Scritto da Alessandro Mezzena Lona, «Il Piccolo», 04/06/14
mercoledì 04 giugno 2014
Di professione faceva l’ispettore degli asili. Nel tempo libero amava scrivere, ma soprattutto viaggiare. Quando lasciò Trieste, a cui dedicherà un memorabile reportage, per addentrarsi nei territori dell’Istria, scendendo fino al Quarnero, alle isole, Carlo Yriarte si accorse subito che quella terra era una polveriera. Pronta a esplodere. Dove la gente conviveva sì, ma senza amarsi. Affascinato dall’Italia, partito per un viaggio d’esplorazione lungo le coste dell’Adriatico, Yriarte pubblicò a puntate il racconto del suo girovagare. Nel 1875 lo lessero, per primi, i francesi che acquistavano la rivista “Tour du Monde”.
Qualche tempo dopo, nel 1883, anche i Fratelli Treves di Milano dedicarono ai racconti “on the road” del giramondo parigino, nato nel 1833 da una famiglia di origine spagnola, una collana diventata leggendaria. Adesso, quel viaggio ridiventa una storia di carta in più volumi. Dopo l’antipasto di “Trieste”, proposto l’anno scorso, la Biblioteca dell’Immagine comincia la sua lunga navigazione sulle tracce di Yriarte proponendo “Istria. Il golfo del Quarnero e le sue isole”, che arriva nelle librerie oggi. «Abbiamo raccolto, nelle maggiori librerie antiquarie italiane ed estere – racconta l’editore Giovanni Santarossa -, i volumi contenenti i famosi resoconti di viaggio compiuti in Italia dalla metà a fine Ottocento.
Abbiamo selezionato le opere e lavorato intensamente per due anni per rendere disponibili questi gioielli che raccontano l’Italia da Trieste a Palermo, da Cagliari a Trento. Complessivamente saranno realizzati circa 50 volumi». E ogni libro sarà accompagnato dai disegni, davvero splendidi, che Yriarte abbozzava durante il viaggio, e perfezionava al suo ritorno a casa. Charles Yriarte, italianizzato in Carlo, non ha visto da vicino le follie del secolo breve. Morto nel 1898, a 66 anni, si è risparmiato il crollo dell’Impero austroungarico, la discesa delle truppe fasciste e naziste lungo i Balcani, le due guerre mondiali, l’orrore dei lager, la vergogna del campo di Arbe, e poi il terribile esodo della gente italiana dall’Istria e dalla Dalmazia, il massacro delle foibe, la caccia all’uomo.
Ma lungo il percorso del suo viaggio nelle terre istriane, già nel 1874 si era accorto che sotto la cenere di una convivenza apparentemente quieta covava la scintilla di future rese dei conti. Scriveva Yriarte: «Tutta la costa dell’Istria è veneta per tradizione e per origine; tutta la campagna è slava, e questo ultimo elemento costituisce oltre due terzi della popolazione totale. L’elemento tedesco si compone soprattutto di impiegati e militari, rappresentanti del potere centrale, che, venuti dall’interno dell’Austria, si considerano spesso come esiliati in questo paese perduto, raffrontandolo con rammarico alle ridenti valli della Stiria e alle belle provincie dell’arciducato d’Austria. La lingua in uso nelle città è l’italiana.
Nelle città del litorale e in quelle dell’interno, i piccoli commercianti parlano slavo per la necessità d’intendersi coi contadini, senza entrare in questioni d’ordine politico, è impossibile al viaggiatore di non riconoscere l’antagonismo flagrante fra l’elemento italiano e l’elemento slavo. Tra queste due razze, l’elemento tedesco, che rappresenta il potere e l’autorità, barcheggia con prudenza, e studia di conservar l’equilibrio». Ma Yriarte era bravo anche a raccontare l’anima dei luoghi. Gli usi e i commerci, le credenze e i modi di abbigliarsi. Ci sono pagine che si fanno leggere come quelle di un romanzo. Senza mai perdere di vista l’obiettivo principale: svelare una terra poco conosciuta a chi, allora, sognava il mondo dalla poltrona di casa.
C’È POCO CIBO PERÒ NON MANCA L’OSPITALITÀ DEGLI ABITANTI Da “Istria. Il golfo del Quarnero e le sue isole” di Carlo Yriarte pubblichiamo un brano del primo capitolo, per gentile concessione della Biblioteca dell’Immagine. di CARLO YRIARTE Le strade esistono fra i grandi centri, ma lì soltanto. I mezzo di locomozione mancano affatto; c’è bene un servizio di posta, che attraversa il paese, ma, oltre al non partire tutti i giorni, la vettura non ha che due posti, ed è un mezzo lento, a causa delle località da servire. Abboccandovi cogli abitanti, trovate quasi dappertutto dei vetturini, che vi portano da un luogo a un altro, ovvero potete viaggiare sui muli.
Rispetto all’alloggio e al vitto, i grandi centri hanno degli alberghi, e si può mangiar convenientemente. Se vi dirigete verso il nord, non trovate altro modo d’alloggiare fuori dell’ospitalità degli abitanti, né potete sperare altro cibo, oltre quello portato con voi. Se visitate la campagna, bisogna assolutamente che vi provvediate d’ una guida, presa alla costa, e che parlando lo slavo e l’italiano, vi può render più facile la vita. Non mai, nella sua capanna, uno Slavo accetterà la ricompensa del servigio prestato; egli è taciturno, un po’ diffidente e timoroso, ma ospitalissimo. Le strade sono più che sicure; il maresciallo Marmont, al tempo della dominazione francese, atterrì i malfattori, che trasformavano il nord dell’Istria in una spelonca. Da allora, l’amministrazione austriaca, proba, saggia, energica rispetto alla polizia, provvede alla sicurezza dei viaggiatori con un servizio di gendarmeria, fatto con gran coscienza.
Se alcuno fosse tentato di intraprendere l’escursione che sto per raccontare, dovrebbe munirsi d’un bagaglio ridotto così, da poterlo attaccare sotto la paletta della sella, o come portamantello, perché, in certi luoghi, le strade mancano; vi bisogna attraversare un torrente dalle rive scoscese, e dove non possono discendere le vetture: come per esempio, nel tragitto da Pola ad Albona. Nelle isole potete andar bravamente a picchiare alla casa del curato del luogo che deve esser povero, ma che accoglierà con lieta cera il viaggiatore. La pietanza sarà magra, senza dubbio, poiché la vita è assolutamente negativa; ma troverete dell’uva secca, delle olive, del pane, del vino, ben di rado un po’ di porco salato.