si schierava a ridosso di Cosala e la Lombardia si attestava sulle rive dell’Eneo, i cui ponti erano stati fatti esplodere dai legionari.
Proprio alla vigilia di Natale fra le ore 17 e le 21 si registrò un’avanzata tra la val Scurigna ed il mare delle forze di polizia e militari lealiste che provocò un arretramento dei difensori sulla linea di resistenza; un messaggio radiotelegrafico di d’Annunzio chiosò: «L’Italia celebra la notte di Natale facendo strage di soldati italiani in Fiume d’Italia. Gabriele d’Annunzio saluta i suoi carnefici». Il 25 dicembre si segnalarono scambi di artiglierie e di raffiche di mitragliatrici a supporto di piccole incursioni dall’una e dall’altra parte, mentre l’indomani si intensificarono le operazioni terrestri ed iniziò il bombardamento navale con perdite anche tra i civili e danni al palazzo del governatore in cui d’Annunzio aveva i suoi uffici e rischiò la vita. Il 27 dicembre sul fronte terrestre avvennero piccoli movimenti di pattuglie mentre aumentò ulteriormente l’intensità dei bombardamenti, che il giorno dopo cagionarono altre vittime nella cittadinanza.
Venne quindi concessa il 29 dicembre una tregua che d’Annunzio aveva chiesto per scongiurare ulteriori lutti e danni alla città ed in quanto sconfortato dal fatto che in Italia nessuno si fosse mosso per aiutarlo. Mentre erano in corso le trattative tra rappresentanti dell’amministrazione civile fiumana ed il comando della 45a divisione italiana, il 30 dicembre un reparto di alpini ebbe uno scontro a fuoco con un manipolo di arditi fiumani. Il 31 dicembre sarebbe stato firmato alle ore 18 ad Abbazia l’accordo che poneva fine alle ostilità: tra i fiumani si registrarono 22 morti tra i militari e 5 tra i civili, 203 legionari feriti e 25 civili; tra gli attaccanti ci sarebbero stati 17 caduti ed un centinaio di feriti. […]
Mauro Runco